Una donna, un uomo, una città deserta, una finestra che separa mondi e unisce solitudini. Con questi semplici elementi, Sergio Claudio Perroni costruisce una storia che racchiude due vite. Lei, scrittrice disincantata, e lui, lavavetri sognatore, non potrebbero essere più diversi, ma hanno due cose in comune: un passato da rimarginare, un presente che intreccia amarezza e amore. "Il principio della carezza" è la storia del loro incontro, dunque del loro destino.
Un papa, sopraffatto dalla realtà, ha lasciato il soglio pontificio e si è ritirato a meditare in un remoto monastero benedettino. Un misterioso frate va a fargli visita e lo interroga sui motivi della sua scelta. Il pacato confronto tra i due religiosi si trasforma presto in scontro non solo dialettico: l'uno sostiene con veemenza le ragioni della propria rinuncia, l'altro incalza con l'accusa di avere abbandonato il gregge che gli era stato affidalo, tradendo così il principio stesso della sua missione. Neppure il rivelarsi della natura inaudita dell'ospite placherà il contrasto tra i due o forse tra le due anime di un pontefice rinunciatario che, come qualsiasi mortale cui brucino le proprie rese, si misura con la coscienza sino alle estreme conseguenze. Facendo parlare i personaggi di "Renuntio vobis" esclusivamente con versetti del Vecchio e del Nuovo Testamento, Sergio Claudio Terroni affronta un evento della storia recente che ha sconcertato il mondo e ne fa un racconto in cui la parola biblica è, al tempo stesso, sublime strumento espressivo e attualissimo paradigma spirituale; un invito a fare memoria dell'assoluto, unico rimedio al nulla.
“Avevamo gusti molto simili. Lui aveva
venticinque anni più di me ma era come se
quei venticinque anni li avessimo vissuti
insieme. Come se ci conoscessimo da
sempre.
Innamorarsi fu inevitabile.
Vivere insieme diventò indispensabile.”
Da questo testo, l’omonimo spettacolo teatrale con Paola Cortellesi, diretto da Piero Maccarinelli e prodotto dal Teatro Stabile di Catania con Artisti Riuniti “Ma a farmi diventare comunista furono quei morti ammazzati. Furono loro a convincermi, non le loro idee. Non ancora. Fu vederli ammazzati così, alla fine di una guerra che stavano per vincere. Alle spalle di una Storia che gli avrebbe dato ragione. Ammazzati. Non per qualcosa che avevano fatto. Per qualcosa che avevano pensato. Un pensiero che gli era costato la vita. E che adesso sentivo di dover fare mio, per non lasciarli morire del tutto.” Con prosa ritmata e incalzante, Sergio Claudio Perroni racconta la tempra drammaturgica di Nilde Iotti, l’agguerrita soavità con cui, tra la fine del Fascismo e la morte di Togliatti, questa “regina plebea” seppe reagire alle invidie e alle insidie di una corte che non le perdonava i tanti successi, primo fra tutti quello di essere amata dal capo del PCI. Una vita densa di passioni non solo politiche, di intrighi, rinunce, conquiste e sentimenti strettamente intrecciata – e a volte perfettamente coincidente – con i drammi, le conquiste e le contraddizioni dell’Italia di quegli anni.
Sergio Claudio Perroni vive e lavora a Taormina. Per Bompiani ha pubblicato Non muore nessuno (2007).