Il 7 agosto 1974 un giovane funambolo percorre, a quattrocentododici metri di altezza, lo spazio che separava le Torri gemelle dal World Trade Center. Oggi vive in una cattedrale e il decano che lo ospita dice di lui: "Philippe non crede in Dio, ma Dio crede in Philippe". Il punto di vista di un uomo che percorre il vuoto. Philippe Petit (1949), artista e autodidatta del funambolismo, si esibisce in tutto il mondo da trentacinque anni, più o meno clandestinamente. Oltre a scrivere, tiene seminari sulla creatività e la motivazione, disegna, pratica l'arte dello scasso, è un esperto di vini francesi, ama gli scacchi e padroneggia la tecnica settecentesca della carpenteria in legno. È stato arrestato più di cinquecento volte mentre faceva il giocoliere per strada. Divide il suo tempo fra la Cattedrale di St. John the Divine, dove è Artist in Residence e il suo rifugio nei monti Catskills. Sono stati tradotti in Italia "Trattato di funambolismo" (Ponte alle Grazie 1999), il libro che ha affascinato artisti e intellettuali di tutto il mondo (tra gli altri il regista tedesco Werner Herzog), che ha scritto il testo che appare sulla quarta di copertina, e lo scrittore statunitense Paul Auster, che ha redatto la prefazione) e "Toccare le nuvole" (Ponte alle Grazie 2003). Introduzione di Michele Serra.
La mattina del 7 agosto del 1974, centomila newyorkesi si fermarono in strada per guardare estasiati un uomo che camminava su un filo che aveva teso clandestinamente fra le torri gemelle del World Trade Center. Quel puntino che passeggiando e danzando nell'aria a 412 metri da terra attraversò otto volte il cielo fra i due edifici non ancora inaugurati era Philippe Petit, un ventiquattrenne funambolo francese. Questo libro è il racconto appassionante di un'impresa divenuta leggendaria: dalla progettazione meticolosa, con frustrazioni, problemi e infinite difficoltà, al reclutamento dei complici, fino alle perlustrazioni segrete nelle torri ancora in costruzione. La prosa sorprendente di Petit, euforica e senz'altro funambolica, i suoi schizzi e le fotografie scattate dai suoi amici fanno di questo libro un filo prodigiosamente sospeso tra la terra e il cielo, da percorrere con leggerezza, «disobbedendo alla gravità». Ora che le torri non ci sono più, la traversata di quest'uomo indocile, geniale e romantico è diventata un simbolo. Il filo e la danza di Philippe Petit riempiono quel vuoto con un messaggio di speranza.