Una donna, sola sulla scogliera, guarda verso il mare. Il vento le agita lo scialle. Sta aspettando qualcuno, una figura irreale: il tenente francese, di cui in paese si dice sia lei l'amante. Sarah, sfuggente e malinconica, è una donna mossa dall'amore, ma la cui posizione nel mondo le proibisce di spartire quest'amore con un altro essere umano. Pinter ha ridotto senza distorsioni la lunga complessità del romanzo omonimo di John Fowles, dando vita a un'opera di intensa drammaticità.
Le prime rappresentazioni delle opere di Harold Pinter furono letteralmente stroncate da quasi tutta la critica. Si scrisse che era un autore eccentrico, inaccettabile, incomprensibile, che non aveva nulla da dire. Oggi è forse l'autore vivente più rappresentato al mondo ma, come lui stesso tiene a sottolineare: "Adesso sono diventato comprensibile, accettabile, eppure le mie commedie sono sempre le stesse di allora. Non ho cambiato una sola battuta!" In quest'opera sono raccolti i testi che hanno rivelato il drammaturgo inglese e ne hanno decretato poi il successo internazionale in quanto erede e continuatore di maestri come Beckett, Genet e Ionesco.
Nei primi mesi del 1972 Nicole Stéphane, che possedeva i diritti cinematografici di "Alla ricerca del tempo perduto", chiede al regista Joseph Losey se gli sarebbe piaciuto lavorare ad una versione cinematografica del libro. E Losey ne propone la sceneggiatura ad Harold Pinter, già suo stretto collaboratore per "Il servo", "L'incidente" e "Messaggero d'amore". Dopo aver letto la "Recherche", nell'estate del 1972 Pinter compie numerosi viaggi in Francia: a Illiers, a Cabourg, a Parigi, per "impregnarsi" dei luoghi proustiani. In novembre la sceneggiatura è terminata e, dopo ulteriori tagli e limature, agli inizi del 1973 la versione rivista è pronta e definitiva.
Unico romanzo del commediografo inglese, I nani è stato scritto nei primi anni '50, e poi abbandonato per quasi quarant'anni. Nel 1960 Pinter ne ha tratto una commedia e soltanto nel 1989 lo ha ripreso in mano, lasciandolo sostanzialmente immutato, ma decidendo di pubblicarlo. È un testo denso ed impegnativo, che anticipa molti dei temi della produzione teatrale dell'autore. Dominato dai dialoghi, discorsi fatti di salti, silenzi, argomenti abbandonati e ripresi, sullo sfondo della Londra cupa dell'East End, mette in scena quattro personaggi, tre uomini e una donna, alle prese soprattutto con la loro impossibilità di comunicare.
Il volume raccoglie una serie di brani (dialoghi, monologhi e brevi scambi di battute) poi confluiti all'interno delle commedie più famose del drammaturgo, regista, sceneggiatore e attore nato a Londra nel 1930. Alcune di queste opere sono state recentemente rappresentate al National Theatre di Londra.
«Spesso - ha detto in passato Pinter, nella sua franchezza quasi infantile, a Lawrence Benski - mi guardo nello specchio e penso: "Ma chi diavolo è quel tipo là?"». E, ancora, in un'altra intervista: «Nulla mi sembra esistere di più concreto e di più sfuggente di un essere umano». Non sono battute «giuste» per Emma, Jerry, Robert? Non si celano, tra le righe, battute disarmanti come queste in quella chiusa, dura come un'inoppugnabile sentenza, della prima scena di Tradimenti (che, però, è l'ultima, a livello della vicenda): «Non importa. È tutto passato. Sì? Che cosa è passato? È tutto finito». (Guido Davico Bonimo)