Il miracolo economico ha cambiato il destino di migliaia di italiani: famiglie con storie di sofferenza e marginalità hanno avuto per la prima volta accesso al benessere. Un passaggio epocale che viene ricostruito in un dialogo costante tra Storia, memoria e immaginario collettivo. L’autore intreccia la vicenda di una famiglia meridionale a quella di un’intera nazione stravolta e affascinata dalla “secolarizzazione dei consumi”. L’ascesa sociale del capofamiglia è l’emblema di un Paese in cui la retorica della povertà ha ceduto il passo al pragmatismo della ricchezza. Nel sogno americano all’italiana si coglie con nettezza una distanza tra le prospettive dei partiti e i desideri dei cittadini: i primi si scontrano sulle riforme strutturali e sulle manovre congiunturali, i secondi sono attratti dal benessere come conquista materiale e riconoscimento civile. Un’aspirazione che diventa visibilmente concreta analizzando le fonti audiovisive di quegli anni. Immagini, parole, canzoni e personaggi definiscono il magmatico divenire del boom economico: l’urbanesimo della speculazione edilizia e delle periferie dormitorio; i profili delle auto che mutano il paesaggio urbano; le ciminiere che lambiscono il cielo; la famiglia che modifica usi e costumi; i giovani e le donne che vogliono essere protagonisti della modernità; i braccianti che sciamano verso le città; gli operai che agognano il possesso della casa, dell’utilitaria, della televisione e degli elettrodomestici, senza dover rinunciare alla villeggiatura estiva. Il miracolo raccontato dai media è la storia di un’unificazione materiale, di una “comunità immaginata” in cui ognuno può identificarsi in una nazione moderna in cui sono saltate tutte le vecchie gerarchie di potere dell’Italia rurale. L’unica riforma strutturale possibile è accettare la nuova realtà.
MARCELLO RAVVEDUTO
Insegna Public and Digital History all’Università di Salerno. È componente del Comitato direttivo dell’Associazione italiana di Public History. Ha scritto diverse monografie tra le quali Libero Grassi. Storia di un’eresia borghese (2012), da cui è tratta la docufiction andata in onda su Rai Uno Io sono Libero (2016); per Castelvecchi ha curato l’antologia Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia (2012). È editorialista del gruppo «L’Espresso» e di Fanpage.it.
Il primo governo organico di Centrosinistra (4 dicembre 1963), con l'ingresso del Psi nella "stanza dei bottoni", è l'emblema delle occasioni mancate dalla classe dirigente italiana. L'annunciata stagione di riforme strutturali si trasforma immediatamente in una lotta senza quartiere tra forze avversarie: da un lato gli alfieri dello spontaneismo, dall'altro i paladini della programmazione. Gli autori hanno cercato di scorgere il volto dell'Italia del miracolo celato dietro il racconto del conflitto politico: l'urbanesimo della speculazione edilizia e delle periferie dormitorio; le auto che mutano il paesaggio urbano; le ciminiere che anneriscono il cielo; la famiglia che modifica usi e costumi; i giovani e le donne che pretendono di essere i protagonisti della modernità; i braccianti che sciamano verso le città; gli operai che agognano il possesso della casa, dell'utilitaria, della televisione e degli elettrodomestici, senza dover rinunciare alla villeggiatura estiva. Si coglie con nettezza una distanza tra i desideri degli italiani e le prospettive dei partiti. Mentre i politici discutono, interpretando il miracolo come una crisi di crescita, i cittadini sono attratti da un'unica grande meta: il ceto medio come conquista sociale. Un'aspirazione che, tra luci ed ombre, unifica la formazione dell'immaginario collettivo (cinema, televisione, filmini in "super 8", musica, letteratura) con il susseguirsi di luoghi comuni e stereotipi...
Un'accurata e accorata biografia di un autentico eroe civile. Non un poliziotto, non un militare, non un politico ma un imprenditore che osò sfidare la mafia e fu ucciso per questo, nel silenzio delle istituzioni e delle associazioni di categoria. Un libro che racconta, con la passione della grande narrativa e il rigore del giornalismo d'inchiesta, la vita di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia nel 1991 per il suo ostinato, pubblico rifiuto di pagare il pizzo. "Libero Grassi non è più l'industriale che ha negato il suo consenso alla mafia, ma l'emblema di una ribellione possibile. I quotidiani ripetono ossessivamente gli stessi termini. Su tutte spiccano due parole: simbolo ed eroe. Il 29 agosto del 1991, secondo l'Eurispes, è nata una figura imprevista, destabilizzante per la mafia e per lo stato che la combatte: la figura dell'eroe. Un eroe diverso da quelli belli, prepotenti e rampanti celebrati nei film, nelle riviste patinate e persino dai partiti politici degli anni ottanta. Un eroe, privo di particolari superiorità, che smaschera la pochezza dei finti coraggiosi, paladini del lusso, cultori dell'immagine ed esperti della comunicazione di massa. Uomini e donne normali il cui rigore morale individuale diviene, nella latitanza di personaggi pubblici carismatici, punto di riferimento sostanziale a cui affidare la difesa del bene comune." Postfazione di Davide Grassi.