Marya, giovane inglese sposata con il polacco Stephan, si sente, per la prima volta nella sua vita, «molto vicina a essere felice». Ed ecco che, da un giorno all’al­tro, il marito finisce in galera lasciandola senza un soldo né un amico al mondo. L’agognata felicità assume allora per un istante le sembianze di Heidler, facoltoso mercante d’arte, che però la trascina – sotto gli occhi compiacenti e maligni del­la moglie – in una lunga, torpida osses­sione. Sullo sfondo di una Parigi mai così crudele, in una Rive Gauche ingan­nevol­mente romantica e mondana, Marya finisce per trovarsi avviluppata in un tor­mentoso ménage à trois; e quando, con un palpito di disperata onestà, prova a lacerare il velo delle apparenze, com­prende che in quell’irrespirabile bohème i codici sociali pesano quanto e più che altrove. Schiacciata fra l’anelito a una vita rispettabile e la realtà obbligata del demi-monde, si scopre così condannata senza appello all’«esistenza grigia, spaventosa, dei derelitti»: un mondo irreale e al tem­po stesso terribilmente concreto, fatto di sordidi caffè e grame camere d’albergo, dove è impossibile trovare scampo alla tragica ineluttabilità della vita.
"C'è in "Jane Eyre" di Charlotte Bronté un personaggio minore, ma discretamente inquietante. Il personaggio di una folle reclusa che si dice sia una bella ereditiera creola. Jean Rhys ha avuto l'idea di ricostruire la vita di una simile ombra labile e confusa prima dell'arrivo in Inghilterra. Una idea può essere buona o cattiva, anzi un'idea è in partenza provvisoriamente buona e cattiva. Risulterà essere più buona che cattiva, più cattiva che buona a seconda dell'esecuzione. Ora l'esecuzione di Jean Rhys è straordinaria, un romanzo avvelenato di fascino, squilibrato di passioni, condannato e riscattato dalla magia... Scacciata dal suo paradiso di Coulibri, Antoinette affronta un tragico e tumultuoso destino d'amore e follia proprio perché di tale tragicità e tumultuosità è convinta lei per prima. O, facciamo, per seconda. Per prima ne è convinta Jean Rhys che con mano implacabile e delicata, complice e spietata sospinge la sua eroina a bruciare e consumarsi nello straordinario romanzo che è "II grande mare dei sargassi" sino a ridursi all'ombra labile e confusa di un personaggio minore dello straordinario romanzo che è "Jane Eyre" di Charlotte Bronté." (Oreste del Buono)
Di Julia Martin sappiamo solo quanto racconta agli uomini che la mantengono: che forse è stata sposata, che forse ha avuto un bambino, che forse è cresciuta in qualche paese straniero. Del resto a chi passa una notte con lei non importa sapere chi sia veramente quella silhouette con il suo buffo costume di scena: turbante, veletta, un cappottino di seconda mano, un mazzo di violette stretto nel pugno. Del resto neanche a Julia importa sapere quello che pensano gli altri, lei ha sempre qualche credito da riscuotere, e non tradirebbe quello che ritiene l'unico modo sensato di vivere: "Se un taxi suona il clacson prima che abbia contato fino a tre vado a Londra, se no niente".