Nel mirino di James Risen, premio Pulitzer e autorevole firma di The New York Times, c'è soprattutto l'asservimento alla politica della famosa agenzia di servizi segreti, che ha contribuito a stravolgere le regole della democrazia americana. In nome della lotta al terrorismo, l'amministrazione Bush ha autorizzato intercettazioni segrete senza mandato; ha disposto la registrazione e la conservazione del traffico telefonico e dei dati bancari di milioni di cittadini; ha autorizzato operazioni di raccolta di intelligence interna da parte delle forze armate; ha sorvegliato gli attivisti contrari alla guerra; ha incarcerato a tempo indefinito americani senza sottoporli a processo. All'estero ci sono state brutali tecniche d'interrogatorio, accuse di torture e massacri di civili, la creazione di prigioni segrete e la pratica clandestina delle "renditions", il sequestro di persone sospettate di terrorismo, trasferite in località nascoste al di fuori delle convenzioni internazionali. Risen sottopone a un giudizio impietoso il ruolo della CIA nella "guerra al terrore" lanciata attraverso il mondo dal presidente Bush. Rivela un maldestro tentativo per far cadere in trappola l'Iran sulla questione nucleare, spiega come l'Afghanistan è stato trasformato in un narcostato che fornisce l'87 per cento dell'eroina al mercato mondiale e ritorna sulla preparazione del conflitto in Iraq, quando l'intelligence tacque al popolo americano la verità sulle armi di distruzione di massa.