Il mondo, divenuto negli ultimi due secoli sempre più interconnesso e interdipendente, è al centro di una ricostruzione originale dell'età contemporanea. Le trasformazioni della società, le evoluzioni dei sistemi politici, le elaborazioni culturali, i processi di modernizzazione sono esaminati nel rapporto ineludibile e costitutivo con le dinamiche geopolitiche e i fenomeni di interazione su scala globale. Dalla considerazione della pluralità di aree geopolitiche, di universi culturali e di itinerari storici che forma la trama del mondo contemporaneo deriva il superamento di una narrazione eurocentrica. Ne risulta arricchita l'intelligenza delle stesse vicende europee, come pure di quelle italiane, collocate nell'opportuna prospettiva mondiale. Questo volume offre un quadro ampio e chiaro di conoscenze e interpretazioni della storia contemporanea, utili a comprendere le vicende del mondo dalla metà dell'Ottocento, segnata dal protagonismo dell'«Europa mondiale», fino ai nostri giorni, caratterizzati da un «mondo senza centro». Un ricco apparato cartografico arricchisce il volume.
Alla morte di Stalin la leadership sovietica elaborò una politica estera più flessibile rispetto al passato, dando avvio a una nuova fase nella guerra fredda volta a perseguire la distensione tra i blocchi. A una politica bipolare aggressiva si sostituì gradualmente una nuova forma di competizione tra sistemi, nella quale l'Italia tentò di ritagliarsi spazi di azione "originali", che rispondevano all'ambizione di giocare un ruolo di mediazione nelle relazioni tra Est e Ovest. La presenza di un grande partito comunista, l'eccellenza del "made in Italy" e la preparazione alla formula del centro-sinistra sin dalla metà degli anni Cinquanta suscitarono le attenzioni del Cremlino e innescarono nuove dinamiche nelle relazioni bilaterali. La raccolta di documenti inediti provenienti dall'Archivio del Comitato Centrale del Pcus permette di ricostruire il punto di vista sovietico su quegli anni e analizzare da una nuova prospettiva diversi snodi della storia italiana del dopoguerra. Il '56, la crisi di Berlino, la nascita del centro-sinistra, i legami Pci-Pcus, il '68, sono solo alcuni dei temi che le pagine della raccolta permettono di approfondire.
In Unione Sovietica il potere comunista fece del credo antireligioso uno dei suoi cavalli di battaglia: l'«uomo nuovo» vagheggiato non avrebbe dovuto nutrire alcuna fede religiosa, né essa avrebbe dovuto occupare alcun posto nella società e nell'organizzazione dello Stato sovietico. Ma la seconda guerra mondiale avrebbe cambiato molte cose, e Stalin avrebbe imparato a gestire in modo molto piú sofisticato il suo rapporto con la Chiesa ortodossa. Una storia complessa e ricca di implicazioni, ricostruita con esattezza di dettaglio e ampio uso di fonti originali sovietiche.
Nella notte tra il 4 e il 5 settembre 1943 Stalin ricevette al Cremlino i tre metropoliti che assicuravano il governo della Chiesa ortodossa russa. Fu un incontro sorprendente. Il leader sovietico nei decenni precedenti aveva scatenato una persecuzione implacabile nei confronti degli ecclesiastici e dei fedeli ortodossi. I tre vescovi erano dei sopravvissuti all'offensiva antireligiosa consumatasi nel quarto di secolo precedente a quel colloquio.
Nel corso di una lunga e cordiale conversazione Stalin espresse il suo consenso all'elezione di un patriarca a capo della Chiesa russa. Dal 1925, infatti, la sede patriarcale era vacante, per il rifiuto del potere sovietico di autorizzare la Chiesa a eleggere un suo nuovo capo. L'8 settembre 1943 il metropolita Sergij (Stragorodskij) fu eletto patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
Cosa aveva determinato questo cambiamento della politica religiosa sovietica? Quali erano le radici profonde di questa nuova alleanza tra Chiesa ortodossa e regime?
E perché Stalin aveva deciso di far rinascere il patriarcato?
Il volume intende proporre un'analisi approfondita del ruolo attuale delle Chiese orientali nei paesi dell'Europa orientale e balcanica, dando una lettura dei loro reciproci rapporti in relazione al contesto socio-politico e culturale, e presentando la loro posizione nelle relazioni ecumeniche, cercando di identificare i nodi conflittuali e le prospettive aperte sul futuro. Pubblicazione degli interventi del convegno 2006 promosso dalla Commissione interregionale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso Piemonte-Valle d'Aosta. 11 saggi su diversi temi tra i quali: concetti di nazione e religione nell'Est Europa dopo il 1989; relazioni tra Chiesa cattolica e Chiese ortodosse nell'area russo-ucraina; le Chiese greco-cattoliche; la Chiesa serbo-ortodossa; l'identità degli albanesi; gli zingari, un popolo senza confini e nazionalismi. A partire dagli anni Novanta con l'inizio della transizione post-comunista nei paesi dell'Europa orientale, le Chiese hanno ritrovato un ruolo importante sul piano non solo religioso, ma più ampiamente culturale e sociale, con non poche ricadute anche sul piano politico. D'altra parte l'emigrazione verso i paesi dell'Europa occidentale ha causato la ramificazione delle Chiese orientali anche in tali regioni.