Questo volume è il più importante studio dell’opera di Tolkien dal punto di vista strettamente estetico-letterario, e quindi fa da complemento ideale agli altri saggi già apparsi nella collana: all’approccio filologico di Shippey, a quello biografico di Garth e a quello più propriamente filosofico della Flieger, si affianca ora l’impostazione letteraria di Rosebury, che particolarmente nei due capitoli dedicati al Signore degli Anelli permette al lettore di scoprire aspetti dell’opera di Tolkien che raramente vengono messi in luce.
«lo scopo principale di questo libro è quello di capire e valutare le opere di Tolkien in quanto composizioni, ovvero prodotti dell’arte letteraria che costituiscono esperienze estetiche per i lettori; di spiegare le opinioni di Tolkien sull’arte, sulla religione, sulla morale e sulla politica; e di discutere la ricezione della sua opera e alcuni dei fenomeni culturali che ne sono derivati. [...] La mia personale opinione è che le debolezze intrinseche ai metodi di base della critica letteraria, che gli sviluppi della teoria della letteratura negli ultimi quarant’anni non hanno fatto nulla per eliminare, abbiano danneggiato la comprensione dell’opera di Tolkien, la quale, in particolare, ha dovuto subire la proiezione di significati ad essa estranei, significati talvolta riduttivi, tendenziosi o storicamente impossibili, e ne ha perciò sofferto. La causa principale di questo fenomeno (che ha coinvolto anche altri scrittori oltre a Tolkien) è che, per buona parte del XX secolo, è stato in un certo senso soffocato il principio in base al quale un’opera letteraria, come qualsiasi altro prodotto dell’attività umana, ha bisogno di essere interpretata più o meno correttamente prima di poter essere ragionevolmente analizzata, valutata, applicata o fatta oggetto di libere associazioni».
Dall'introduzione dell'autore.