Nell'epoca della rivoluzione digitale, che sta cambiando i modi di relazionarsi e crea enormi problemi in campo economico, sociale e politico quali sono le radici che non possono essere dimenticate perché la comunicazione sia umanizzante? La reciprocità è l'elemento forse più utile per ritrovare una comunicazione mediatica adeguata ai tempi di oggi. Il pensiero di Paolo Ruffini, il professionista ora prefetto dell'organismo vaticano che si occupa dei media, a colloquio con il giornalista Michele Zanzucchi, emerge nelle pagine di questo libro della Collana Fratelli in Umanità.
«Quando vado in giro vedo tanta gente musona, lamentosa, polemica, gente che sembra contenta di essere infelice. Allora mi sono chiesto: e se essere infelici fosse normale? Ma poi cos'è la normalità? C'è qualcuno più normale o più diverso? E rispetto a chi? La verità è che la vita è fatta di up e down : siamo tutti up quando le cose vanno come vogliamo e siamo down quando invece non rispettano le nostre aspettative. La cosa curiosa è che essere up è la condizione che caratterizza maggiormente le persone che hanno la sindrome di Down. Non so perché, sarà nel DNA, in quel cromosoma in più, ma è così. Per loro è più facile essere felici. Hanno una fiducia, una confidenza con la felicità che a me spesso manca. Forse perché per un'anomalia genetica hanno scoperto tesori inestimabili: la manifestazione dell'affettività, la risata contagiosa, la predisposizione al sorriso, il piacere di stare insieme, la meraviglia per le piccole cose. Sono i miei super-eroi, perché hanno il potere inconsapevole non solo di compiere l'impossibile, ma anche di insegnarti a fare altrettanto. Io ho capito come essere felice stando con persone con sindrome di Down. Ve lo racconto in questo libro in modo che anche voi possiate impararlo. È semplice. (Semplice non vuol dire facile, vuol dire semplice.)» (Paolo Ruffini)
Noi che telefonavamo con i gettoni Noi che giocavamo con l'Allegro chirurgo e il Game Boy Noi che avevamo le immense compagnie e giravamo con il Ciao Noi che cantavamo le sigle di Cristina D'Avena, e con il Karaoke di Fiorello. Noi che non perdevamo una puntata di Beverly Hills Noi che collezionavamo le sorpresine del Mulino Bianco Noi che che vedevamo i film di Bud Spencer e Terence Hill Noi che Jovanotti lo ascoltavamo con il walkman... ""Io sono nato nel 1978, e la mia generazione è l'ultima che ha fatto tutta la scuola senza cellulare. Magari anche voi vi emozionerete pensando a quel periodo, a quei tempi... Quando sparavo palline di carta con il tubicino della Bic; mia mamma che mi voleva mettere i sandali neri con gli occhioni; le feste con le luci stroboscopiche; col gesso facevi i numeri per terra e giocavi a campana; nella calza della befana c'era la sigaretta e la moneta di cioccolato; a Natale su Italia 1 c'era (e c'è ancora!) Una poltrona per due, e su Rete 4 Il piccolo Lord. A volte mi chiedo se la vita di un ragazzo prima dell'avvento del web fosse davvero così diversa. A volte dico no, in fondo continuiamo a innamorarci, ad avere degli amici, a giocare e divertirci come facevamo prima. A volte penso che la tecnologia abbia cambiato la natura di tutti questi rapporti, del nostro modo di passare il tempo. Per provare a capire, in questo libro racconto di come si viveva negli anni Novanta, delle mode, degli oggetti, della tv.
Per tutta la vita Stefano ha evitato di prendere impegni, di assumersi responsabilità. Non ha mai voluto nulla che fosse "per sempre": né tatuaggi sulla pelle, né tantomeno legami personali. Si è limitato a galleggiare in una duplice esistenza. Davanti alla macchina da presa è "Steve" Nigiotti: attore brillante in rapida ascesa, disinvolto, esuberante. La sua vita di tutti i giorni, invece, è piuttosto squallida, solitaria e minata da ricorrenti attacchi di panico che lo paralizzano. Una sera qualcuno suona alla sua porta, ma non è la ragazza che Stefano stava aspettando: grandi occhi azzurri, faccino serio e trolley di Hello Kitty al seguito, Sara ha sette anni ed è... sua figlia. Peccato che lui non ne avesse idea. Non aveva mai nemmeno sospettato che dalla sua storia di una notte con la cubista Michi+ fosse nata una bimba, perché lei l'aveva sempre tenuto all'oscuro di tutto. Ora però Michi+ è finita in un guaio più grosso di lei, e qualcuno deve occuparsi della piccola Sara: tocca a Stefano. Per lui niente sarà più lo stesso: Sara prima gli metterà sottosopra la casa e la vita, poi lo rimetterà in riga con la sua saggezza di bambina abituata a prendersi cura dei "grandi" un po' incasinati che la circondano. Giorno dopo giorno, tra nuovi arrivi e il ritorno inaspettato di vecchie conoscenze, Stefano e Sara impareranno a vincere le rispettive paure e a volersi bene come mai avrebbero immaginato. E Stefano imparerà che "per sempre" può avere un suono meraviglioso.