L’antica storia biblica di Naboth, l’uomo accusato ingiustamente e lapidato per essersi rifiutato di vendere la propria vigna ad Acab, re di Samaria, viene commentata in questo intenso testo di Ambrogio, composto nell’ultimo ventennio del IV secolo. La vicenda narrata nel primo libro dei Re, «antica per età» ma quotidiana nel costume, rappresenta l’avidità della ricchezza e la sorte che spetta ai poveri; essa è inoltre paradigmatica delle dinamiche della sopraffazione che il vescovo di Milano vedeva moltiplicarsi nella città del suo tempo, segnata dall’impoverimento generale e dalla prepotenza dei pochi proprietari di latifondi.
La difficoltà di dare alla storia di Naboth una precisa data di nascita, di riconoscerne il genere letterario (omelia o trattato?) e forse lo stesso contenuto dell’opera possono aver influito sulla scelta di una soluzione semplicistica, che ha riduttivamente catalogato questo testo tra le operette moraleggianti che prendono di mira le ricchezze ed esortano a una più equa distribuzione dei beni. In realtà si tratta di un testo forte e di straordinaria attualità nella Chiesa di Papa Francesco.