Vince Corso, biblioterapeuta e detective di enigmi letterari, sul treno che dovrebbe portarlo a un appuntamento con la fidanzata si imbatte in un originale compagno di viaggio: un uomo colto, insinuante, che fisicamente gli ricorda il grande Léo Ferré, lo chansonnier anarchico di Avec le temps. Solo che Corso ha sbagliato direzione, doveva andare verso Sud invece che al Nord, e contrariato vorrebbe ripa-rare. Ma l'uomo, misteriosamente allusivo, lo invita a persistere nello sbaglio: «forse lei non lo sa ancora, ma potrebbe essere arrivato il momento di fare questo viaggio». Genova, la prima meta, gli darà un tuffo al cuore: da lì fino a Marsiglia era trascorsa la sua primissima infanzia. La madre cameriera lo aveva concepito con uno sconosciuto una notte di fine luglio del 1969. E sarà questa l'indagine più importante della sua vita: scoprire chi è suo padre. Per cinque anni Vince Corso gli ha spedito una cartolina al giorno, lasciando vuoto il nome del destinatario e indirizzandole all'unico luogo dove sapeva che almeno per una notte suo padre era transitato: l'Hotel Le Negresco a Nizza. La sua ricerca si svolgerà sui litorali della Costa Azzurra, tra povere pensioni e hotel liberty, dietro a versi di poeti e a vecchi personaggi carichi di storie vissute, seguendo l'indecifrabile mosaico dei destini individuali e delle coincidenze. Fino al riconoscimento che completa il cerchio: essere restituito dai libri alla vita, riavere indietro la possibilità di «amare senza misura». Notturno francese è in realtà un notturno pieno di luce. È una storia di errori, di appuntamenti che non si sa di avere, di labirinti e di orfani che cercano un porto. Un romanzo dove domina la malinconia del continuo lasciarsi dietro le spalle cose e persone, nel tempo e nello spazio. Ma anche la sconsideratezza di mettersi in viaggio per ritrovarle. O per farsi trovare.
Se le avventure di Geppetto, il creatore di Pinocchio, fossero del tutto diverse da come le conosciamo? Se accanto alle peripezie del burattino che si è fatto bambino vi fossero anche quelle di un padre che tanto ha voluto un figliolo da costruirselo con le proprie mani? Fabio Stassi ha scritto una storia nuova a partire da una storia classica, quella di uno dei più grandi romanzi della letteratura italiana. Nelle sue pagine l'anziano falegname diviene un uomo febbrile animato dal desiderio della paternità, vittima di uno scherzo crudele dei suoi concittadini. Le gesta del burattino, buffe, drammatiche, violente, si mischiano alle sue avventure, a loro volta sorprendenti e a tratti sconcertanti. L'uomo Geppetto sembra uscire dalla fiaba per grandi e piccini di Collodi e spostarsi su un palcoscenico contemporaneo dove la povertà, la malattia, il bisogno di amore, la crudeltà e il riscatto sono al centro della scena, motore concreto dell'azione. Così Geppetto diventa il ritratto di un uomo introverso e temerario, candido e visionario, che si accinge ad affrontare il mondo e a scoprirlo di nuovo, inseguendo il sogno di una creatura che sia carne della sua carne, in cui riversare le emozioni e l'affetto che porta dentro. Ma quel mondo lo disprezza e lo deride, rivelando tutta la sua ferocia in una condanna impietosa della solitudine e della diversità. In Mastro Geppetto Stassi si abbandona con evidente piacere a uno dei suoi grandi talenti, quello di plasmare la materia reale e immaginaria delle storie e dei personaggi per trarne un racconto che affonda le radici nel desiderio e nella fantasia, producendo la metamorfosi che trasforma la finzione dell'arte letteraria nella verità più luminosa e commovente, più dolorosa e umana.
Vince Corso è un biblioterapeuta. Precario più per nascita e per vocazione esistenziale che per condizione sociale, un giorno ha scoperto le doti curative, per l'anima e per il corpo, dei libri e ne ha fatto la propria professione. Si rivolge a lui una bella sessantenne: ha un fratello malato di Alzheimer che, nel marasma della sua mente, da qualche tempo ripete delle frasi spezzate, sempre le stesse, senza alcun legame tra di loro. Era stato uno studioso di fama e un lettore vorace, un amante delle lingue, un ricco collezionista di volumi, quelle parole potrebbero essere citazioni da un romanzo. «E solo un'ipotesi, ma se questo libro esiste, ci terrei a sapere qual è. E se lei lo trovasse, potrei leggerglielo a voce alta, qualche pagina al giorno». Il biblioterapeuta si mette al lavoro, con una domanda che lo assilla: se avessi perso tutto, e ti venisse concesso di salvare un solo ricordo, quale sceglieresti? Ha diversi enigmi da risolvere, mediante tecniche per decifrare e interpretare i testi, attraverso psicologie di identificazione con possibili autori, ricerche di biblioteca in biblioteca, incontri fortuiti e rivelatori. Un'avventura che lo guida a una soluzione che proprio innocente, come all'inizio appariva, non sarà. Intanto scruta i luoghi, fa sedute di biblioterapia con pazienti nuovi e inaspettati, scopre l'odio che è tornato ad attraversare i quartieri e la società. Ed è come una ricerca nella ricerca, un romanzo nel romanzo. Perché Vince è un camminatore, un esploratore di spazi e di persone: itinerari, spazi e persone che lo rimandano senza tregua a coincidenze con i momenti della letteratura di cui è vittima e complice, quasi come un prigioniero felice. Ma dominato da un bisogno inesauribile: trovare la linea di confine tra la vita e i libri e forse superarla, perché sempre di più è attratto dalle passioni, dalle paure e dalle gioie di uomini e donne in carne e ossa.
Un libraio d'antiquariato nel quartiere di San Lorenzo a Roma che ricorda un vecchio angelo di Frank Capra. Un bibliotecario che soffre di uno strano malessere. Una lettera di Gesualdo Bufalino. E un libro magicamente ritrovato: il primo che Fabio Stassi avrebbe voluto scrivere, ma che ha sempre rimandato. Eppure sul frontespizio c'è il suo nome. Sotto a un titolo misterioso: Angelica e le comete. Vi si narra di una compagnia di marionette in viaggio che se ne va in giro lungo le coste della Sicilia su un carro zeppo di pupi, paladini e saraceni ma anche diavoli, ippogrifi, angeli, cinquanta attori di legno, tutti tenuti a lustro con scimitarre fiammanti ed elmi e pennacchi multicolori. Il padrone è Lo Spagnolo, scontroso ed esigente: conosce tante lingue ma non sa leggere. Lo aiuta Bruciavento, un gigante dal passato burrascoso. Ma la vera attrazione del teatro è una donnina dalle dimensioni di una marionetta, che le comari del suo paese pensavano fosse figlia del diavolo o della Luna. È «la sola Angelica in carne e ossa di tutto il Regno» e anche se il padrone la maltratta a lei basta ballare, mentre tutte le altre marionette la amano. Soprattutto una, un piccolo legno senza voce e senza armatura: Ardesio. Un giorno il carro dello Spagnolo arriva nel paese di Kalamet, proprio al tempo in cui un'altra carovana passa per l'Isola: Garibaldi e i suoi Mille. Questa storia ariostesca di donne cavalieri d'armi e d'amori, di cortesie e audaci imprese, è una favola triste, una pantomima di parole che sanno di infanzia e di tradizione, di malinconia e magia, quella che solo un teatro di marionette come l'opera dei pupi può dare. «In poco tempo, chi assisteva allo spettacolo non si sentì più in uno sconosciuto villaggio del Regno delle Due Sicilie, davanti all'opera dei pupi, ma si credette proprio lì, nei pressi dell'azione, a Roncisvalle, nei panni di un paladino».
L'alfabeto di Zoe non è come il nostro, perché non sempre le lettere sono nell'ordine che conosciamo noi, però per lei non è un problema, anzi, è un modo per guardare il mondo con altri occhi. Il vero problema è la mamma, che dorme un sonno medico dopo un incidente. Indagando con due amici in bicicletta, Zoe scopre che la verità è un'altra: la sua mamma, come molti altri genitori, è vittima di un colossale furto di ricordi. Per restituirglieli, e per riavere la sua mamma vera e intera, Zoe affronterà senza paura il Re degli Specchi e i suoi seguaci.
"Non c'è nessuna coerenza nelle nostre vite" pensa il protagonista di questo romanzo. "Ci siamo solo noi, che la reclamiamo. A creare l'universo non può che essere stato uno scrittore fallito". Ma se è così che stanno le cose, può un essere umano vivere la propria vita come se scrivesse un racconto che qualcuno deve leggere? Vince Corso è un professore precario, non più giovanissimo. È nato dalla relazione fugace della madre, che lavorava in un hotel a Nizza, con un viaggiatore e, ogni volta che ne sente il bisogno, Vince manda una cartolina al padre sconosciuto all'indirizzo dell'albergo. L'unico ricordo che ha di quell'uomo sono tre libri lasciati nella stanza come un'eredità che gli ha segnato l'esistenza: Vince ora è un'anima di letterato che ha letto forse troppo, convinto che la scrittura sia una strana menzogna capace di manipolare la vita, perché, come dice Celine, "se si immerge un bastone in un lago per vederlo intero bisogna spezzarlo" e per lui i romanzi sono quel lago. Per sbarcare il lunario, si inventa una professione, la biblioterapia. Qualcuno gli parla del proprio male, nello spirito o nel corpo, drammatico o ridicolo, e Vince gli consiglia un libro come medicina. Da principio lo fa con timidezza ma, poco a poco, si conquista una clientela, fatta di sole donne. E intanto lo prende un'intrigante curiosità per l'enigma del rapporto fatale tra la letteratura e la vita. E quando scopre che la vicina è scomparsa... comincia a studiarla attraverso i libri...
Il cadavere si trova riverso nell'acqua della fontana, sulla strada della chiesa madre in modo che tutti lo vedano. È Rocco La Paglia, giovane comunista ex partigiano. Un morto strano. Se per vendetta, una strana vendetta. Rocco da tempo era silenzioso nel suo lavoro a bottega. Da quando la strage aveva insegnato a lui, come a tutti i contadini che avevano creduto di poter alzare la testa, a stare al suo posto, in basso. Così, adesso, sembra ovvio a tutti che il cadavere sia legato alla solita storia: a una signora troppo bella e troppo altera per sfuggire alle dicerie del paese, e a un possidente, chiacchierato per non essere abbastanza maschio. Delitto d'onore, come una specie di dramma collettivo di espiazione, per gli anni scorsi di troppa libertà. La storia vera la scrive un galeotto balbuziente ex contrabbandiere ex contadino ed ex minatore. Finalmente, quando ormai l'emigrazione ha svuotato il paese, egli può, senza essere interrotto nel silenzio della cella del carcere dov'è rinchiuso, avvolgere la storia con il filo della verità. Ricordando i personaggi, gli ambienti, le situazioni, le figure di paese, che tremolano dietro quella verità come dietro un filo di fumo. Nel cuore di questo romanzo è il concreto, umano significato della strage di Portella della Ginestra del 1947, quando il bandito Giuliano, su mandato di oscure potenze e chiari interessi, sparò sul Primo maggio dei contadini della Sicilia occidentale, uccidendone e ferendone a decine...
Raccontare una vita è un gesto romanzesco. Perché solo nella finzione di un romanzo si può tentare di comporre quasi senza ombre e silenzi il ritratto di un uomo o di una donna, e chiamare a raccolta i testimoni dei fatti come in un'inchiesta, mettendo insieme frammenti e ricordi, pareri e illazioni. Questa è la sfida del romanzo di Fabio Stassi: narrare la vita intera di una donna radunando le prove, gli sguardi e le parole di chi l'ha conosciuta, di chi l'ha amata, di quelli che hanno lavorato o sognato con lei, oppure di chi l'ha vista anche per un momento, ma quel momento l'ha serbato nella memoria. Sole, Soledad, è la donna di questa storia, un'artista, una bambina silenziosa, una ragazza che fa emozionare, una signora che molto ha vissuto, e soprattutto, almeno agli occhi del mondo, una cantante. E Sole non ha mai inciso un disco, perché niente di lei poteva essere registrato. All'inizio degli anni Sessanta è ancora una bambina che abita a Roma. Sulla terrazza del suo palazzo a Trastevere ascolta con lo zio una radio a transistor, e scopre le voci del mondo. Nel 2011 Sole è sparita, è andata in spiaggia e nessuno l'ha vista più. Ha lasciato spartiti, un quaderno, libri e il numero di un vecchio amico. Il suo diario racconta che in prima media un anziano insegnante di musica, dopo aver ascoltato la sua voce, le aveva imposto il silenzio per tre anni. E fu allora, per reazione, che aveva iniziato a cantare...
In una sera di Natale la Morte va a trovare Charlie Chaplin nella sua casa in Svizzera. Il grande attore e regista ha passato gli ottant'anni ma ha un figlio ancora piccolo e vorrebbe vederlo crescere accanto a sé. In un lampo di coraggio Chaplin propone un patto alla Vecchia Signora: se riuscirà a farla ridere si sarà guadagnato un anno di vita. Inizia così un singolare balletto con la Morte, e quella notte a salvarlo non sarà la tecnica consumata dell'attore ma la comicità involontaria che deriva dagli impacci dell'età. La questione però è solo rinviata: anno dopo anno, a Natale, la Vecchia tornerà a reclamarlo e bisognerà trovare il modo di suscitarle almeno una risata. Nell'attesa dell'incontro fatale Chaplin scrive una lunga e appassionata lettera al figlio. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l'avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un'epoca rivoluzionaria.