Mai come durante la pandemia globale di Covid-19 abbiamo sperimentato il potere originario e ineliminabile del limite. Per evitare che le società umane si scontrino con la catastrofe, tracciata dagli studi sui cambiamenti climatici e sulla perdita della biodiversità, ma anche dalle disuguaglianze sociali che non cessano di aumentare, il limite deve tornare a essere "sovrano": è infatti solo a tale condizione che sarà possibile garantire società ancora umane e un mondo ancora vivibile. Ma dinanzi a un Mercato ormai totale, il diritto può ancora esercitare queste sue funzioni? E a quali condizioni esso può correggere l'ideologia no limits della globalizzazione? E riaffermare le esigenze di giustizia sociale e ambientale che quest'ultima ha messo ai margini del proprio progetto? Il presente volume vuole fornire, con Alain Supiot, qualche elemento per rispondere a questi interrogativi. Postfazione di Ota De Leonardis.
Povero, frammentato, robotizzato, iper-sfruttato: il lavoro oggi è un piano inclinato. Pur restando idealmente un fattore chiave della realizzazione personale, dell'identità sociale e delle prerogative di cittadinanza, l'esperienza del lavoro al tempo del capitalismo flessibile ostacola la definizione di traiettorie di vita coerenti. Come ricostruire il senso di sé se non c'è una prospettiva a lungo termine a cui aspirare? Come ripensare il diritto del lavoro per far sì che anche il contenuto delle proprie mansioni - quel che si fa, come lo si fa, la ragione per cui lo si fa - torni a contare? Come ricostruire il nesso tra lavoro, riconoscimento sociale e partecipazione politica?
Fin dalle origini, in ogni cultura e civiltà, l'uomo ha sempre sentito il bisogno di conferire un significato alla propria esistenza: animale simbolico e metafisico, attraverso la scrittura, la legge e l'organizzazione sociale egli ha forgiato il mondo a propria immagine attraverso la costruzione di un senso condiviso, in grado di regolare la vita in comune e di giustificare il posto di ciascuno su questa terra. La storia dell'Occidente può essere letta come la storia di questo senso condiviso e vincolante, come la storia delle credenze fondatrici dell'essere umano: il rispetto della parola data e di una legge uguale per tutti. Attraverso un'appassionante analisi dei fondamenti del diritto e della dogmatica giuridica, Alain Supiot rilegge questa storia singolarissima e complessa in un'epoca in cui il declino della sovranità, l'infeudamento delle libertà e il progressivo scollarsi di potere e autorità minano più che mai la centralità del diritto e dunque i fondamenti stessi della nostra cultura.