"C'è in me un arcano mistero di unità, semplice come l'infinito. Questo Uno in me, non solo cerca l'unità nella conoscenza per la sua comprensione e crea immagini di unità per la sua gioia: cerca anche, per il suo compimento, l'unione nell'amore. Cerca sé stesso negli altri. Nell'Amore noi troviamo una gioia che definitiva, perché è la definitiva verità. Perciò nelle Unpanishad è detto che l'Uno è Infinito; che l'Uno è Amore."
Tra i maggiori poeti di tutti i tempi, Tagore è stato anche un lucido saggista, capace di cogliere lo spirito del suo tempo e le sfumature del confronto tra India e Occidente. Profondamente attuali e spesso illuminanti, questi saggi, ricavati da un ciclo di conferenze, riflettono una delle aspirazioni più profonde di Tagore, ovvero la conciliazione dei due atteggiamenti opposti verso la vita, l'uno statico e contemplativo, l'altro dinamico e attivo. Rabindranath Tagore (1861-1941), è stato poeta, romanziere, drammaturgo e filosofo. Bengalese, si è fatto promotore di una nuova India, moderna e indipendente. Profondo conoscitore della lingua inglese, traduce e mette in musica i propri versi, esercitando un enorme fascino sull'Occidente, che lo premia col Premio Nobel per la letteratura nel 1913, primo non occidentale nella storia.
All'alba del ventesimo secolo, lo Stato del Bengala è la culla del movimento indipendentista indiano contro la dominazione britannica. Nikhil, proprietario terriero dall'indole mite e spirituale convinto che il tumulto che sta agitando il paese possa essere risolto in modo pacifico, vede presto irrompere la tensione anche tra le mura del suo palazzo: quando la moglie Bimala esce dall'isolamento del gineceo per fare la conoscenza di Sandip, leader radicale pronto a utilizzare qualsiasi mezzo per ottenere l'indipendenza, la donna rimane inevitabilmente attratta dal suo carisma e dalle sue idee in merito al futuro del paese. Si delinea così un pericoloso triangolo, in cui i due uomini, che rappresentano due modi differenti di interpretare la causa indiana contro l'imperialismo, diventano rivali anche nel campo degli affetti. Intanto Bimala, che insieme alla coscienza politica vede risvegliarsi il suo anelito verso l'emancipazione femminile, dovrà cercare di risolvere quell'opposizione tra «la casa e il mondo», apparentemente inconciliabile. Con una prosa elegante e raffinata, il romanzo tratteggia un personaggio femminile forte, coinvolgente sia dal punto di vista emotivo che da quello simbolico.
Con espressioni dense di lirismo e il linguaggio immaginifico che lo caratterizza, il poeta Tagore, Nobel per la letteratura, canta l'ammirazione e l'adorazione dell'adulto verso il bambino, visto come l'incarnazione eterna della tenerezza, della genuinità e della freschezza. La figura del bambino rimane immutabile ed antica ed emerge luminosa nella casa dell'uomo. Egli rappresenta l'eterno rinascere e rinnovarsi della natura.
Nel primo dei due testi che compongono questo volume, una conferenza agli studenti giapponesi del 1916, al culmine della notorietà concessagli in quanto primo premio Nobel di lingua orientale, Tagore si concede un'osservazione singolare: "Pensavo che non sarei stato in grado di vedere il Giappone così come è, ma avrei dovuto accontentarmi di vedere il Giappone che assume un orgoglio acrobatico nell'apparire violentemente qualcos'altro". Ma questo è l'Occidente!, ci viene voglia di esclamare. Anch'esso, per quanto molto più prosaicamente, vuole apparire violentemente qualcos'altro, e con quanta maestria e dispiego di potenza e forza! Solo che il Giappone lo fa, secondo Tagore, perché vuole imitare l'Occidente, e non solo superficialmente negli oggetti, negli apparati e nelle forme esteriori, ma appropriandosi, pericolosamente, della forza motrice della civiltà occidentale "come sua propria". Da questo punto di vista il Giappone sarebbe più occidentale dell'Occidente stesso, perché assumendo come interpretazione propria ciò che è particolare di un'altra civiltà, non farebbe altro che perpetuare l'errore occidentale di muoversi solo nella foga inesausta di organizzare, disporre e distribuire la forza e i suoi elementi nella postura della conquista e del dominio.
Sono inanellate in questo libro, una dopo l'altra, le perle più luminose dello scrittore bengalese Rabindranath Tagore, premio Nobel per la Letteratura, che celebrò l'amore umano e divino incantando generazioni di lettori in tutto il mondo. Ogni gioiello di questo scrigno prezioso declina in mille sfumature l'amore per se stessi, per gli altri, per Dio e l'intera Creazione. Sono schegge narrative, liriche e parabole, alcune tradotte per la prima volta in Italia. La straordinaria capacità evocativa del narratore-poeta fa risuonare a ogni pagina echi della grande letteratura sacra e profana: da Gilgamesh al Cantico dei Cantici, dalla Bhagavad gita ai mistici Sufi, da Dante a Shakespeare fino ai romantici Wordsworth e Keats. Cesellando frasi e versi con sensibilità tutta orientale, Tagore crea intarsi di rara bellezza, una preziosa alchimia che abbraccia cielo e terra e che prova ai pessimisti che l'amore, quello autentico, vince sempre: sul dolore, sull'ingiustizia, sulla morte.
Il titolo di questa raccolta di scritti pedagogici di Tagore allude a un racconto in cui viene messo alla berlina uno dei difetti principali del sistema educativo corrente: il principio di imitazione. La sua pratica va abbandonata, perché soffoca gli impulsi spontanei del fanciullo, imprigionandolo tra le pareti di un'aula scolastica, deprimendone la libera creatività, non permettendogli di raggiungere i reali obiettivi del processo educativo: l'indipendenza e la libertà. Per Tagore il maestro deve rimanere fanciullo nell'animo, credere nell'improvvisazione come strumento per produrre una personalità creativa ed equilibrata, rispettando i bisogni profondi degli allievi in un rapporto paritario basato sulla comunicazione e sull'amore anziché sul principio di autorità. La rilettura di questo classico del XX secolo risveglia, in chi legge, il desiderio di saggezza - una saggezza dell'Oriente che parla anche all'Occidente.
Per Tagore è l'anima stessa dell'Occidente - i valori del Cristianesimo e della grecità - ad essere per prima tradita dalla deriva di una modernità fondamentale sugli idoli del successo e del denaro. E agli esseri umani di ogni continente, oggi come allora, rivolge l'invito ad assumere una presa di posizione etica nei confronti di quello che ci viene presentato come ineluttabile risultato del progresso.
Come uccelli in volo questi trecentoventisei aforismi nei quali si condensano le visioni mistiche e gli slanci poetici di Rabindranath Tagore: la voce più pura e sublimata dell'India moderna. Nel suo linguaggio immaginifico trasmette il pensiero di una cultura millenaria, cui l'Occidente deve molto.
Già dal titolo si evince il senso del contenuto ispirato alla ricerca di una spiritualità oltre la materia verso una dimensione più eterea. L'autore è proiettato verso l'infinito che tenta di rappresentare, oltre le angustie terrestri, con simbologie e astrazioni. In ogni particolare, come ad esempio lo scintillio delle stelle, il mormorio delle acque, le sfumature dei tramonti percepisce una divina potenza. Non si limita ad assaporare il materiale in sé ma lo elabora, se ne astrae, per elevarsi e godere a pieno della spiritualità.