In Mauritania da secoli convivono berberi e neri. I primi sono la minoranza dei quattro milioni di abitanti del Paese, i secondi sono oltre due terzi della popolazione. Nonostante la schiavitù sia stata abolita nel 1981, attualmente circa trecentomila neri sono schiavi dei berberi. Si tratta soprattutto di donne e bambini: costretti a un lavoro massacrante, non pagato, sono oggetto di violenze e soprusi, non possono studiare né decidere di andarsene. Le autorità politiche e religiose locali tendono a schierarsi dalla parte dei berberi. Nel 2008 Biram Dah Abeid, nero nato libero, ha fondato l'«Iniziativa per la Rinascita del Movimento Abolizionista» (Ira), movimento nonviolento contro lo schiavismo in Mauritania. Imprigionato più volte, nel 2014 si è candidato alle elezioni presidenziali ed è deciso a ripresentarsi nel 2019. Inserito dal Time tra le cento persone più influenti del 2017, nella primavera dello stesso anno è stato intervistato dall'autrice, che nel libro racconta anche la sua storia.
All’inizio del Novecento, 700mila greci vivevano sulle sponde del Mar Nero. Di fede cristiano–ortodossa, nei secoli avevano salvaguardato la loro identità etnica, culturale e religiosa, pur facendo parte dell’Impero ottomano. Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, il genocidio degli armeni (1915) è seguito dalla persecuzione dei greci e degli assiri. La politica attuata tra il 1916 e il 1923 nei confronti dei greci del Ponto porta a massacri, deportazioni, marce forzate in pieno inverno, arruolamento degli uomini in battaglioni di lavoro. Dei 700mila abitanti, 353mila sono uccisi e dispersi. I sopravvissuti fuggono in Grecia.
Questa è la storia vera di una di loro: Eratò Espielidis (1897–1989), nata sulle sponde del Mar Nero a Kotyora, l’odierna Ordu, e della sua famiglia. Dall’infanzia felice nella sua casa sul mare all’angoscia di giovane sposa cui è portato via il marito e di madre che lotta per la sopravvivenza del suo bambino di due anni, la vicenda di Eratò – nonna dell’Autrice – è emblematica della tragedia vissuta da molte famiglie greche del Ponto: persero casa, terre, lavoro e nel 1923 raggiunsero la Grecia come profughi. Ma, prima di partire, vissero nel terrore per le persecuzioni turche.
Questo libro rievoca la loro vita inizialmente pacifica con i vicini musulmani, quindi il deteriorarsi delle relazioni e il successivo dramma.
L’AUTRICE
Maria Tatsos, di origine greca, è giornalista professionista. Laureata in scienze politiche e diplomata in lingua e cultura giapponese presso l’Isiao di Milano, attualmente lavora come freelance per diversi periodici femminili, collabora con il Museo Popoli e Culture del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e con il Centro di Cultura Italia–Asia. Tiene corsi di scrittura autobiografica ed è autrice di alcuni libri, che spaziano dai diritti dei consumatori alle religioni asiatiche.