Quando Taziano decise di convertirsi al cristianesimo egli era un apprezzato intellettuale, membro di una ristretta cerchia di uomini di cultura stimati e riconosciuti dal corpo sociale. Divenuto cristiano, allievo di Giustino di Roma, egli ne fu in qualche modo l'erede, impegnandosi intensamente nella difesa della propria fede, all'epoca derisa intellettualmente e sanzionata giuridicamente. Nel suo "Ai greci" Taziano compone un appassionato discorso rivolto a quanti si professavano assertori dell'ellenismo, inteso come patrimonio culturale prima ancora che come deposito religioso e mitologico: ribaltando i ruoli di imputato e di accusatore, egli mostra come, sotto ogni punto di vista, le Scritture e la tradizione di cui i cristiani erano custodi fedeli fossero superiori rispetto a quell'intera e millenaria cultura che aveva plasmato il mondo classico greco-romano. L'"Ai greci", qui proposto in un'accuratissima edizione, è un testo provocatorio, a tratti volutamente spigoloso: in esso si legge chiaramente la determinazione e la sicurezza di una professione di fede che vuole essere riconosciuta e che rivendica la propria dignità su un piano innanzi tutto razionale e culturale. Essere cristiani, per Taziano, non significa soltanto "credere"; vuol dire innanzi tutto "conoscere", "sapere" e "pensare".