Data di pubblicazione: Febbraio 2009
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€ 30,00
Una contraddizione attraversa lo spazio dell'interpretazione psicoanalitica finendo, a volte, per collocare gli analisti su due fronti opposti. Da una parte l'interpretazione è imperniata sulla centralità del «fantasma» (l'articolazione delle propaggini dell'inconscio nel preconscio), perché non si può prescindere dalla discrepanza che esiste in ogni essere umano tra il desiderio e la possibilità di nominarlo e significarlo. D'altra parte, gli analisti si trovano sempre più spesso a dover far fronte, oltre che a una domanda di significazione del desiderio, anche a una richiesta di sostegno della soggettività, spesso prioritaria e pressante. Questo secondo versante della cura psicoanalitica sposta l'attenzione terapeutica sulla posizione e sul movimento del soggetto nello spazio della relazione analitica, e cioè sulla sua possibilità di esistere e di esprimersi nel suo interno.
L'analista deve farsi carico della contraddizione, evitando di privilegiare un versante a scapito dell'altro. Tutta la ricchezza del lavoro clinico in analisi sta nella possibilità di un'integrazione tra la significazione del rimosso, che mette in movimento aree di esperienza già metaforizzate, consentendo una loro espressione adeguata sul piano del processo secondario (e dei significati condivisi), e un lavoro di interpretazione che riflette, invece di significare, vissuti che emergono spontaneamente, per la prima volta, e favorisce la loro metaforizzazione. né l'interpretazione del fantasma, né la riflessione nel discorso psicoanalitico di una parte dell'esistenza spontanea del paziente precedentemente preclusa (che tanto può essere riflessa quanto lascia la sua impronta nell'assetto mentale ed emotivo dell'analista, trasformandolo), possono prendere una forma vera se il paziente non riesce a usare in modo spietato l'analista, per mettere a dura prova i limiti e le potenzialità della teoria psicoanalitica e piegarla alle sue esigenze di realizzazione personale. La disponibilità dell'analista a farsi usare spietatamente dal paziente (e la sua capacità di sopravvivere all'uso, mantenendosi vivo sul piano mentale ed emotivo all'interno della relazione analitica) non è il prodotto di una generica generosità, bensì il risultato di una condizione specifica favorita dal dispositivo stesso del lavoro psicoanalitico: l'attivazione della dimensione isterica, onirica, dell'esperienza che consente all'analista di identificarsi con il paziente (anche quando quest'ultimo non è in grado di fare altrettanto), pur mantenendo, al tempo stesso, la sua distinta identità. Farsi usare dal paziente per la significazione o per la costituzione di un suo desiderio, consente all'analista l'estensione (onirica) della propria soggettività desiderante, e gli restituisce un compagno di viaggio vivo e desiderabile.
Una contraddizione attraversa lo spazio dell'interpretazione psicoanalitica finendo, a volte, per collocare gli analisti su due fronti opposti. Da una parte l'interpretazione è imperniata sulla centralità del «fantasma» (l'articolazione delle propaggini dell'inconscio nel preconscio), perché non si può prescindere dalla discrepanza che esiste in ogni essere umano tra il desiderio e la possibilità di nominarlo e significarlo. D'altra parte, gli analisti si trovano sempre più spesso a dover far fronte, oltre che a una domanda di significazione del desiderio, anche a una richiesta di sostegno della soggettività, spesso prioritaria e pressante. Questo secondo versante della cura psicoanalitica sposta l'attenzione terapeutica sulla posizione e sul movimento del soggetto nello spazio della relazione analitica, e cioè sulla sua possibilità di esistere e di esprimersi nel suo interno.
L'analista deve farsi carico della contraddizione, evitando di privilegiare un versante a scapito dell'altro. Tutta la ricchezza del lavoro clinico in analisi sta nella possibilità di un'integrazione tra la significazione del rimosso, che mette in movimento aree di esperienza già metaforizzate, consentendo una loro espressione adeguata sul piano del processo secondario (e dei significati condivisi), e un lavoro di interpretazione che riflette, invece di significare, vissuti che emergono spontaneamente, per la prima volta, e favorisce la loro metaforizzazione. né l'interpretazione del fantasma, né la riflessione nel discorso psicoanalitico di una parte dell'esistenza spontanea del paziente precedentemente preclusa (che tanto può essere riflessa quanto lascia la sua impronta nell'assetto mentale ed emotivo dell'analista, trasformandolo), possono prendere una forma vera se il paziente non riesce a usare in modo spietato l'analista, per mettere a dura prova i limiti e le potenzialità della teoria psicoanalitica e piegarla alle sue esigenze di realizzazione personale. La disponibilità dell'analista a farsi usare spietatamente dal paziente (e la sua capacità di sopravvivere all'uso, mantenendosi vivo sul piano mentale ed emotivo all'interno della relazione analitica) non è il prodotto di una generica generosità, bensì il risultato di una condizione specifica favorita dal dispositivo stesso del lavoro psicoanalitico: l'attivazione della dimensione isterica, onirica, dell'esperienza che consente all'analista di identificarsi con il paziente (anche quando quest'ultimo non è in grado di fare altrettanto), pur mantenendo, al tempo stesso, la sua distinta identità. Farsi usare dal paziente per la significazione o per la costituzione di un suo desiderio, consente all'analista l'estensione (onirica) della propria soggettività desiderante, e gli restituisce un compagno di viaggio vivo e desiderabile.