
In questo libro lo studio del comportamento e del simbolismo rituale sono usati come chiave per comprendere la struttura e i processi sociali. Turner guarda al rituale come a un meccanismo sociale per accostarsi a problemi sociali reali e mostra come l'analisi del processo rituale fornisca la possibilità di approfondire la struttura e la trasformazione di gruppi e società in molti luoghi e periodi dell'esperienza umana. L'originalità e l'importanza del Processo rituale apparirà chiara a studenti e scienziati che si occupano di antropologia, di religioni comparate e pensiero sociale e a tutti coloro che hanno interesse per la natura e il significato del comportamento rituale e simbolico. Vi si attua l'acquisizione e il deciso superamento, in direzione più integralmente umana, dei risultati delle ricerche strutturaliste, in un contesto culturale ricchissimo e vivace, aperto alle più varie intuizioni interdisciplinari.
Il volume raccoglie tre saggi di Victor Turner nei quali si delinea la possibilità di applicare le categorie proprie dell'antropologia culturale alle varie espressioni delle società umane, con particolare riferimento alla letteratura e all'ethos collettivo. La nozione chiave è quella di liminalità, che va compresa come una tensione sociale al trascendimento dell'ordine esistente ma anche come impulso alla creazione di nuovi linguaggi e di nuovi riferimenti morali. I testi qui per la prima volta tradotti consegnano ai lettori una testimonianza dell'operazione ermeneutica che Turner ha compiuto a partire dall'indagine delle culture: le categorie con cui egli legge i fenomeni culturali illuminano la comprensione delle dinamiche socio-culturali dell'umanità contemporanea.
«Victor Turner ha conosciuto e studiato gli Ndembu, un gruppo lunda dello Zambia, nei primi anni Cinquanta: una lunga e intensa ricerca sul campo che risale ormai a quarant'anni fa. Dieci anni dopo Schism and Continuity in an African Society (1957), monografia etnografica in cui viene presa in esame l'organizzazione sociale ndembu, Turner raccoglie i suoi testi più significativi sugli aspetti rituali di questa cultura, dando loro il titolo The Forest of Symbols. Aspects of Ndembu Ritual (1967). [...] Turner e gli Ndembu, come Malinowski e Trobriandesi, Firth e i Tikopia, Fortes e i Tallensi, Evans-Pritchard e i Nuer o gli Azande, Leach e i Kachin, Beattie e i Nyoro, Middleton e i Lugbara, e così via: si tratta di accoppiamenti ormai classici, consegnati alla storia dell'etnologia e dell'antropologia del Novecento [...]. È molto probabile che parecchi rituali descritti in questo libro (il rito di circoncisione, i culti dei cacciatori, i rituali di afflizione) si siano modificati, e che alcuni si siano eclissati per sempre. [...] Ma se questo fosse vero - e in parte è senz'altro vero - l'importanza di questo libro risalta ancor più, in quanto si configura come una testimonianza unica, irripetibile, e per questo oltremodo preziosa di un modo di vivere diverso non solo rispetto a noi, ma anche rispetto agli Ndembu di oggi. [...] Ciò che la Foresta dei simboli ci tramanda non sono soltanto gli Ndembu di allora: è invece, più complessivamente, un'esperienza etnografica, uno sforzo intellettuale ed emotivo di capire, o meglio ancora di tradurre in un linguaggio per noi comprensibile un insieme di "significati" che compongono una cultura lontana e diversa». (dalla Introduzione di Francesco Remotti)
La nostra vita è ricca di ritualità e rappresentazioni: ricorriamo a pratiche performative per mostrarci, raccontarci e "metterci in scena" quotidianamente. È così che facciamo esperienza del mondo e lo riproduciamo, interpretandolo e riscrivendolo. Victor Turner si chiede se l'esperienza può tornare a essere un momento di verità e di incontro: per riaffermare una soggettività che si riscopra padrona del proprio destino, al di là della macrofisica del dominio che l'ha estromessa da ogni possibilità di gestione collettiva. Ritrovare il senso di un'esperienza così concepita ci è più che mai necessario, oggi che il rumore di fondo si fa assordante e nulla si fissa e si deposita, gli accadimenti più insignificanti vengono trasformati in "eventi", navigare rimanda solo a Internet e la memoria che conta è quella del nostro smartphone.
Tema dominante del volume è il dramma sociale, il dramma del vivere quale fonte di tutte le pratiche performative espressive. L'autore utilizza la performance come griglia interpretativa per penetrare quelle che chiama le fenomenologie "liminoidi", ossia le fasi di passaggio da situazioni sociali e culturali definite ad altre aggregazioni e fornire così una lettura delle dinamiche sociali. Spazia dal teatro giapponese No al carnevale brasiliano, dalle pratiche cerimoniali dell'Umbanda alle performance etnografiche recitate dai suoi studenti dell'università della Virginia. L'ultima parte del volume tenta un innesto tra neurobiologia e antropologia, per coniugare reciprocamente processi mentali e processi culturali.