Ti uccide prima ancora di toccarti. Il suo ruggito è come un terremoto che sembra provenire da ogni direzione, un suono forgiato dall'evoluzione per stroncare il sistema nervoso delle vittime. Ma quando vuole può essere silenziosa come la neve che cade: un proverbio della taiga dice che "quando tu riesci a vederla, lei ti ha già visto cento volte". È la tigre siberiana, il predatore più intelligente e letale del pianeta. Dopo l'uomo. Quella mattina Jurij Trush, un veterano dell'esercito sovietico ora a capo dell'Ispettorato Tigre, ricevette una chiamata allarmante: un uomo, più volte sospettato di bracconaggio, Vladimir Markov, era stato assalito nei dintorni di Sobolonje, piccola comunità di tagliaboschi nel cuore della foresta. Siamo nell'estremo oriente siberiano, non lontani dal confine cinese: il Primorje è una prova generale di inferno nascosta sotto la superficie di uno dei territori più belli del globo. Ed è anche l'ultimo santuario della tigre dell'Amur. Quando Trush giunse sul luogo dell'aggressione scoprì che, malgrado gli oltre trenta gradi sotto zero, la neve si era sciolta completamente: al centro del cerchio scuro di sangue erano posate una mano mozza e una testa senza volto. Inizia cosi il racconto di un'incredibile e spaventosa caccia alla tigre, dei giorni passati nella foresta e nella tundra siberiane sotto la perenne minaccia della belva, delle gesta dell'animale che arriverà ad assediare l'intero villaggio, e dell'uomo destinato ad affrontarla.