Di che cosa ci parlano i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer? Che cosa additano, se non il fallimento di una modernità che ha ormai perduto la sua energia di Età nuova per eccellenza? Edifici solidi e pericolanti ad un tempo, quelle torri sembrano riflettere un'ansia arcaica nel rimandarci l'immagine della nostra epoca, alle prese con la sua forza distruttiva, con il terrore che la dilania e la frustra. La molteplicità di immagini senza misura che oggi popola il mondo produce sconcerto e disorientamento, ma proprio in un tale semi-barbaro proliferare di immagini - sembra dirci Kiefer - possiamo scoprire la traccia di nuove risorse simboliche, o forse addirittura una chance di salvezza.
C'è un ideale di bellezza tipicamente novecentesco? O è vero piuttosto che il Novecento è il secolo nel quale la bellezza non c'è, se non nelle forme grottesche e inautentiche del kitsch? In realtà il declino della bellezza comincia ben prima del secolo scorso, addirittura alla fine del Settecento, in ambito romantico. Da allora in poi la bellezza possiederà un valore evocativo, che la conduce a incombere sul panorama con tutta la forza della sua natura. Il volume ripercorre la vicenda dell'ideale estetico dal suo tramonto in età romantica ("Mai il bello", ebbe a dichiarare Schlegel), attraverso la crisi otto-novecentesca sancita da Nietzsche e Spengler, fino alla sua rinascita con la pop art e, soprattutto, con Andy Warhol, quando la bellezza torna a proporsi, sia pure ironicamente, quale misura dell'essere e del mondo. Dietro l'ironia si cela una sfida fondamentale. E' possibile oggi ripensare in termini "classici" alla bellezza? Individuarla ad esempio come misura "ecologica" che promuova una rinnovata abitabilità della terra?
Oggetto della ricostruzione storci e tematica proposta in questo volume è la concezione dell'estetica moderna e contemporanea come filosofia dell'arte a partire dalla sua origine nel pensiero settecentesco fino ai più recenti sviluppi.