Editore: FAZI
Data di pubblicazione: Gennaio 2011
DISPONIBILE : NON AL MOMENTO
€ 24,00
In Democrazia, S.p.A., Sheldon Wolin – l’autore del classico Politica e Visione su cui si è formata una generazione di teorici della politica – prende in considerazione l’impensabile: e se l’America si fosse involontariamente trasformata in uno strano ibrido politico, in cui il potere economico e quello dello Stato si sono fusi in un connubio privo di freni e per questo incline a forme totalizzanti? Può l’America arrestare la propria vocazione totalitaria? Certo, l’America di oggi non è in alcun modo paragonabile a sistemi totalitari come la Germania nazista e infatti l’autore conia un termine ad hoc per questo totalitarismo all’americana: si tratta infatti di un “inverted totalitarism”, ossia il frutto dell’inversione verso l’interno del potere forte della Superpotenza, prima puntato sulla sola politica estera. L’autore evidenzia alcune patologie, il prodotto di una pericolosa affinità tra elitarismo politico e capitalismo, e analizza le costruzioni mitologiche che giustificano la recente politica americana, in particolare l’affermazione di un’economia in continua espansione e l’attrazione perversa per la guerra preventiva e globale. Ma Wolin si spinge oltre e afferma che, a differenza di quel che si pensa, l’America non è neppure mai stata la tanto celebrata culla della democrazia moderna: già la Costituzione dei Padri Fondatori rivelava una forte tendenza elitaria. Analizzando la storia degli Stati Uniti, in particolare dalla guerra fredda all’11 settembre, l’autore documenta come, a parte la parentesi del New Deal, l’America non sia mai stata democratica e ora, lungi dal trovarsi sul ramo discendente della “parabola democratica”, sembra aver imboccato una “spirale totalitaria”. Del resto, già Aristotele e poi Tocqueville ci avevano insegnato che il passo da «una democrazia gestita dall’alto» al totalitarismo è breve. Negli Stati Uniti, non solo è stata abbandonata l’idea della “democrazia partecipativa” in forza della manipolazione del consenso e del «crescente abbandono della divisione dei poteri a favore dell’esecutivo», ma stiamo assistendo all’incessante rafforzamento di un sistema perverso di gestione privata di lobbies del potere. Non quindi una Democrazia che non c’è (Paul Ginsborg), né una Postdemocrazia (Colin Crouch) o una democrazia debole, ma una premeditata vocazione totalitaria mantenuta viva dalla commistione tra politica e affari.
In Democrazia, S.p.A., Sheldon Wolin – l’autore del classico Politica e Visione su cui si è formata una generazione di teorici della politica – prende in considerazione l’impensabile: e se l’America si fosse involontariamente trasformata in uno strano ibrido politico, in cui il potere economico e quello dello Stato si sono fusi in un connubio privo di freni e per questo incline a forme totalizzanti? Può l’America arrestare la propria vocazione totalitaria? Certo, l’America di oggi non è in alcun modo paragonabile a sistemi totalitari come la Germania nazista e infatti l’autore conia un termine ad hoc per questo totalitarismo all’americana: si tratta infatti di un “inverted totalitarism”, ossia il frutto dell’inversione verso l’interno del potere forte della Superpotenza, prima puntato sulla sola politica estera. L’autore evidenzia alcune patologie, il prodotto di una pericolosa affinità tra elitarismo politico e capitalismo, e analizza le costruzioni mitologiche che giustificano la recente politica americana, in particolare l’affermazione di un’economia in continua espansione e l’attrazione perversa per la guerra preventiva e globale. Ma Wolin si spinge oltre e afferma che, a differenza di quel che si pensa, l’America non è neppure mai stata la tanto celebrata culla della democrazia moderna: già la Costituzione dei Padri Fondatori rivelava una forte tendenza elitaria. Analizzando la storia degli Stati Uniti, in particolare dalla guerra fredda all’11 settembre, l’autore documenta come, a parte la parentesi del New Deal, l’America non sia mai stata democratica e ora, lungi dal trovarsi sul ramo discendente della “parabola democratica”, sembra aver imboccato una “spirale totalitaria”. Del resto, già Aristotele e poi Tocqueville ci avevano insegnato che il passo da «una democrazia gestita dall’alto» al totalitarismo è breve. Negli Stati Uniti, non solo è stata abbandonata l’idea della “democrazia partecipativa” in forza della manipolazione del consenso e del «crescente abbandono della divisione dei poteri a favore dell’esecutivo», ma stiamo assistendo all’incessante rafforzamento di un sistema perverso di gestione privata di lobbies del potere. Non quindi una Democrazia che non c’è (Paul Ginsborg), né una Postdemocrazia (Colin Crouch) o una democrazia debole, ma una premeditata vocazione totalitaria mantenuta viva dalla commistione tra politica e affari.