Descritto dai suoi contemporanei come "l'uomo più famoso al mondo dopo Napoleone", Alexander von Humboldt fu uno dei personaggi più affascinanti e stimolanti del suo tempo. Nato nel 1769 in una ricca famiglia aristocratica prussiana, rinunciò a una vita privilegiata per scoprire come funzionava il mondo. I suoi viaggi e le sue esplorazioni in ogni angolo del globo ne plasmarono il pensiero e ne fecero un personaggio leggendario, ammirato e citato come diretta influenza non solo da studiosi come Charles Darwin, Henry David Thoreau, Ralph Waldo Emerson e John Muir, ma anche da letterati come Goethe, Coleridge e Wordsworth; Thomas Jefferson scrisse che Humboldt era "tra i principali artefici della bellezza" della sua epoca. Tuttavia, questa straordinaria personalità, a cui dobbiamo il nostro stesso concetto di natura e l'idea moderna di ambientalismo, sembra oggi pressoché dimenticata, e mentre il suo nome resiste ovunque - piante, animali, fiumi e città prendono il suo nome -, le sue opere prendono polvere sugli scaffali delle librerie. Andrea Wulf, acclamata storica e autrice di numerosi bestseller internazionali, si è immersa nelle opere, nei diari e nei documenti personali di Humboldt, ne ha seguito le tracce in tutto il mondo, visitando gli stessi luoghi e scalando le stesse montagne, per restituire a Humboldt, con questo libro, il posto che egli merita nel pantheon della natura e delle scienze. "L'invenzione della natura" è anche un tentativo di capire come è nato e come si è formato il modo stesso in cui pensiamo il mondo.
Cosa accomuna un manipolo di mercanti e giardinieri inglesi, un intraprendente agricoltore americano e il botanico svedese più famoso di tutti i tempi? Fairchild, Miller, Bartram, Collinson, Banks, Linneo: sono solo alcuni membri della "confraternita dei giardinieri" che, con ruoli, motivazioni e interessi diversi, nel corso del Settecento animarono una vera e propria "rivoluzione botanica", così profonda e invasiva da aver dato forma non solo ai giardini e ai parchi inglesi così come oggi possiamo ammirarli, ma perfino a un "paesaggio psicologico" di provata "britannicità", un tratto inconfondibile nei costumi e nelle propensioni di un popolo. Sullo sfondo delle grandi esplorazioni di James Cook e degli anni cruciali che portarono alla nascita degli Stati Uniti d'America, il giardino all'inglese non divenne solo il passatempo e l'ossessione per milioni di inglesi - oltre che un lucroso affare per molti di loro - ma simbolo e veicolo stesso dell'Illuminismo, espressione visiva di un paese famoso per essere la "sede della libertà". In pochi decenni, quei pionieri riuscirono a unire orticoltura pratica, botanica sistematica ed espansione coloniale in un progetto omogeneo, rafforzando il potere imperiale di una nazione sul mondo: questo libro, a metà tra il saggio e il romanzo storico, ripercorre l'avventura di coloro che riuscirono a plasmare con le proprie mani il "capolavoro della natura" e a penetrarne i segreti.