Questo celebre studio è una critica radicale del quadro generale che di solito si fornisce dell'esegesi biblica protocristiana. Nelle pagine di Frances Young l'interpretazione della Bibbia nel cristianesimo delle origini è approfondita nel contesto del mondo greco e romano, con particolare riguardo alla disseminazione di libri e insegnamenti, al modo in cui i testi venivano recepiti e letti, alla funzione della letteratura nella costituzione non soltanto di una nuova cultura ma anche di un nuovo universo etico e morale. Per i cristiani delle prime generazioni l'adozione delle scritture giudaiche significava rivendicare davanti a ellenismo e giudaismo la dignità di nuovo Israele. E l'impresa era d'immane portata: nel complesso coinvolgeva istanze che oggi si tende a separare in studio critico, teologia, prassi e spiritualità, ma a quei tempi intento implicito ed esplicito dell'esegesi biblica era di formare la pratica e la fede del popolo cristiano, singolarmente e collettivamente. Dove sorgessero conflitti riguardo alla fede o alla pratica, la Bibbia si trovava al centro del dibattito, e il contributo più importante che questa fornì consistette nel provvedere una letteratura che dava forma al discorso cristiano e insieme ne nutriva l'immaginazione.