Vengono qui raccolti, ordinati e proposti in un insieme coerente gli scritti in prosa dedicati da Andrea Zanzotto al tema del paesaggio. Questi testi, inediti o da tempo irreperibili, permettono di seguire l'evoluzione dell'immaginario dell'autore attraverso cinquantanni di impegno letterario. La scrittura di Zanzotto racconta un"'idea di paesaggio" in cui l'uomo e la natura interagiscono e si confrontano, nonostante l'impatto del primo sulla seconda si faccia sempre più invasivo. Ai luoghi reali della vita dell'autore, il grande Veneto che si estende dalle Dolomiti alle Lagune, si affiancano i paesaggi immaginati, viaggi compiuti o sognati in un'Europa sospesa tra lontananza e prossimità. Il ritratto dei luoghi si intreccia con quello dei personaggi che l'autore incontra e insegue nelle sue peregrinazioni, compagni di viaggio fidati e sorprendenti nella loro caratterizzazione umana e linguistica. Il risultato è un rapporto con il mondo che si completa nella scrittura, "vero luogo del nostro stare", ricercato e difeso con la forza di una passione intima e civile, come solo la poesia può essere.
Il percorso poetico di Zanzotto, fondamentale nella poesia italiana degli ultimi cinquant'anni, ha saputo recuperare lingue, forme e culture più o meno defunte rivitalizzandole, come scrisse Fortini, in "un'oltranza informale, esorbitante, lacerante". "Filò", che ebbe inizialmente l'aspetto minore di un libro d'occasione, è in realtà la quintessenza, magari in una forma più cordiale rispetto ad altri libri, di questi elementi chiave della poesia di Zanzotto. Ciò che sembra ampiamente masticato dalla storia si riproietta in una forma sperimentale: passato e futuro si alleano per stanare il grumo oscuro e indifferenziato che abita sia l'inconscio soggettivo sia la sostanza panica del mondo. L'uso ampio del petèl, lingua infantile che ha la concretezza del parlato ma è anche piena di misteriosi richiami, porta la raccolta in questa direzione. Lo stesso felice sodalizio con Fellini è l'esito di una comune visione della storia e delle origini, il comune inseguimento di archetipi travestiti da fantasie private e viceversa. Riproporre questo piccolo grande libro a un anno dalla scomparsa del poeta vuole soprattutto essere un omaggio e insieme un invito a rileggere un autore tra i più affascinanti e vitali della poesia italiana. Con una lettera e cinque disegni di Federico Fellini. Prefazione di Giuliano Scabia.
Umanissimo e saggio, sapientissimo e deluso, Andrea Zanzotto prosegue nel suo ineguagliabile percorso poetico, frustrato dalla contemporanea demenza diffusa e portando con sé un irrinunciabile desiderio di sublime; o meglio, con un sorriso ironico e autoironico, di "sublimerie". Nell'estasi del luccicante kitsch pervasivo della nostra rumorosissima epoca, cerca ancora abbandoni e amati silenzi, è ancora capace di aspettare e invocare il fiorire di un "maggio [...] che trabocca d'invenzione", o di cercare il più elevato senso di una "beltà" ideale. È, insomma, ancora vitalmente lacerato dagli opposti e dunque capace d'indignazione e amore. Tutto questo in virtù della sua mente poetica, della sua strenua fiducia nella capacità di osservazione e penetrazione acuta che offre la poesia, l'"ostinazione di quell'ipnosi chiamata poesia". Non c'è dubbio: non si è spenta, in Zanzotto, la voglia di potersi aggirare nel verde dei suoi colli con il senso di armonia serena e malinconica del poeta elegiaco, o di spingersi verso più elevate e gelide vette, mosso dal "sentimento di un eterno vero". Ma il solo gelo reale che oggi avverte è quello del nulla di un mondo che brucia solo di "commerci", dove "le notti fremono di ladri e di ghiacci", e dove, in fin dei conti, solo "nelle immondizie" potrà trovare "tracce del sublime / buone per tutte le rime".
Emergenze climatiche e crisi ambientali, conflitti per l'energia e fondamentalismi religiosi, turbocapitalismo in panne ed eclissi degli idiomi minori: agli esordi del nuovo millennio, ci troviamo immersi in un "tempo che strapiomba", si aprono nuove difficili sfide, che stiamo affrontando inconsapevoli. Una certa teoria del progresso, sordida e indifferente all'etica, rischia di portarci verso l'autodistruzione. Sono riflessioni come queste ad angosciare oggi Andrea Zanzotto, maestro di coscienza, oltre che autore di versi fra i più importanti e profetici del Novecento. In queste conversazioni, frutto di una lunga amicizia e consuetudine, il poeta ripercorre con Marzio Breda la propria esperienza umana, culturale e creativa. Soprattutto, tratta alcuni temi chiave del nostro presente, quando è più che mai necessario riscoprire il passato per sondare il futuro: paesaggio e linguaggio, storia e memoria, fede e politica, eros e psicoanalisi...
Il volume comprende l'opera narrativa di Zanzotto e una cinquantina di pagine inedite che costituiscono il nucleo di una nuova raccolta che sarà pubblicata nel 2000. La sezione relative alle prose raccoglie sia le prose creative e i racconti pubblicati in "Sull'altopiano", sia un'antologia di prose poetiche, mai raccolte in volume che testimonia l'impegno del poeta nel contribuire ai dibattiti culturali del nostro tempo.