Quando fu liberata, con l'arrivo degli Alleati, Liliana Segre aveva 14 anni e pesava 32 kg. Come abbia potuto sopravvivere nell'inferno di Auschwitz in quelle condizioni, non sa spiegarselo ancora oggi. Non è mai più ritornata ad Auschwitz. Dopo tanti anni di voluto silenzio, la donna ha deciso di testimoniare per una serie di ragioni private e universali insieme: il debito verso i suoi cari scomparsi ad Auschwitz; la fede nel valore della memoria, e nella necessità di tenerla viva per tutti coloro che verranno dopo. Perr tutti è importante conoscere ciò che successe allora e ricordare? Perché simili aberrazioni della storia non si ripetano più.
Storia e cronaca della ‘ndrangheta a Reggio Calabria e nella Locride, attraverso il racconto personale di Rosy Canale. Nata a Reggio, imprenditrice, vittima della mafia calabrese e viva per miracolo, si ritrova a San Luca, il paesino dell’Aspromonte ombelico della ‘ndrangheta, ad avviare un’attività di volontariato con le donne. Qui il suo racconto si intreccia con quello delle donne del posto, madri delle vittime di Duisburg, sorelle di altre vittime e carnefici di una faida senza fine.
Prima parte: Era tutto bianco. Dalla visione del primo morto ammazzato sotto casa, fino all’aggressione che quasi la uccide. Rosy Canale racconta l’adolescenza a Reggio Calabria durante la cosiddetta seconda guerra di ‘ndrangheta, i suoi incontri con i boss, le vecchie conoscenze di famiglia che sono pezzi di storia della ‘ndrangheta, le minacce, la tragedia. E, in mezzo, l’amore, la figlia, il ritratto di una società malata dal quale emergono tanti perché sulla nascita e l’affermazione della ‘ndrangheta.
Seconda parte: Donne in Aspromonte. Rosy va a San Luca, a fare volontariato nelle scuole: l’unico modo per curarsi dopo il trauma. La vita di paese, i ritratti delle donne che si riuniscono attorno a lei, le tradizioni, l’odio atavico per i carabinieri, la storia del Movimento Donne di San Luca fino all’assegnazione di un bene confiscato alla ‘ndrangheta per farlo rivivere con progetti sociali.
Terza parte: Dimenticare Duisburg. I progetti del Movimento donne di San Luca, dalla creazione di una ludoteca per i ragazzi del paese fino alla mostra fotografica allestita a New York. L’analisi della strage di Duisburg, ancora oscura nelle sue motivazioni, e dell’ascesa criminale della ‘ndrangheta a livello internazionale. Le testimonianze dirette delle madri di due vittime di Duisburg. Il libro si conclude con il pellegrinaggio al santuario di Polsi, nel cuore dell’Aspromonte, dove c’è quella che è stata definita “la Madonna della ‘ndrangheta”, muta guardiana di tanti summit criminali.
Il lieto fine non c’è.
Punti Forti
• È la prima volta che si racconta San luca, “la mamma” della ‘ndrangheta, dall’interno e con una prospettiva al femminile. Tentando di capire come possa l’organizzazione criminale più sofisticata e potente al mondo essere nata in un luogo tanto arcaico e sigillato al cambiamento.
• La narrazione è dinamica, alternando un ritmo serrato e scarno quando si parla di fatti di cronaca ad atmosfere più morbide, talvolta paradossalmente ironiche, nel riportare aneddoti personali e riflessioni intime.
• La parte giornalistica è trattata con precisione e il libro contiene alcune interviste esclusive.
• Non c’è condanna né assoluzione delle donne di ‘ndrangheta, non c’è moralismo né sentimentalismo. Il tentativo è quello di capire perché, a certe latitudini, la criminalità organizzata trovi un terreno umano e sociale tanto fertile per prosperare. La disoccupazione e la povertà non sono le uniche risposte. Anche questa, una prospettiva nuova.
Autrici
Emanuela Zuccalà, 39 anni, è giornalista di Io Donna (settimanale del Corriere della Sera), dove si occupa di inchieste sociali e reportage internazionali. Nel 2009 ha vinto il prestigioso premio giornalistico Enzo Baldoni con un articolo sugli stupri di guerra in Congo; nel 2007 il premio Sodalitas Giornalismo per il Sociale con un’inchiesta sul manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia; nel 2011 è stata finalista al Mediterranean Journalist Award della Anna Lindh Foundation con un reportage sui giovani rivoluzionari della Striscia di Gaza. Ha pubblicato i libri Risvegliato dai lupi, un viaggio nelle carceri italiane, e Sopravvissuta ad Auschwitz, la storia di Liliana Segre, fra le ultime superstiti italiane della Shoah ebraica (entrambi edizioni Paoline), e scritto i testi del volume fotografico La ruota che gira (ed. Contrasto) sull’infanzia in Cambogia.
Rosy Canale, 40 anni, è presidente del Movimento Donne di San Luca e della Locride, un’associazione che tenta di creare opportunità lavorative e culturali in un territorio ad altissima penetrazione mafiosa. Nel 2008 ha vinto il Premio per la Legalità del Comune di Locri. Alla sua storia (mai raccontata per intero come in questo libro) si sono interessati anche il Los Angeles Times, nel 2008, e la rivista svedese Dagens Nyheter (allegata al maggior quotidiano del Paese), che le ha dedicato un servizio di 16 pagine nel novembre del 2011.