Escrito en 1929, Mendel el de los libros narra la trágica historia de un excéntrico librero de viejo que pasa sus días sentado siempre a la misma mesa en uno de los muchos cafés de la ciudad de Viena. Con su memoria enciclopédica, el inmigrante judío ruso no sólo es tolerado, sino querido y admirado por el dueño del café Gluck y por la culta clientela que requiere sus servicios. Sin embargo, en 1915 Jakob Mendel es enviado a un campo de concentración, acusado injustamente de colaborar con los enemigos del Imperio austrohúngaro. Un breve y brillante relato sobre la exclusión en la Europa de la primera mitad del siglo xx.
Perdere il favore di coloro da cui dipende la nostra stessa vita. Mordere la polvere quando si è conosciuto il fulgore degli altari. Non essere più amati. È il destino intollerabile che accomuna i protagonisti delle due novelle qui riunite: una dama del Settecento e un cane. E il dolore, il furore, il desiderio di vendetta non saranno meno violenti nell'animale che nella donna. Splendida, intelligente e ambiziosa, amica di Montesquieu e di Voltaire, amante del duca di Borbone, la marchesa de Prie sembra onnipotente e, soprattutto, intoccabile. Ma quando nel 1726 il duca di Borbone cade in disgrazia presso Luigi XV, per lei si spalanca, d'improvviso, il baratro di un esilio avvilente. Confinata in Normandia, rabbiosamente sola, Madame de Prie non può che tormentare il giovane amante, contemplare allo specchio il suo volto che sfiorisce - e progettare una morte degna dei fasti del passato. Le forze brutali - distruttive e autodistruttive - che solo l'orgoglio ferito e l'amore ripudiato sanno scatenare innervano anche il secondo racconto, dove a sperimentare la più tremenda delle perdite è Ponto, cane tirannico dapprima oggetto di una sfrenata passione e poi di colpo ignorato e bandito dal suo regno non appena la padrona resta incinta. Sagace nel suo odio, l'escluso preparerà la sua vendetta, suscitando nel lettore un'attesa angosciosa - e una suspense quasi hitchcockiana.
«A te, che non mi hai mai conosciuta»: è questa l'intestazione della lettera che, nel giorno del suo compleanno, riceve un romanziere viennese, un quarantenne di bell'aspetto a cui la vita ha offerto i suoi doni più ambìti: la ricchezza, la fama e un fascino «morbido e avvolgente» a cui è impossibile resistere. «Ieri il mio bambino è morto»: così esordisce la misteriosa scrivente, e continua: «adesso al mondo mi sei rimasto solo tu, tu che di me non sai nulla». Quando lui leggerà quelle righe, lei sarà già morta: per questo, solo per questo, concede a se stessa di raccontargli la propria vita - la vita di una creatura che per più di quindici anni (prima bambina, poi adolescente, e poi donna) gli ha votato, «con la dedizione di una schiava, di un cane», un amore «disperato, umile, sottomesso, attento e appassionato», senza mai rivelargli il proprio nome, senza mai chiedere nulla, ottenendo in cambio solo poche notti d'amore e portandosi dentro un unico, struggente desiderio: che incontrandola, almeno una volta, la riconoscesse. Ma quasi sempre il volto di una donna rappresenta per l'uomo «solo lo specchio di una passione, di un gesto infantile, di un moto di stanchezza, e svanisce altrettanto facilmente di un'immagine allo specchio». E il destino di lei è stato di non essere mai riconosciuta. Con la consueta maestria Zweig ci trascina nel labirinto di un amore assoluto, regalandoci lo straordinario ritratto di una donna viva, vera e appassionata che è al tempo stesso una «creatura invisibile», immateriale «come una musica lontana».
La storia di un uomo che forse non ha letto tutti i libri, ma che tutti li conosce. Il sovrano di un mondo parallelo - un mondo di carta.
Un gorgo di forze trascinerà Edgar, inquieto dodicenne in convalescenza nella stazione climatica del Semmering, dall'iniziale sete di amicizia al dubbio, al disinganno e all'odio: odio per una madre frivola e bugiarda e per il suo subdolo corteggiatore che, fingendo di essergli amico, vuole soltanto servirsi di lui. Un intrico di sentimenti, quello di "Bruciante segreto", che somiglia al sottobosco di rovi in cui Edgar - fuggito dalla stanza dove era stato rinchiuso - si acquatta inseguendo col fiato grosso la coppia stretta in un abbraccio tanto intimo da gettare sul sentiero un'unica ombra sotto i raggi della luna. Una sorta di sadico crescendo innerva questo dramma, di cui sono protagonisti un attraente e annoiato barone, la non più giovane eppur piacente consorte di un avvocato di successo della Vienna ebraica e un ragazzino cagionevole che, nel giro di pochi giorni, attraversa le dolorose stazioni di un rito di passaggio: quello che suggellerà il suo ingresso nel mondo degli adulti, a prezzo di cicatrici indelebili.
In quattordici "miniature" Stefan Zweig attinge alla storia per raccontare alcuni passaggi decisivi nella vicenda dell'uomo: dalla caduta di Bisanzio, fra urla di turchi e di cristiani, al vagone piombato in cui Lenin attraversa la Germania con destinazione Pietrogrado e la rivoluzione bolscevica; da quell'unico uomo che a Waterloo provoca la disfatta napoleonica (e non è l'Imperatore) alla scoperta del Pacifico sui vascelli spagnoli. Dopo una prima edizione nel 1927, contenente cinque delle quattordici "miniature" presenti in questo volume, "Momenti fatali" uscì postumo nel 1943.
Amok è una parola malese che indica una "follia rabbiosa, una specie di idrofobia umana... un accesso di monomania omicida, insensata, non paragonabile a nessun'altra intossicazione alcolica". Lo sa bene il protagonista di questa novella, un medico dai tanti conti in sospeso: con la giustizia, con la professione, con la propria vita ormai annientata. In una confessione simile a un delirio, racconta di un mondo febbrile dove si scontrano la dispotica imperiosità di una donna, convinta che tutto si compri con il denaro, e la divorante passione di un uomo cui i tropici e la solitudine hanno sviato la mente e i sensi.