Alla vigilia del suo decimo compleanno, Abbas è un bambino come tanti, che ama giocare a pallone contro i muri di casa, nonostante le sgridate della mamma, e detesta fare i compiti. La guerra per lui è normale, visto che il suo Paese, l'Iran, è in conflitto con l'Iraq da tempo. Ma quando l'età del reclutamento viene abbassata a nove anni, suo padre decide che il bambino va allontanato il prima possibile da Teheran, insieme alla madre. Andrà a Instanbul, e da lì poi a Londra dove lo attende un lontano parente... All'aeroporto però la donna viene fermata e le viene confiscato il passaporto. Per Abbas c'è una sola possibilità: partire da solo. Inizia così la straordinaria avventura di un bambino che, contando esclusivamente sulle proprie forze, si trova solo in una città straniera, dove dovrà capire di chi fidarsi e di chi no, senza conoscere la lingua e avendo con sé pochissimo denaro. Abbas è sveglio e coraggioso e soprattutto è bravo a farsi nuovi amici. Fra tassisti, albergatori, gioiellieri e consoli, riuscirà a costruirsi una sorta di famiglia e a cavarsela. Fino alla partenza per Londra... Una vicenda straordinaria di innocenza e saggezza, coraggio e paura, sopravvivenza e lotta.
"Sembrava il paradiso" è l'ultimo romanzo di John Cheever, apparso solamente quattro mesi prima della sua morte. Il protagonista, Lemuel Lears, è un vecchio gentiluomo che vive in un paesino incantato, dove non è ancora arrivato un fast-food e neppure la ristrutturazione delle grandi ville per farne case di riposo per anziani alla fine del loro ciclo vitale. Il paradiso di Lears è rappresentato da un laghetto, il laghetto dei Beasley, dove ama pattinare d'inverno, un posto incantevole destinato però a scomparire a causa della speculazione edilizia e dell'inquinamento. Si sviluppa così un'intricata vicenda incentrata sul crudo ritratto della vita sessuale e sentimentale di Lears: vedovo gaudente, impegnato a non diventare anch'egli una discarica, si divide tra ricordi, incontri con una bella e capricciosa signora, istantanee follie omosessuali con il ragazzo dell'ascensore e la consolazione emotiva con un suo coetaneo. Perché in fin dei conti il suo problema, la sua vera paura, era proprio quella: la fine dell'amore. Già pubblicato nel 2007 con il titolo "Sembra proprio di stare in paradiso".
Il protagonista di questo "thriller esistenziale" è Harry Quinn, un reduce del Vietnam che vaga da una parte all'altra degli Stati Uniti, cambiando continuamente lavoro, nel vano tentativo di reinserirsi nella realtà. Irrequieto, solitario, involontariamente cinico, come un eroe hemingwaiano. La vicenda si svolge a Oaxaca, una cittadina del Messico piena di turisti, emarginati, funzionari corrotti, trafficanti di droga e forze della repressione. Quinn si reca là per cercare di liberare dal carcere Sonny, fratello della sua ex ragazza, coinvolto in un'intricata storia di droga. Rapidamente l'atmosfera si fa pesante e, nonostante il protagonista faccia di tutto per non farsi coinvolgere nei guai, attorno a lui cominciano a comparire dei cadaveri...
Nella Filadelfia di inizio Ottocento, una grande serra di piante e di idee, Alma nasce in seno a una delle famiglie più scandalosamente ricche del Nuovo Mondo. Il padre Henry è un botanico autodidatta e uno spregiudicato uomo d'affari che ha costruito la sua fortuna commerciando in chinino e altre piante medicinali. Sua madre Beatrix, un'austera studiosa olandese, alleva la figlia senza concessioni al sentimentalismo e alla frivolezza. Alma impara a leggere le ore osservando l'aprirsi e chiudersi delle corolle dei fiori, studia da vicino l'operosa natura che la circonda, cresce respirando scienza e cultura. Brillante e curiosa, ben presto si mette in luce nell'ambiente internazionale della botanica. E mentre si addentra sempre più nei misteri dell'evoluzione, l'uomo di cui si innamora la trascina nella direzione opposta: verso il regno della spiritualità, del divino, della magia. Se Alma è una scienziata razionale e concreta, Ambrose è un giovane idealista votato all'arte e alla purezza. Ma li unisce il desiderio appassionato e struggente di comprendere i meccanismi segreti che regolano il mondo e danno origine e senso alla vita.
È l'inizio della quinta elementare per sette bambini della scuola di Snow Hill. C'è Jessica, la nuova arrivata, che fatica ad ambientarsi e si rifugia nei libri; Alexia, la bulla, che ti è amica un momento e nemica quello dopo; Peter, il mattacchione della classe; Luke, l'asso della matematica; Danielle, che non sa farsi valere; la timida Anna; e Jeffrey, che odia la scuola. Mr. Terupt, il loro nuovo maestro, è l'insegnante che tutti vorrebbero avere. Brillante e sensibile, sa trasformare la scuola in un posto entusiasmante... Finché un giorno ammantato di neve accade un incidente che cambierà tutto. E tutti. Prefazione di John Irving. Età di lettura: da 9 anni.
La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e anonimi di una "vera gentildonna" della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare "la propria dipartita stando il meno male possibile". Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personalità sovrapposte e conflittuali: oltre alla stessa Elizabeth, l'amabile e socievole Beth e il suo negativo fotografico Betsy, "maschera crudele e deforme" che vorrebbe fagocitare e distruggere, con il suo "sorriso laido e grossolano" e i suoi modi sadici, insolenti e volgari, le altre due. È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più a che un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà.
"La vera rabbia, la rabbia come stile di vita, mi rimase estranea fino a un pomeriggio di aprile del 1982". Jonathan Franzen aveva ventidue anni, si trovava in Germania con una borsa di studio ed era diretto a Berlino, dove avrebbe seguito un corso su Karl Kraus. Leggere i saggi dello scrittore viennese, per il giovane Franzen, fu come scoprire un'altra lingua straniera celata all'interno del tedesco. Tra il 1899 e il 1936, attraverso la rivista "Die Fackel", Karl Kraus si era imposto nel mondo culturale germanofono come il Grande Odiatore, censore della banalità e della manipolazione, fustigatore del giornalismo dozzinale. Ammirato da Benjamin e Kafka, oscuro e criptico, Kraus era nondimeno un profeta lungimirante, e in questo libro Franzen mette in evidenza tutta l'attualità del suo pensiero. Il principale obiettivo polemico di Kraus era la macchina infernale dei giornali, "il disonesto abbinamento degli ideali illuministi con l'incessante e ingegnosa ricerca di profitto e potere". In modo simile, nota Franzen, nel consumismo tecnologico di oggi, in internet e nei social media, trionfa una retorica umanistica fatta di "creatività", "libertà", "connessione", "democrazia" che crea dipendenza e asseconda i peggiori istinti delle persone (molto di più di quanto non abbiano mai fatto i giornali). Rivisitando la propria passione giovanile, Franzen ne prende in una certa misura le distanze....
Imperi fu attaccata un venerdì pomeriggio in cui quasi tutti gli abitanti erano già rientrati alle loro case dal mercato, dai campi e dalle scuole, per riposarsi e pregare. Diverse granate scagliate dai lanciarazzi annunciarono che la guerra, che insanguinava da qualche tempo la Sierra Leone, era inaspettatamente giunta in città. Spari, urla, lamenti. Fu una di quelle operazioni che i combattenti erano soliti chiamare "No living thing", perché uccidevano qualsiasi essere vivente. I soldati in avanzata, per la maggior parte bambini, sparavano a chi non era ancora morto. E ridevano perché, con la loro fuga rovinosa, i civili facilitavano l'operazione. Quel giorno Mama Kadie vide le pallottole trafiggere i due figli maggiori e tre figlie. Caddero a terra con gli occhi spalancati, pieni di sorpresa per quello che stava loro accadendo. Pa Moiwa, invece, dalla moschea in cui si trovava, scorse la moglie e la nipote di vent'anni uscire di casa correndo. Nella fuga, cercavano disperatamente di spegnere a manate il fuoco che le divorava. Due bambini, però, un maschio e una femmina, le abbatterono e continuarono poi a sparare su altre persone, sempre ridendo. Ora la guerra è finita e Mama Kadie e Pa Moiwa sono tornati a Imperi. Hanno percorso i sentieri dove la terra respira, dorme, si sveglia e intrattiene gli spiriti, con circospezione, poiché, come a tutti i sopravvissuti al "No living thing", è rimasto loro il riflesso di dubitare della dolcezza di un paese tranquillo....
Iris Capotosti vive sulla costa ligure, sua sorella Lily nello stato di New York. Un giorno, in uno scambio di e-mail, cominciano a rievocare episodi della loro infanzia, vissuta negli Stati Uniti tra gli anni '60 e '70 insieme a dieci fratelli e sorelle, in una caotica famiglia di origini italo-irlandesi. Sull'onda dei ricordi le due sorelle, trasportate dal flusso narrativo, raccontano a capitoli alterni la loro storia, prima di bambine, poi di giovani donne, che crescono e vivono in un ambiente connotato da una cultura maschilista, in cui sperimentano povertà e abbandono, maltrattamenti e favoritismi, cattolicesimo e femminismo. Alla ricerca di un rapporto che possa garantire loro amore e sicurezza, le due donne si sposano in giovane età: Iris con un anestesista italiano incontrato durante un viaggio, Lily con un prepotente ragazzo locale che presto le farà rinunciare al sogno di diventare cantante. Sia Iris che Lily si trovano intrappolate in un matrimonio soffocante e a volte pericoloso, dal quale saranno costrette a uscire per ritrovare la propria natura e affermare la propria identità. Le e-mail che le sorelle si scambiano a intervalli costituiscono un secondo livello di narrazione, nel quale vengono esplorate le loro reazioni a percezioni divergenti del passato, che spingono Iris e Lily a confrontarsi con dubbi, malintesi e risentimenti sepolti dal tempo ma mai dimenticati.
"Forse il lettore sarà spinto a trarre una morale da questo racconto, ma la mia unica intenzione è stata di ricreare un uomo e la sua epoca, e di produrre non tanto un "romanzo storico" quanto una meditazione sulla storia." Siamo nella Virginia del 1831, lo schiavo nero Nat Turner, in carcere, attende l'esecuzione capitale. A ritroso, con un linguaggio efficacissimo in cui si mescolano toni apocalittici e nostalgia di affetti perduti, Nat ripercorre le vicende che da schiavo benvoluto dai padroni lo hanno portato, fanatico angelo vendicatore, a guidare una cruenta rivolta di schiavi. Premiato col Pulitzer nel 1968, il romanzo fu però ostracizzato dagli intellettuali neri perché "scandalosamente razzista". Sulle critiche e sui violenti attacchi di cui fu oggetto riflette lo stesso Styron nella Postfazione, ribadendo che - come nel successivo "La scelta di Sophie" - il suo intento era attingere a storia e immaginazione per porsi e porre al lettore fondamentali quesiti sul rapporto tra bene e male, tra passato e presente, tra responsabilità individuale e necessità sociale.
"Lo stomaco non mi perdonerà mai le schifezze che l'ho costretto a ingurgitare e l'anima la devastante disperazione di cui son stato testimone... Sono nauseato di quest'umana voragine infernale che ha nome East End." A Londra nell'estate del 1902 Jack London condivide la vita di vagabondi, disoccupati e operaie, si veste da clochard e abita nel dedalo di vicoli dove, un quindicennio prima, si aggirava Jack lo Squartatore. Per raccontare il cuore di tenebra della metropoli, il vasto slum proletario a ridosso del fiume e dei docks, questo autore promettente, fiore all'occhiello del giovane movimento socialista statunitense, non si limita a usare la penna in modo magistrale: con la sua Kodak scatta decine di folgoranti istantanee, alcune delle quali sono qui riprodotte per la prima volta in un'edizione italiana. Visi e corpi colti con attenzione da etnografo ma sempre con profonda umanità - che dialogano efficacemente con la parola scritta.
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Sono passati più di sessant'anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell'aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e tutto quello che gli è cascato addosso dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ciascuno vi ha letto la propria rabbia, ha assunto il protagonista a "exemplum vitae", e ciò ne ha decretato l'immenso successo che dura tuttora. Torna, in una nuova traduzione di Matteo Colombo, il libro che ha sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l'immaginario collettivo e stilistico del Novecento.