
1939. L'Italia si prepara a vivere l'ultimo Natale di pace, ma un omicidio squassa il ventre della città. Quanta solitudine che c'è. In Europa la guerra è cominciata, eppure da noi qualcuno si illude ancora che sia possibile tenerla fuori della porta. E poi sta arrivando la più bella delle feste, quella dove si mangia, si beve, ci si abbraccia, quella in cui ci si scambiano doni con le persone care; non bisogna avere pensieri tristi. La solitudine, però, la solitudine vera, è difficile da scacciare. Puoi essere solo perfino se stai in mezzo alla gente, se hai una famiglia, degli amici. Soprattutto puoi essere solo se decidono che sei diverso, magari perché non sai parlare, o perché ami persone del tuo stesso sesso. O perché, dicono, sei di un'altra razza. Anche Erminia Cascetta era diversa, a modo suo. Aveva troppa voglia di vivere, perciò l'hanno uccisa. In questo tempo che accelera verso l'abisso, spetta al commissario Ricciardi e al brigadiere Maione scoprire chi è stato. La chiave di tutto, però, è sempre la solitudine. Che, a volte nemmeno lo sappiamo, ci siede accanto. «Potessi parlarti, ti parlerei della solitudine del cuore. E della condanna che hai comminato, senza nessuna pietà, e senza avere idea di quello che stavi facendo. Potessi parlarti, ti direi che alla fine la colpa è tua. Ma non posso parlarti, giusto? No, non posso. Perché sei morta».
Martina è una ragazza di diciotto anni che ha alle spalle un'infanzia di privazioni e abbandono. Vive una condizione di emarginazione a scuola, in paese e anche nella casa-famiglia che la ospita. Una profonda timidezza e una totale sfiducia in sé stessa la fanno vivere in un cono d'ombra e di solitudine. Un giorno Martina conosce Jano, un giovane pellegrino diretto a Santiago di Compostela e con lui inizia ad affrontare i blocchi emotivi che la incatenano, maturando allo stesso tempo la propria fede in Dio. La loro amicizia si trasforma presto in un sentimento più profondo, attraverso il quale la personalità della ragazza fiorisce in modo straordinario ed inatteso.
Siamo nell'autunno del '44, nel territorio della montagna veronese. I fascisti vanno ad arrestare Luigi. Messo in carcere e torturato, colpevole soltanto d'essere il fratello di don Antonio, anch'egli arrestato e portato davanti al plotone di esecuzione. E questo perché aveva voluto mettere al sicuro, in un convento di suore, la figlia di un noto partigiano, di cui i nazi-fascisti volevano servirsi per obbligare il padre alla resa. La potenza del linguaggio accompagna lo snodarsi degli episodi sin dall'inizio, dando spessore ai personaggi e al loro ambiente. Un quadro da cui vengono fuori valori potenti, come la famiglia, la fede, la contrada come cortile educativo, la dignità di ogni persona.
Franco Nembrini racconta la Divina Commedia ai più giovani. Il Purgatorio è la cantica della misericordia, del perdono, della fatica e del tempo. Il tempo di diventar grandi, la fatica di crescere, la scoperta entusiasmante che, qualunque sia il nostro male, il nostro peccato, l'inferno da cui usciamo, si può sempre essere perdonati. Basta un maestro, e la libertà, il coraggio di seguirlo. ll Purgatorio, in definitiva, è la cantica che più facilmente possiamo sentire nostra, a qualunque età della vita. Perché sempre abbiamo bisogno di perdono e di ricominciare.
Grecia, 400 a.C. Pericle, tiranno di Atene, incarica il celebre scultore Fidia di concepire un'opera monumentale per onorare Atena. Nasce così il Partenone, nel quale Fidia colloca un'enorme statua della dea creata utilizzando ben 1137 chili d'oro. In realtà Fidia, d'accordo con Pericle, nasconde l'oro in un luogo segreto, come riserva per i tempi difficili che attendono la città. Ma presto gli ateniesi iniziano a sospettare e il destino dello scultore e del tiranno è segnato. E tutto quell'oro rimane nascosto per secoli... Gran Bretagna, 1802. I collaboratori del diplomatico britannico Lord Elgin incappano in una scoperta sconvolgente: sulla scorta di enigmatici indizi, riescono a individuare l'oro perduto degli dei e spogliano l'Acropoli delle sculture di Fidia. Sulla via del ritorno in Inghilterra, la nave che trasporta i reperti si inabissa nei pressi di una piccola isola, che diventa teatro della più imponente impresa di ripescaggio subacqueo dell'epoca. Ma anche scenario di trame e intrighi letali che vedono gli inglesi scontrarsi con le spie di Napoleone e i temibili servizi segreti del Papato. Oggi. Saranno Oswald Breil e Sara Terracini a provare a risolvere l'enigma della scomparsa e a ricercare l'oro modellato da Fidia, così da riportarlo a casa prima che l'avidità umana lo celi di nuovo al mondo intero. Attraverso un lungo viaggio nella Storia, Marco Buticchi ripercorre un mistero che unisce epoche lontanissime, dall'Antica Grecia agli anni di Napoleone. Sulle tracce di un tesoro di inestimabile valore, verranno svelate verità sepolte da millenni.
Notte del 18 luglio 1936. Barcellona brucia. Inizia la guerra civile che porterà al potere Franco. La famiglia italiana Moncalvi, titolare di una delle più rinomate gastronomie della città, è al bivio: cercare di sopravvivere nei tumulti o tentare la fuga verso l'Italia. Decideranno di partire, ma sarà uno strappo doloroso. A raccontare l'epopea della famiglia Moncalvi è Augusto, "Gutin", il più piccolo dei fratelli. Dopo un viaggio sospeso tra il sollievo di essere scampati alla violenza, la disperazione per aver lasciato la propria casa e la speranza in un nuovo avvenire, gli occhi sognanti del ragazzo vedranno le meraviglie di Genova, la villa sulle colline di Gavi dove ripareranno, l'incanto della vita nei boschi. Ed è qui che Gutin rimane affascinato da uno zio avventuriero, grande conoscitore di quelle storie di mare di cui la fantasia del ragazzo si nutre. Ma Augusto resta affascinato anche da una ragazza dai riccioli neri, Laura, con la quale inizia a trascorrere le sue giornate. Quello che gli manca, però, è il coraggio di dichiararle il suo amore. Qualche anno dopo questo piccolo Eden viene spazzato via dai venti della Seconda guerra mondiale. L'adorato zio sceglie di salire sui monti con i partigiani, Laura fugge insieme alla sua famiglia: la vita dei Moncalvi non è più la stessa. Giulia, la sorella maggiore, è costretta a occuparsi della casa e dei suoi fratelli, confidando a un diario i suoi sogni di ragazza. Finché un giorno i tedeschi prendono possesso di villa Moncalvi e Augusto, attraverso il confronto con un medico dell'esercito invasore e quello sempre più stretto con sua sorella, impara a distinguere il confine tra il bene e il male e a rimettere insieme i tasselli della sua storia famigliare. Quando la guerra volge al termine, Gutin prova a rintracciare suo zio e quella ragazza dai riccioli neri che non vede da mesi, sperando che nel frattempo non si sia dimenticata di lui. Con Il mio nome nel vento Alessandro Rivali dà vita, con la sua scrittura poetica e limpida, a una grande epopea famigliare, un viaggio frutto di una ricostruzione basata su documenti della sua famiglia, a cui si ispira da vicino quella immaginaria dei Moncalvi, e sui fatti di un periodo di Storia cruento e cruciale.
Cosa succede quando in un paese di montagna di poco più di duecento anime, abbandonato dai giovani, ammorbato dalla noia, arriva una donna con un grande telaio per tessere a mano? Lei è Filomena, sarda di origine ma cresciuta nella campagna senese da sempre. Rimasta vedova e con due figli ormai adulti, decide di lasciare la sua terra per seguire il sogno di una vita: tessere, e per farlo sceglie un luogo di montagna, silenzioso e quasi dimenticato da tutti. Il suo arrivo genera nel paese un movimento inatteso, pian piano si diffonderà una nuova energia, risvegliando gli abitanti da una morbosa sonnolenza interiore. Accadranno così avvenimenti che, grazie alla "tessitrice" faranno riemergere, negli uomini e nelle donne, virtù dimenticate e sogni mai realizzati.
È il giugno del 1850, e Napoli è bella come non mai sulla spiaggia di Chiaia, con i pescatori stesi al sole insieme alle loro reti e le ragazze che ridono nell'acqua bassa. Elvira ha ventidue anni e potrebbe essere una di loro, e invece deve andare in sposa a Giuseppe Morelli, che conosce appena e sicuramente non ama. Ma la sua famiglia è caduta in disgrazia, e il matrimonio, per la società in cui vive, c'entra ben poco con l'amore e molto col sacrificio. Il primo giorno della nuova vita è però segnato da una scoperta nerissima, che sconvolge la bella villa fin nelle stanze della servitù - lo specchio e la lente di ingrandimento delle vite dei signori. Elvira si convince che una maledizione sia scesa sulla casa, e anno dopo anno ne vede ovunque la conferma: nelle scelte indigeste a cui il suo ruolo la consegna, nella solitudine grigia che pian piano la avviluppa, nel vicolo cieco dell'unica possibilità di un futuro diverso, suo e soltanto suo. E come una staffetta, la maledizione pare trasmettersi alla figlia Angela, bellissima ma altrettanto fragile, e a Giuseppina, adottata proprio nel tentativo di ripianare i debiti con il destino. Tre donne costrette a vivere per gli altri, a immolare i propri sogni, la propria libertà, la propria felicità "per il bene della famiglia", alla cui ombra si nascondono le più scure prepotenze. E mentre i Morelli cercano di farsi un nome nel mercato dei tessuti e della moda, il mondo intorno si trasforma, con Garibaldi e quella strana unità del Paese che pochi capiscono, il fiorire di nuovi quartieri e una nuova moneta, le grandi epidemie che non fanno differenza tra ricchi e poveri, e le ancora più terribili malattie che si accaniscono sulla villa dei Morelli. Fino a quando, proprio dove meno ce lo si aspetta, brillerà la scintilla dell'emancipazione, la forza di strappare il diritto a vivere non la vita che ci è stata data in sorte, ma quella che la nostra anima si merita.
Belma Goralija è andata via improvvisamente. Non ho avuto il tempo di incontrarla nella sua casa o al caffè, come avevo pensato. Neppure ho avuto il tempo di tornare a Sarajevo, dove viveva. Complice la pandemia che ha cancellato il biglietto aereo che avevo acquistato due anni fa. Ora rimpiango questo tempo perduto da parte mia e mi sconvolge il tempo vorace della natura umana, in cui scorrono i nostri giorni. Non potremo incontrarci, parlare, ascoltare. Non potrò più scrivere quello che avrei potuto scrivere. Allora io e chiunque altro può chiedere: che fare del tempo che rimane? Proprio quel tempo, il nostro tempo che ci rimane da vivere. Prima era il tempo di correre, di scrivere, ogni giorno. Di raccontare agli altri quello che la vita quotidiana dischiudeva. Oggi mi sembra il tempo di afferrare i ricordi di chi abbiamo incontrato, perché hanno qualcosa o forse tanto da insegnare. Questo verbo mi sembra bellissimo. Il tempo che rimane è attraversato dai loro volti, dalle loro storie, da quello che ci hanno insegnato. L'indice del libro saranno le lettere dei loro nomi.
S'innamorano di una sagoma di cartone o di un pretoriano in miniatura, odiano i bambini pur portandoseli in grembo, lasciano una donna ma ne restano imprigionati, vomitano amore e rabbia, si tagliano, tradiscono, si ammalano. Sono alcuni dei personaggi del nuovo libro di Michela Murgia, un romanzo fatto di storie che si incastrano e in cui i protagonisti stanno attraversando un cambiamento radicale che costringe ciascuno di loro a forme inedite di sopravvivenza emotiva. "Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita." A volte a stravolgerla è un lutto, una ferita, un licenziamento, una malattia, la perdita di una certezza o di un amore, ma è sempre un mutamento d'orizzonte delle tue speranze che non lascia scampo. Attraversare quella linea di crisi mostra che spesso la migliore risposta a un disastro che non controlli è un disastro che controlli, perché sei stato tu a generarlo. In stato di grazia, Murgia scrive per tutti noi un libro estremamente originale che rimanda a una costellazione di altri grandi libri: Il crollo di Fitzgerald, Lo zen e il tiro con l'arco di Herrigel e L'anno del pensiero magico di Didion.
«Cominciamo dal nome, Velarus. Lo scelse quella scema di mia madre. L'idiota che era mio padre non si oppose, e così fu». Sullo sfondo della ricca e fin troppo operosa provincia del Nord Italia, la sfrenata tragicommedia di un ragazzino con una famiglia di disgraziati. Il padre e la madre di Velarus non sono quel che si dice due tipi amorevoli. Del resto come potrebbero esserlo dei faccendieri sempre in viaggio, sempre attaccati al telefono, sempre impegnati a comprare e a vendere. Anche la nascita di un figlio è per loro una semplice transazione. Solo che poi non hanno né il tempo né la voglia di occuparsene, preferiscono scaricare l'impiccio su uno strampalato tassista e sulla sua altrettanto bizzarra moglie infermiera. Così il bambino viene lasciato in custodia un po' a chi capita: comincia per lui una lunga teoria di «affidamenti». Tutto questo, però, produce nel piccolo uno strano fenomeno fisico, qualcosa di davvero eccezionale. Ed ecco che nella testa dei genitori guizza l'idea di combinare l'ennesimo affare della vita, il più redditizio. A quel punto, la vendetta di Velarus prende il via.
Lei è una giovane gitana in fuga dalla famiglia per sottrarsi al matrimonio combinato con un uomo anziano, lui è un orologiaio che sta campeggiando sul confine e la accoglie nella propria tenda. L'incontro inaugura un'intesa fatta di dialoghi notturni sugli uomini e sulla vita, uno scambio di saperi e di visioni - lei che crede nel destino, nei segni, nel dio delle cose, lei che addestrava un orso e lo amava come il migliore degli amici; lui che si sente un ingranaggio dentro la macchina del mondo e che quel mondo interpreta secondo le regole dello Shangai, come se giocare fosse un modo per mettere ordine nel caos. Un'intesa che durerà a lungo, anche da lontano, e finirà per modificare l'esistenza di entrambi: uno scarto nel gioco, un bastoncino che si muove. Erri De Luca si mette su piste poco battute, su vite che si annodano e si sciolgono. Lo fa con una storia densa e lieve, dove ogni parola schiude significati più profondi, ogni frase è una porta di accesso prima di tutto a sé stessi, e nel farlo ci invita a un gioco calmo, paziente e lucido, nel quale anche una mossa impercettibile può cambiare il corso della partita.