Prefazione di Roberto Saviano
La verità, in questo romanzo,
passa anzitutto attraverso la ribellione.
“Gli sparano cinque colpi alla testa. Tutti mirati alla nuca. Per ammazzarlo e per sfregiarlo.”
Roberto Saviano
Una storia di violenza e ribellione, al sole di Sicilia, al sole di una mafia arcaica come la terra su cui prospera. Turi, che lavora come uno schiavo per pagare i debiti contratti con un latifondista; Possano, il predicatore-profeta che come un oracolo dice antiche verità inaccettabili per i potenti; Michele, che alla miseria preferisce la via del brigantaggio; Alfio, che vive il dramma dell’emigrazione in Venezuela; e Stellina, la figlia di Turi, che vuole vincere la più grande battaglia, quella contro la malattia e la morte. Personaggi come icone di un tempo segnato dalla lotta dell’uomo contro la natura e contro l’altro uomo. Una storia che ha la forza primordiale dei miti, ma il bisogno di speranza degli uomini di oggi.
“Chi nasce al Sud sa bene che non tutti i modi di ammazzare sono uguali. Alle mafie non basta eliminare. Nella modalità della morte è siglata una precisa comunicazione. Giuseppe Fava, Pippo per chi lo conosceva, lo sfregiano sparandogli in testa quando si sta muovendo in una situazione che non c’entra nulla col suo lavoro. L’esecuzione di Pippo Fava gli uomini di Cosa Nostra la compiono il 5 gennaio del 1984, mentre sta andando al Teatro Verga a prendere sua nipote che aveva appena recitato in Pensaci Giacomino!, l’inno pirandelliano al nostro eterno Stato incapace. Ma la morte di Pippo Fava non termina con quegli spari. Non si esaurisce con quel singolo atto di violenza. La si stava preparando da tempo e sarebbe continuata per molto tempo ancora.”
Dalla Prefazione di Roberto Saviano
"I'll trade all my tomorrows for a single yesterday: cambierei tutti i miei domani per un solo ieri, come canta Janis Joplin." È forse proprio questo il tempo che vorrei.
Lorenzo non sa amare, o semplicemente non sa dimostrarlo. Per questo motivo si trova di fronte a due amori difficili da riconquistare, da ricostruire: con un padre che forse non c'è mai stato e con una lei che se n'è andata. Forse diventare grandi significa imparare ad amare e a perdonare, fare un lungo viaggio alla ricerca del tempo che abbiamo perso e che non abbiamo più. È il percorso che compie Lorenzo, un viaggio alla ricerca di se stesso e dei suoi sentimenti, quelli più autentici, quelli più profondi.
Il nuovo libro di Fabio Volo è anche il più sentito, il più vero, e la forza di questa sincerità viene fuori in ogni pagina. Ci si ritrova spesso a ridere in momenti di travolgente ironia. Ma soprattutto ci si ritrova emozionati, magari commossi, e stupiti di quanto la vita di Lorenzo assomigli a quella di ciascuno di noi.
Per Lorenzo, Leonardo è stato un padre affettuoso e insondabile. La sua verità gli è sempre sfuggita: o forse, ha sempre preferito non scoprirla, temendo di trovare in essa anche la propria. Ma la morte di Leonardo mette il figlio finalmente di fronte a una scelta decisiva: continuare a seguirne le tracce, conducendo una vita di impulsi e tradimenti, una vita destinata alla solitudine – o tentare finalmente un’autenticità limpida, faticosa, una coerenza negli affetti. In un’estate dei nostri anni spesa fra Roma e la Grecia, poche settimane in cui, come neanche il padre fece mai, nessuno sa o vuole dirgli tutta la verità, né le donne della sua vita, Sara e Carolina, né la madre Giovanna, elusiva e ferita, né la fragile sorella Martina, né Marco, l’amico tradito e rimpianto; in un’estate feroce in cui ciascuno è solo, eppure consegnato al desiderio, alla ricerca spasmodica, al bisogno insopprimibile dell’altro, e nulla è davvero come sembra; in questa estate definitiva, Lorenzo dovrà scoprire tutto insieme: chi era davvero suo padre? È ancora possibile amarsi? Che cosa c’impedisce di essere fino in fondo chi siamo?
“Un giorno incontriamo la persona giusta. Restiamo indifferenti, perché non l’abbiamo riconosciuta.”
Natalia Ginzburg
“Dal vaporetto pieno di gente bagnata di pioggia che tornava dal lavoro, osservavo, impastati nella nebbia, i palazzi e le luci di Venezia.”
Una chiocciola percorre in media 5-6 centimetri all’ora. Per fare il giro completo di Venezia impiegherebbe circa dieci anni.
È l’inverno del 1999.
Un vaporetto attraversa la laguna di Venezia. Camilla, diciottenne appena arrivata dal paese per studiare letteratura russa, nota tra la folla un ragazzo. Anche lui porta con sé una valigia, anche lui è appena arrivato. I due iniziano a guardarsi: lei è timida e finge di leggere un libro, Silvestro invece è sfacciato e nasconde la sua inesperienza dietro un’ingenua spavalderia. E quando il vaporetto attracca, decide di seguire Camilla per le calli nebbiose di un’isola della laguna. Così comincia un’avventura lunga dieci anni, che porterà i due ragazzi dalla Venezia quotidiana degli studenti fino alla straniante frenesia di Mosca, con i suoi teatri e le enormi strade trafficate. Camilla e Silvestro vivranno altre storie d’amore, si scriveranno, saranno coinquilini nella stessa casetta, ospiti a un matrimonio nella campagna russa e poi ancora passanti distratti nell’affollato mercato di Rialto. Saranno di volta in volta nemici, amici, conoscenti, innamorati, vicini o distanti.
Dieci inverni è una storia d’amore, o meglio il prologo di una storia d’amore, raccontata a due voci: ogni inverno è una finestra aperta a curiosare nella vita di due persone che non si perdono mai del tutto e intanto crescono, segnate dal difficile e splendido ingresso nell’età adulta.
San Benedetto del Tronto, vigilia di Natale del 1970: il peschereccio Rodi fa naufragio vicino al porto, sotto gli occhi della città. Le operazioni di recupero dei corpi tardano e in paese scoppia la rivolta. Inizia così un decennio di militanza che terminerà nel 1981, con il tragico rapimento di Roberto Peci, fratello del primo pentito delle Brigate Rosse. A ripercorrere le storie di quei ragazzi che sognavano la rivoluzione è Aldo Sciamanna in una lisergica notte passata nel carcere militare di Torino. Le loro sono vite destinate a scomparire, annichilite dalla violenza e dal più implacabile strumento di repressione dei primi anni Ottanta: l’eroina. È l’eroina che trasforma la Rotonda di San Benedetto da centro politico a ricettacolo di “appestati”, teatro di un’autodistruzione funzionale al potere. Così la quindicenne Mari assiste alla caduta, crudele e docile, di una generazione. In questo clima (recentemente definito da uno storico “glaciazione degli anni Ottanta”), solo la letteratura può ridare la parola a chi è disposto a farsi salvare.
Alternando i toni dissacratori e ironici di sempre a un incedere più amaramente assorto, Silvia Ballestra ci consegna un romanzo rivelatore delle troppe rimozioni della nostra storia recente, ricordandoci che è allora che l’Italia, fra silenzi e superficialità, ha imboccato la strada del declino.
Tutto cominciò quella notte.
La incontrai: fu amore al primo sguardo.
Lei era bella come mai bellezza vidi prima;
una luce interiore splendeva nei suoi occhi,
al di là di ogni possibile comprensione umana.
La lettera di un uomo che ha sperato per tutta la vita di vedere l’invisibile; Sofia è giovane sonnambula che di mestiere fa la spia, aggirandosi al mercato, tra uomini corrotti, uomini innamorati e un Presidente ricco e potente; Ginevra, dotata di un’immaginazione ipercreativa, deve sempre tenere a bada ciò che la sua mente crea per non incorrere in qualche guaio grosso; un uomo misterioso nasconde un segreto che richiede pazienza e curiosità; un bambino e la sua magliettina ingiallita; un medicinale miracoloso che può salvare molte vite e un amore assoluto che saprà affrontare ogni rischio. Personaggi e storie che dalla finzione si affacciano alla realtà. L’amore, il sogno, il sesso fulmineo, la libertà.
Un esordio narrativo che conferma il talento di un cantautore che ha saputo incantare pubblico e critica con la verità dei suoi testi. Spesso paragonato a Battisti e De Andrè, Francesco Tricarico racconta del mondo di oggi e dei giovani di oggi, sospesi tra la cruda e impietosa realtà e il sogno di una fuga, se non lontano,almeno nell’immaginazione.
Le piste dell'attentato è il romanzo d'esordio di Loriano Macchiavelli, e quindi quello in cui il popolare poliziotto protagonista - che da subito rivela caratteristiche che lo renderanno celebre, cioè caparbietà, spirito di contraddizione, indolenza e frenesia a fasi alterne - vive la sua prima avventura. Bologna, anni Settanta. Un attentato alla stazione radio dell'Esercito sui colli di Paderno e la morte di quattro militari fanno partire le indagini.
Fiori alla memoria è uno dei capolavori dell'autore. Un incendio doloso a Pieve, un paesino dell'Appennino tosco-emiliano, distrugge parte di un cantiere in cui si sta erigendo un monumento ai Caduti partigiani. Non solo: lí vicino viene trovato il cadavere di un giovane del paese. Delitto a sfondo politico? Chissà.
In Ombre sotto i portici siamo sempre a Bologna, anni Settanta. Imelde Scampini, tenutaria di uno dei piú rinomati bordelli della città, viene trovata cadavere. Che c'entrano quattro extraparlamentari di sinistra? Perché gli eredi raccontano tante bugie? E Sarti indaga.
Trame briose e convincenti, scenari precisi e godibili per questi tre classici del romanzo poliziesco italiano.
Gli strilli di un bambino infrangono l’atmosfera di un grande magazzino alla vigilia delle feste. E dall’enorme costume rosso di Babbo Natale riemerge Madut, il ragazzo del Sudan, l’uomo nero.
In fuga dalla sua terra in fiamme, figlio di una popolazione di pastori, i dinka, Madut è giunto attraverso strade insolite e rocambolesche fino a Roma, per trovare il suo angolo di quotidianità in una lavanderia a gettone. Nella Città Eterna di Madut sogni e speranze, risate e dolori, desideri e negazioni si mescolano, si incontrano, si scontrano. Storie di immigrati e di prostitute, di poliziotti e di preti, in un balletto di vite che va in scena sul palcoscenico di una metropoli dal volto bonario ma densa di insidie, soprattutto se hai la pelle di un altro colore.
Una voce poetica e forte, appassionata e suggestiva. Una riuscita alchimia di relazioni e personaggi che sa tratteggiare vicende straordinarie e minuscole, esistenze sospese tra passato e presente, tra qui e altrove, che si fondono e si confondono con quelle del nostro Paese. Tutte insieme, nella scatola che custodisce i calzini spaiati che Madut ritrova nei cestelli della sua lavanderia.
E venne il Giorno del Giudizio... racconti del vecchio pellegrino
di Oriano Granella.
Un manoscritto casualmente ritrovato negli archivi di un convento francescano, un anonimo pellegrino amico di monaci e frati, storie che tracciano il profilo di una terra, l’Anatolia, e riportano l’eco di quella mescolanza di memorie, di fedi, di umanità che è la Turchia odierna.
Finzione o realtà storica quella contenuta in questo libro? Forse i due aspetti convivono. L’importante è lasciarsi coinvolgere dalla narrazione, fatta di parole e di immagini. In compagnia del «vecchio pellegrino» ci addentriamo nelle fertili regioni della soleggiata Turchia, facciamo capolino nelle grotte della Cappadocia, ci aggiriamo estasiati tra i ruderi di antiche chiese, ci perdiamo nei vicoli brulicanti di vita delle moderne città.
«un universo sommerso eppure luminoso, quello che emerge da queste pagine; un esempio di come ciò che conta, nella vita di ogni uomo come nelle vicende di una chiesa, non è ciò che appare ma ciò che mette radici: può essere anche solo un Granello di senape, una lacrima di compassione, un sorriso di condivisione, una preghiera sussurrata»
(Enzo Bianchi)
punti forti
Un modo originale e coinvolgente di far conoscere la Turchia, culla del cristianesimo, sempre più meta di pellegrinaggi diocesani e non.
La fama dell’Autore. Il libro è pubblicato in coedizione con l’Associazione Eteria, che organizza pellegrinaggi in Turchia.
destinatari
Tutti coloro che, oltre alla Turchia fatta di belle spiagge e sole, vogliono conoscere una Turchia diversa.
l’autore Oriano Granella, frate cappuccino, è fondatore e presidente dell’Associazione Culturale Eteria e direttore della rivista Eteria, nata per valorizzare le memorie cristiane della Turchia. Dal maggio 2008 è Superiore Regolare dei cappuccini di Turchia. Per hobby anche fotografo. Con Paoline ha pubblicato: I racconti del Vecchio Pellegrino sulle vie dell’Anatolia (Milano 2004); Penelope l’Armena e altri racconti del Vecchio Pellegrino (Milano 2006); Guida alla Turchia (Milano 2008).
Il secondo volume delle inchieste di Montalbano. Il metodo del commissario più celebre d’Italia si affina: annusare, raccogliere, intuire, collegare, simpatizzare e antipatizzare.
La voce del violino
Una giovane che vive in periferia, un artista appartato, un assassinio. A collegarli, un prezioso violino, scopre Montalbano, la cui vita privata si complica e la cui tranquillità vacilla perché c’è una decisione da prendere.
La gita a Tindari
Un triplice omicidio è avvenuto: un dongiovanni che vive al di sopra dei suoi mezzi e due anziani. Montalbano indaga tra i vecchietti. Indimenticabile e leggendaria la galleria dei pensionati in gita al santuario.
L’odore della notte
«Sì, a seconda dell’ora la notte cangia odore». Un caso anomalo, in cui il cadavere spunta in un secondo tempo e Montalbano si intrufola non essendo titolare dell’inchiesta: la scomparsa di un finanziere truffatore che sembra uscito dalle cronache. Mentre Augello si sposa e il commissario si sente vecchio.
Oltre ai polizieschi con il commissario Montalbano protagonista, Camilleri ha pubblicato un gran numero di romanzi e opere varie, tra cui con questa casa editrice: La strage dimenticata (1984), La stagione della caccia (1992), La bolla di componenda (1993), Il birraio di Preston (1995), Un filo di fumo (1997), Il gioco della mosca (1997), La concessione del telefono (1998), Il corso delle cose (1998), Il re di Girgenti (2001), La presa di Macallè (2003), Privo di titolo (2005), Le pecore e il pastore (2007), Maruzza Musumeci (2007), Il casellante (2008), Il sonaglio (2009) e La rizzagliata (2009).
Questo «libro scritto dalle cose e da tutti», al suo apparire, nel 1955, fu un caso capace di infiammare il momento civile e politico. Perfino celebri personalità dell’intelligenza europea restarono subito colpite dall’azione di stimolo e denuncia di Danilo Dolci: Sartre, per esempio, o Bertrand Russel e l’Abbée Pierre. Dell’attività del «maestro della non violenza», Banditi a Partinico è insieme testimonianza e risultato. Il testo – qui ripubblicato nella veste ideata in origine, con le foto di Enzo Sellerio, poi espunte nella prima edizione per difficoltà tecnico-editoriali – si articola fondamentalmente in due parti. Le prima trenta pagine (la Relazione su Partinico) presentano i dati sociologici di una città della Sicilia anni Cinquanta del Novecento, Partinico – ma potrebbe essere un qualunque grosso centro agricolo isolano o meridionale. La seconda parte contiene le storie umane che popolavano la città raccolte dalla voce dei protagonisti, in prima persona, con le loro precise parole. E tra le due parti gioca una dinamica tale che i numeri paurosi della statistica vivono, si muovono in una loro danza macabra, nelle storie di fame, di follia e di ignoranza in una specie di coro drammatico alla storia d’Italia. Un mescolarsi di denuncia, di proposta e di azione concreta che offre l’immagine perfetta di cosa il maestro della nonviolenza intendesse con l’espressione «rivoluzione dal di dentro». Dolci avrebbe voluto che il titolo del volume fosse «Banditi» a Partinico per enfatizzare che con la parola intendeva non tanto i fuorilegge, che allora imperversavano nella zona, quanto un popolo intero messo al bando dallo stato e dalla legge: che insomma, in certe condizioni come quelle della cittadina siciliana, il passo tra essere poveri ed essere criminali era talmente breve e obbligato che solo uno stato colpevole poteva trattare la questione sociale come fosse una questione criminale. Bobbio scriveva nella prefazione: «Dopo aver letto queste pagine, ascoltate la risonanza sinistra o ironica che acquistano nel vostro animo parole come democrazia, giustizia, diritto, legge... Vorrei che si leggessero queste pagine come un commento, amaro e talora crudele, sempre spietatamente smascheratore delle belle frasi di cui la classe dirigente, politica e sacerdotale, riempie e decora i propri discorsi».
Danilo Dolci (Sesana, 1924-Trappeto, 1997), dopo l’esperienza di Nomadelfia, «la città dove la fraternità è legge», venne a Trappeto vicino a Trapani, iniziando un’instancabile attività di animazione sociale. Tra le sue opere: Inchiesta a Palermo (1957), Spreco (1960), La struttura maieutica e l’evolverci (1996). Con questa casa editrice, Racconti siciliani (2008).
"Non posseggo molte parole, ma queste poche sono mie, le ho ricevute, le vivo e riscrivo e solo la morte sigillerà il racconto. Ne faccio commercio, ne faccio dono."
Giovanni Lindo Ferretti ha smesso di fare il cantante e si è fatto cantore di un mondo residuale, antico, sfuggito al moderno. Quello montano, il suo.
Dall'esilio in quella terra di mezzo che è l'Appennino tosco-emiliano, Ferretti racconta le gesta nobili e quotidiane dei suoi avi e della comunità di Cerreto Alpi, montanari capaci di valore, dignità, lavori umili, buonumore, passioni forti e sempre decorose. Dalla capostipite sassalbina Maddalena fino a sua madre Eni, dallo zio Archimede, grande cacciatore di orsi in Alaska, alla tragica vicenda di Ezio Comparoni- Silvio D'Arzo e di sua madre Rosalinda.
Tante donne, molti uomini e moltissimi animali, ché la famiglia Ferretti ha campato da sempre di quello: pecore per i formaggi saporiti, cani per governarle e cavalli per viaggiare, fare la guerra o scoprire - come nel caso del suo destriero personale, il roano Tancredi - inattese forme di fedeltà fra esseri viventi.
Dopo il grande successo di Reduce, l'autore raccoglie in questo nuovo libro anche il suo pensiero su meraviglie (poche) e miserie (tante) dell'oggi: il rispetto della vita, la naturale accettazione del dolore, il disincanto per la politica, l'emozione del mistero della fede, il distacco da un contemporaneo che ha perso il contatto con le immutabili leggi di natura. Tutto questo e molto altro ancora con una prosa che ha punte di vibrante poesia, ritmata con cadenza ipnotica.