Nella sua cameretta, sulla parete sopra il letto, «era appeso l'acquerello di un fitto bosco con un sentiero serpeggiante che si perdeva nelle sue profondità»: e Martin aveva la precisa sensazione di esservi saltato dentro, una notte, esattamente come il protagonista della fiaba inglese che la madre gli leggeva da bambino. L'acuirsi insopportabile della sensibilità, l'attrazione magica e perentoria verso ciò che è lontano, proibito, vago - verso «qualsiasi cosa tanto indistinta da stimolare la sua fantasia a definirne i particolari» -, il richiamo dell'impresa valorosa e del fulgido martirio saranno per sempre il suo stemma araldico. «Martin è il più gentile, il più retto, il più commovente di tutti i miei giovani uomini» ha scritto Nabokov, aggiungendo anche, inoppugnabilmente, che Sonja, la civetta capricciosa e spietata che incanta Martin, «dovrebbe essere celebrata dagli esperti di sapienza e allettamenti erotici come la più attraente, seppure in modo singolare, fra tutte le mie giovani donne». E la ragione è chiara: Martin è uno di quegli esseri rari a cui solo dei sogni importa, e che - forse per vincere un'amara sottostima di sé o la devastante paura di non avere talento - devono realizzarli. Lo scopriremo seguendolo, esule della rivoluzione bolscevica, dalla Crimea alla Svizzera, da Cambridge a Berlino, sino all'incalzante finale: e quando, con una prodezza che è insieme un gioco di prestigio del mago Nabokov, Martin salterà di nuovo nel quadro della sua infanzia, rimarremo lì, su quel sentiero serpeggiante, soli, e in preda a una sottile malinconia.
Un'ironica meditazione sul destino e sul senso della fine, una critica feroce della Cina contemporanea, fra comunismo e ipercapitalismo. Yang Fei esce di casa una mattina e trova una nebbia fitta mista a una strana neve luminosa: è in ritardo per la sua cremazione. Inizia così il viaggio nell'Aldilà di un uomo vissuto, troppo brevemente, nella Cina del capitalismo socialista e delle sue aberranti contraddizioni. In un'avventura di sette giorni, il protagonista incontrerà persone care smarrite da tempo, imparando nuove cose di loro e di se stesso. Conoscenti e sconosciuti gli racconteranno, poi, la propria storia nell'inferno vero, l'Aldiquà: demolizioni forzate, corruzione, tangenti, feti buttati nel fiume come rifiuti, miriadi di poveracci che pullulano in bunker sotterranei come formiche, traffico di organi, consumismo sfrenato... La morte livella finalmente le diseguaglianze, svelando l'essenziale, e i cittadini di questa necropoli soave uscita dalla penna di Yu Hua ci insegnano tutta la semplicità dell'amore.
Dopo vent'anni, una donna torna da dove era scappata in seguito a una terribile disgrazia. Ma quella che torna è una donna diversa. La sua figura, gli occhi, persino la voce sono diversi. Neanche il suo nome è più lo stesso. La riconoscerà chi la amava all'epoca? Lui la riconoscerà? Mary Lohan, Marilé Lauría o María Elena Pujol - quella che è, quella che era, quella che è stata a volte - torna nei sobborghi di Buenos Aires dove vent'anni prima aveva una famiglia, fino a quando non decise di scappare. Ancora non capisce perché ha accettato di tornare a quel passato che si era riproposta di lasciarsi per sempre alle spalle. Però, mentre lo capisce, fra incontri attesi e rivelazioni inaspettate, comprenderà anche che a volte la vita non è né destino né casualità e che forse il suo ritorno non è altro che un piccolo colpo di fortuna.
Due fratelli crescono in un mondo che suona loro incomprensibile a loro che sono bambini e intollerabile agli adulti: la cittadina di Liuzhen è sconvolta dalla Rivoluzione culturale. La follia non ha limiti, ha un colore, però, il rosso delle bandiere, delle spillette di Mao e del sangue. Yu Hua racconta una storia palpitante che sgretola l'idea grigia di collettività come una massa indistinta, inscenando una commedia tutta cinese e una tragedia umana disarmante. Brothers è un mondo che travolge e risucchia, dove l'orrore più osceno si stempera nella risata più liberatoria e le passioni che fanno grandi gli uomini coesistono con le loro piccolezze. Il ruggito grandioso dell'oceano di notte, il trionfo incontenibile della primavera, un uomo e una donna che si amano teneramente. Una pazza che corre nuda nella campagna, un professore ucciso a bastonate e un disgraziato che spia il didietro delle donne. E due bambini, di fronte a questo mondo indecifrabile, stanno a guardare con il moccio al naso.
Manaka, ventitré anni, è cresciuta in una casa circondata da un grande giardino, a pochi passi dalla casa di Hiroshi che, dopo essere stato il compagno di giochi dell'infanzia e l'amico intimo dell'adolescenza, è diventato suo marito. La loro vita sembra procedere senza scosse fino alla morte del nonno di Hiroshi con cui il ragazzo ha sempre vissuto, dopo essere stato lasciato da entrambi i genitori che avevano deciso di far parte di una setta religiosa in America. Nel mettere a posto la casa del nonno, emergono particolari che gettano una luce sinistra sullo spirito della setta e che spiegano le angosce da cui Hiroshi è talvolta sovrastato.
Sei racconti intorno al tempo, alla guarigione, al destino, al fato, immersi in una Tokyo sfolgorante di luci notturne e pulsante di vita. I protagonisti sono accomunati dalla stessa sorte: tutti in qualche modo feriti si sono chiusi in un guscio che li protegge, ma contemporaneamente li separa dal mondo, impedendo loro di agire e di interagire con gli altri. Ma sensazioni dimenticate si affacciano alla memoria, la vita, prima paralizzata, ricomincia a scorrere rivelando la catartica necessità di entrare finalmente in azione e di fare i conti con il passato. È alle soglie di questa trasformazione che lo sguardo di Banana Yoshimoto si posa sui suoi enigmatici personaggi per raccontarne il disagio, l'angoscia, la liberazione.
Seguito incompiuto de «Il Profeta», capolavoro riconosciuto di Gibran, «Il giardino del Profeta» fu pubblicato postumo nel 1932. Gibran vi lavorò fino al giorno precedente la sua morte, avvenuta a New York il 10 aprile 1931. «Il giardino del Profeta» ha come argomento il rapporto tra l'uomo e la natura, ed esprime in particolare il desiderio che Gibran aveva di dissolversi e congiungersi in essa. Almustafà, l'eletto e l'amato, in cui Gibran adombra se stesso, ritorna alla propria terra natale (il Libano) dopo dodici anni di esilio nella città di Orfalese (New York). E come alla partenza, esaudendo le richieste del popolo, aveva pronunciato i sermoni sugli aspetti principali della vita dell'uomo, così al ritorno in patria egli si rivolge alla propria gente e ai nove che si sono eletti suoi discepoli: nel medesimo ruolo di chirurgo d'anime e con lo stesso tono del dispensiere di saggezza sociale, Almustafà-Gibran sermona ancora sulla vita e sul desiderio, sulle cose inanimate e sul tempo, su Dio e sull'esistenza. Prefazione di Maurizio Clementi.
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di Kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.
«Perché avete usurpato il ruolo degli dèi che in altri tempi guidarono la condotta degli uomini, senza arrecare conforti soprannaturali, ma soltanto la terapia dell'irrazionale. Perché il vostro centravanti vi fa gestire vittorie e sconfitte dalla comoda poltrona di cesari minori: il centravanti verrà ucciso all'imbrunire». Per tutelare l'incolumità della star calcistica dal delirio di un folle, il presidente della società chiama in suo aiuto Pepe Carvalho, che si vede così costretto in una nuova avventura barcellonese, in una città sconvolta dai lavori e dalle speculazioni per i Giochi Olimpici del 1992.
Fuggito dalla Germania nazista nel 1934, Erich Dalburg si è stabilito a Londra ed è diventato Eric Devon, un perfetto gentleman inglese di cui nessuno, tranne la moglie Nora, conosce le vere origini. Dietro l'apparenza di una vita appagante, però, il dolore e il senso di colpa per aver sepolto il passato e reciso ogni legame con la famiglia di origine lo tormentano segretamente, finché, nel 1956, rientrando in piroscafo da un viaggio in Brasile, la convivenza forzata con il petulante Herr Grubach, fiero all'eccesso del proprio paese e della sua rinascita, e l'incontro con una giovane americana lo costringono a uscire allo scoperto. È il primo passo per riappropriarsi di un'identità e di una lingua che credeva perdute e tornare alla vita. Mesi dopo, a Berlino, sua città natale - fra macerie, vuoti, nuove barriere, ma anche nel fervore della ricostruzione - Erich assiste al graduale, sorprendente disvelarsi di quanto accadde davvero ai suoi cari. Costretto infine a riconoscere i propri errori, è pronto a chiedersi se in quella patria ritrovata non ci sia forse ancora posto per lui e per quelli della sua generazione, ai quali i più giovani avranno il diritto di porre le loro scomode domande.
Anna e Marina non si vedono da molti, troppi anni. Inseparabili per tutta l'infanzia trascorsa sulle spiagge assolate di Mallorca, si sono allontanate sempre più. Anna, la sorella maggiore, bionda e delicata, è rimasta sull'isola, intrappolata in un matrimonio infelice; Marina, il maschiaccio di famiglia, ha fatto del mondo la sua casa e vive dove la porta il suo lavoro per Medici senza Frontiere. Quando scoprono di aver ereditato un mulino con tanto di panetteria annessa, le due sorelle non vedono l'ora di sbarazzarsene e andare avanti con le loro vite. Ma al momento di firmare il contratto di vendita della proprietà, Marina ha un ripensamento. Le circostanze e le motivazioni che si celano dietro la donazione sono troppo misteriose per poter essere ignorate: chi era María Dolores? Che legame aveva con loro quella donna? Grazie alla panetteria e alle antiche ricette di famiglia, Marina, Anna e sua figlia Anita troveranno la forza di perdonare gli errori del passato e affrontare il difficile futuro che le attende. Sullo sfondo incantato di Mallorca, una storia di amicizia tutta al femminile tra inconfessabili segreti di famiglia e il coraggio di realizzare i propri desideri.
Il villaggio di Halimunda, nel cuore dell'isola di Giava, incanta da sempre abitanti e forestieri con le sue storie. Dalla principessa Rengganis, che sposò un cane perché nessun uomo era degno di lei, a Ma lyang, che volò via da una rupe anziché rassegnarsi a un'esistenza infelice, una moltitudine di anime bizzarre e tormentate ha popolato la comunità di pescatori nel corso dei secoli. L'ultima erede di questa genia di figure prodigiose è Dewi Ayu, la prostituta più richiesta del bordello di Marna Kalong, madre di quattro irresistibili figlie. Le loro vicende di passione e dolore, lusinghe e violenza, si intrecciano alla storia dell'Indonesia del Novecento: all'avidità del colonialismo europeo e alla ferocia dell'occupazione giapponese, al sangue della rivoluzione comunista e alla brutalità della dittatura. Eka Kurniawan dà forma a una saga caleidoscopica, ricca di magia, che è al tempo stesso il ritratto di un paese affascinante e una lucida e accorata lezione d'amore.