"Una storia semplice" è una storia complicatissima, un giallo siciliano, con sfondo di mafia e droga. Eppure mai - ed è un vero tour de force - l'autore si trova costretto a nominare sia l'una sia l'altra parola. Tutto comincia con una telefonata alla polizia, con un messaggio troncato, con un apparente suicidio. E subito, come se assistessimo alla crescita accelerata di un fiore, la storia si espande, si dilata, si aggroviglia, senza lasciarci neppure l'opportunità di riflettere. Davanti alla proliferazione dei fatti, non solo noi lettori ma anche l'unico personaggio che nel romanzo ricerca la verità, un brigadiere, siamo chiamati a far agire nel tempo minimo i nostri riflessi - un tempo che può ridursi, come in una memorabile scena del romanzo, a una frazione di secondo. È forse questo l'estremo azzardo concesso a chi vuole "ancora una volta scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia".
Scritto nel 1937, Il peso falso appartiene, come La leggenda del santo bevitore, al periodo ultimo di Roth, nel quale i suoi scritti, pur mantenendo intatto l’impianto realistico, sembrano naturalmente riferirsi, in trasparenza, a un significato ulteriore. Così questa storia di un verificatore dei pesi e delle misure che si trova a scoprire che attorno a lui tutti i pesi sono falsi diventa un apologo sui temi perenni della giustizia, della passione e della colpa. Ma, soprattutto, in queste pagine uno sguardo chiaroveggente sembra posarsi sullo schiudersi di un mondo dove la falsificazione è la normalità stessa.