«Il giorno in cui ebbi in mano il copione de La terra non sarà distrutta e lo ebbi letto, fui colto dapprima da sgomento per la potenza della tematica affrontata e, quindi, da smarrimento di fronte ad un testo ove diversi tipi di linguaggio si intersecavano (da quello squisitamente teatrale, a quello cinematografico e infine a quello solenne e disteso della poesia religiosa); ma insieme, quasi a contrappunto e a sfida, fui solleticato dalla lusinga di realizzare uno spettacolo tutto da inventare.»
(testimonianza del regista della prima rappresentazione nel 1962, Gianni Gregoricchio)
«Ricordo una immediata felicità interpretativa – cosa che a teatro capita molto raramente – che faceva sì che io mi sentissi... protetto dal ruolo, perché percepivo dentro quelle parole una sorta di palpito indefinibile ma rassicurante. Chiaro, La passione di san Lorenzo racconta di conflitti, sofferenze, difficoltà, angosce, ma è percorsa da una grande serenità, ed è proprio questo che io sentivo, come se mentre dicevo e recitavo quelle battute ci fosse dietro di me una specie di grande mano protettrice. Un testo poetico, insomma, con una grande anima, pro­fondamente sentito, motivato...»
(testimonianza di Egisto Marcucci, attore)
"Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini": così l'arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini salutava padre David Maria Turoldo celebrandone il funerale l'8 febbraio 1992, restituendo in pochi tratti un'esistenza cristiana tra le più intense del Novecento italiano, spesa per la salvezza de "L'Uomo" - nome emblematico di una testata promossa in gioventù -, e volta alla penetrazione del silenzio di Dio. Nella Milano della Resistenza e del dopoguerra, nella Firenze di Giorgio La Pira, a Sotto il Monte - terra di Giovanni XXII - negli anni precedenti e successivi al Concilio Vaticano II, dentro e fuori i canoni dell'Ordine dei Servi di Maria a cui con convinzione appartenne, Turoldo diede corpo e voce alle aspirazioni di rinascita religiosa, civile, sociale della sua generazione, guadagnando consensi e suscitando dissensi. Le censure e le sanzioni in cui incorse per via gerarchica non gli impedirono - consolato da una vena poetica che si completò negli anni con una fertile ispirazione di traduttore dei Salmi e creatore di inni per la liturgia - di esprimere in molteplici forme comunicative le domande di libertà, giustizia, pace, che animavano gli scenari e le coscienze del suo tempo.
Meditazioni antoniane di David Maria Turoldo proclamate nel lontano 1965, nella Basilica del Santo, a Padova, in occasione della tradizionale Tredicina, cioè i giorni precedenti la festa del 13 giugno. Una parola, la sua, integra e tagliente: riascoltata ora, a cinquant'anni di distanza, non ha perso forza e verità. Pensieri sempre nuovi capaci di viaggiare nel tempo con estrema vitalità, poesia e audacia.
Scritto due anni prima della morte, Anche Dio è infelice è una delle opere più sentite e intense di padre David Maria Turoldo. Una fervida contraddizione fa da sottofondo a questo ricchissimo libro. Da un lato, il canto di gloria a Dio ("Dio d'amore, o fonte di gioia, vogliamo offrirti un inno di grazia"); dall'altro, il sentimento penitenziale, l'umiltà, l'invocazione al silenzio. (Le pagine sul silenzio di Gesù nei primi trent'anni della sua vita hanno una straordinaria vibrazione poetica). Da un lato l'illusione umana di "raggiungere l'infinito", anche con "le parole più grosse e sonanti"; dall'altro la consapevolezza che Cristo è "premuroso di non tradire l'infinito". Da un lato, in sintesi, l'entusiasmo e la gioia della riconoscenza; dall'altro, l'umiltà di quella riconoscenza. (Geno Pampaloni)
"Sperare è più difficile che credere" era solito ripetere padre David Maria Turoldo a chi faticava sulla strada della ricerca religiosa. Poteva permettersi di dirlo, perché lui. sempre inquieto e insoddisfatto, "sempre a sognare i grandi sogni di umanità e giustizia", in realtà aveva una fede incrollabile: in Cristo e nell'uomo. È quanto emerge dalle brevi ma intense riflessioni raccolte in questo volume, che ci ripropongono, di Turoldo, la fiammeggiante capacità di attualizzare la parola di Dio, dare mordente al messaggio biblico, mettere in guardia contro ogni genere di rozza e subdola idolatria. Per padre David il Crocifisso non rappresenta solo il mistero di una salvezza eterna, non è soltanto l'immagine di un Dio rifiutato: è, prima di tutto, l'idea di uomo che il mondo non riesce ad accettare e che perciò emargina e uccide; e l'uomo non è soltanto colui che per orgoglio, per il costante desiderio di sopraffare, si perde nel "grumo nero della storia": è, prima di tutto, fattore di evoluzione, poiché a lui, e alla sua intelligenza, il mondo intero è affidato.
Turoldo e Balducci sono stati amici in vita e, per così dire, anche in morte (a poco più di due mesi di distanza l'uno dall'altro). Perciò è giusto e bello ricordarli assieme, narrando la loro vita, la loro attività, le loro pubblicazioni. È' quanto hanno fatto, brevemente ma intensamente, i due narratori di questo libretto, discepoli e anch'essi amici, dei due testimoni e maestri.
Questo libro raccoglie alcune riflessioni che si sono susseguite negli anni, nella Memoria di P. David Maria Turoldo in occasione dell'anniversario della morte avvenuta il 6 Febbraio 1992. Un intero popolo si raduna ogni anno per custodire la memoria del poeta e profeta friulano.
David Maria Turoldo (Coderno [Friuli] 22 novembre 1916 Milano, 6 febbraio 1992) fu predicatore, liturgista, poeta, iniziatore di attività editoriali, scrittore prolifico, polemista, religioso esemplare ma controverso, resistente e molto altro ancora. Provare a riassumerne la complessa personalità, i molteplici e talvolta contradditori interessi, le straordinarie aperture e le repentine chiusure in un unico volume appare un’impresa affascinante, ma complessa. Molti furono, infatti, le avventure umane, politiche e culturali cui il servita prese parte. Dalla giovanile adesione alla Resistenza al sodalizio con «L’Uomo», fino alla stagione del convento di San Carlo e della Corsia dei Servi, un’esperienza nella quale Turoldo si reinventò promotore di progetti editoriali e organizzatore culturale.Anche dopo l’esilio da Milano,Turoldo continuò instancabilmente la sua azione, attraverso la frequentazione della Firenze di La Pira, l’epopea di Sotto il Monte, l’assidua presenza su periodici e quotidiani nazionali, l’inesausta campagna per la pace e contro il ricorso alla guerra, portata avanti sino al 1991, nell’imminenza della morte, in occasione della prima crisi del Golfo.
Gli anni 1955-1964 della vita di Turoldo, tra l’allontanamento da Milano e l’approdo a Sotto il Monte non hanno, in generale, riscosso una grande attenzione da parte degli osservatori. In questo saggio essi, e soprattutto il soggiorno fiorentino, diventano invece particolarmente importanti nel determinare l’apertura diTuroldo alle tematiche internazionali.
COMMENTO: Le venti poesie più importanti di Turoldo commentate da grandi personalità che l'hanno conosciuto e amato, musicate dal maestro Domenico Clapasson, a lungo collaboratore musicale di Turoldo, e con la voce recitante dell'attore Luciano Bertoli, già conosciuto per le sue esperienze turoldiane.
TESTI Maria Cristina Bartolomei, Enzo Bianchi, Giovanni Bianchi, Nicolino Borgo, Sebastiano Borriero, Giacomo Canobbio, Loris Capovilla, Gabriella Caramore, Luigi Ciotti, Maurizio Cucchi, Espedito d’Agostini, Paolo De Benedetti, Bruno Forte, Pietro Gibellini, Franca Grisoni, Raniero La Valle, Silvano Maggiani, Arnoldo Mosca Mondadori, Moni Ovadia, Gianfranco Ravasi, Ermes Ronchi, Angel Ruiz Garnica, Renzo Salvi, Pierangelo Sequeri, Dionigi Tettamanzi.
MUSICHE Domenico Clapasson, eseguite da Ensemble Soledad Sonora
ATTORE Luciano Bertoli
I poveri sono stati la causa della mia vocazione, i poveri sono il contenuto della mia fede, fonte di ispirazione della mia poesia e della mia predicazione. Per loro mi san fatto "voce"; sempre a sognare i grandi sogni di umanità e giustizia.
Il libretto raccoglie una sorta di "elogio" delle "cose" e del tempo della povertà
vissuto negli anni dell'infanzia da David Maria Turoldo in terra friulana. Nessuna tonalità nostalgica, ma una rivisitazione intensa di emozione di volti, di scene, di silenzi e di scarne parole, di odori e profumi, e sapori. Una rivisitazione che ripropone quella radice mai spenta in Turoldo, che ha continuato ad alimentare con la sua linfa, con la sua proposta di umanità dignitosa e cosciente il pensiero e l'atteggiamento esistenziale del padre David, la sua "profezia" talora sferzante ma ricca di pietà fino alla tenerezza. Con lui, tramite il suo vivo racconto, entriamo nella vecchia casa, affumicata e dove però ancora si condensa un amore rugoso e resistente, più eloquente delle rare parole, fatto gesto di puro dono, liturgia di una familiarità rigenerativa.
Questo Salterio è per tutti gli uomini che amano la poesia, e che riflettono sul mistero dell'esistere e del morire. Per questo motivo la versione, frutto della lunghissima compagnia del poeta David M. Turoldo con il libro dei Salmi, cerca di tendere la lingua italiana alla sua massima potenza espressiva per farle rendere lo splendore di una lingua così lontana com'è l'ebraico antico. Così, accanto al poeta, ha vegliato uno studioso della Bibbia, Gianfranco Ravasi, specialista proprio del Salterio. Oltre a sciogliere nel suo commento i segreti letterari e storici, e a tratteggiare il movimento poetico e spirituale di ogni salmo, Ravasi ha offerto al poeta tutta la tavolozza dei colori orientali nascosti in quelle parole antiche, tutte le costellazioni dei simboli, delle immagini, delle allusioni, perché nella penna del poeta rifiorissero in colori, simboli ed echi della lingua vicina all'uomo di oggi.