Queste parole saranno nel tuo cuore e le ripeterai ai tuoi figliLa parola scelta per indicare la preghiera che contraddistingue, forse più di ogni altra, la fedeltà del popolo ebraico al suo Signore, è: Shema‘, «Ascolta».
Confrontarsi con lo Shema‘ significa perciò rapportarsi con l’«Ascolto d’Israele», che va compreso come una concreta disposizione da parte del popolo ebraico a udire e a mettere in pratica la parola a lui rivolta dal Signore, ma anche come un invito, indirizzato a chi non fa direttamente parte d’Israele, a porgere l’orecchio a una voce che giunge a lui perché trasmessagli dalla «stirpe di Abramo».
Elia Kopciowski (1921-2002) è nato a Roma, dove ha compiuto gli studi rabbinici completati poi in Israele. Ha insegnato Bibbia, lingua, letteratura e pensiero ebraico nei Licei delle Scuole Ebraiche milanesi, nei quali è stato successivamente designato responsabile del settore ebraico. Ha ricoperto la Cattedra rabbinica a Trieste ed è stato Rabbino capo della comunità ebraica di Milano, è stato inoltre presidente del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia. Ha collaborato attivamente al dialogo interreligioso e ha partecipato a numerose sessioni di formazione del Segretariato per le Attività Ecumeniche e ai Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli.
Che cosa significa "fare le orecchie alla Torà"? Fra le molte metafore con cui un noto midrash loda l'opera dell'ermeneuta, c'è quella di un pentolone bollente che non si può maneggiare finché qualcuno non gli fa un paio di maniglie, che in ebraico si dicono oznayim, come le orecchie. Ma il Midrash fa anche qualcosa di più: rende quel Libro non solo leggibile e intelligibile, ma anche intelligente; non solo fruibile (con le maniglie), ma anche capace di ascolto (con le orecchie). E infatti midrash significa innanzitutto interrogazione e domanda, sollecitazione, provocazione e ricerca di un senso che si rinnova e non si esaurisce.
"Forse il miglior modo per farsi un'idea di quest'opera consiste nel considerare che non esiste nessun altro libro come il Talmùd, in nessuna letteratura. Si può affermare che la maggior parte del Talmùd è composta da discussioni sulla legge ebraica. E, dal momento che la legge ebraica abbraccia pressoché ogni aspetto della vita, queste discussioni sono altrettanto sfaccettate. Il Talmùd non pretende di essere un'enciclopedia, tuttavia si occupa di tutto, dall'astrologia alla zoologia, dalla medicina all'economia, così come tratta di demoni e di angeli. Il suo stile è conciso, fino a risultare criptico." (dalla Prefazione di A. Steinsaltz)
Le due tradizioni ebraica e cristiana a confronto sul tema dell'apertura all'"Altro" e sul concetto di identità.
Nell’ambito della fenomenologia religiosa la mistica ebraica ha una singolare collocazione non solo per la vasta durata del suo percorso (dal sec. VI a.C. ai nostri giorni), ma soprattutto per il suo caratteristico approccio con l’esperienza religiosa. Il misticismo ebraico è sorto infatti sia dal bisogno di trovare una giustificazione alle tragedie che di frequente si sono abbattute sul popolo d’Israele (esili, deportazioni, persecuzioni…), sia dalla necessità di attualizzare i contenuti della Scrittura. Attraverso una ricca articolazione interna, il volume documenta il percorso del pensiero ebraico (300 paragrafi tematici) nella complessità dell’esistere, che trova le strutture di unità in cinque temi-forza: il mondo divino, la creazione, gli angeli e i demoni, l’uomo, Israele.
Note sul curatore
Gabriele Burrini, giornalista professionista e scrittore di formazione orientalistica, si è laureato presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli con una tesi sul Profilo storico degli studi sul camito-semitico, pubblicata dagli Annali dell’IUO. nel 1978-1979. È socio dell’IsIAO di Roma. Ha pubblicato: Dionigi Areopagita. Gerarchie celesti, traduzione dal greco, introduzione e note, Tilopa, Roma 1981; Il cappellaio di Urmak. Racconti di redenzione, Edilibri, Milano 2001; L’angelo dei nuovi tempi. Oriente e Occidente verso la spiritualità futura, Edilibri, Milano 2003; con L. Meazza, La filosofia indiana, Xenia, Milano 1994; con A. Gallerano, L’antroposofia, Xenia, Milano 1996; sempre con A. Gallerano, Padre nostro che sei nei cieli. Le più grandi preghiere di tutti i tempi e di tutti i paesi, prefazione di G. Filoramo, Bompiani, Milano 1998; Pagine d’amor platonico, Edilibri, Milano 2002; inoltre i saggi “Un sodalizio di poeti. I rapporti fra Edouard Schuré e Angelo De Gubernatis”, in Studi in onore di A. De Gubernatis, vol. I, a cura di M. Taddei, Istituto Universitario Orientale, Napoli 1995, pp. 115-156; e “Il buddhismo e la scienza dello spirito”, in R. Steiner, Buddha, Ed. Antroposofica, Milano 1996.
Naso adunco, capelli ricci neri, bassa statura, barba folta, lunghi boccoli... la figura dell'ebreo, dalle caratteristiche fisiche volutamente accentuate fino alla caricatura da una precisa e martellante iconografia cristiana, è divenuta nel corso del tempo stereotipo di avarizia e di doppiezza malvagia. Bernhard Blumenkranz usa l'arte cristiana medievale come uno specchio in cui si riflette questo ebreo stereotipato, per ricostruire genesi e sviluppi dell'antisemitismo cristiano. Il libro è un viaggio attraverso la mentalità medievale espressa con una ricchissima documentazione iconografica.
"E venne la notte" è la storia di una presa di coscienza, quella di un bambino ebreo in un paese arabo che, travolto da una improvvisa guerra, riesce a comprendere il tegame fra la propria esperienza e la memoria storica della sua famiglia, a trasformare una drammatica vicenda personale in una preziosa lettura del mondo e della natura umana. Ma è la stessa storia della sua famiglia, cacciata nel 1490 dalla Spagna della Santa Inquisizione e condannata a vagare per l'Europa fino all'approdo in Africa nel 1900, a ben rappresentare il desiderio e il dono di una cultura non rassegnata a difendere la propria specificità a discapito dell'apertura verso l'altro e verso il mondo.
Nel 1492, con la cacciata degli ebrei dalla Spagna per opera dei re cattolici Isabella e Ferdinando, ha inizio la vicenda dei "nuovi cristiani" della penisola iberica. Gli ebrei fuggiti in Portogallo sono convertiti a forza al Cristianesimo e perseguitati dall'Inquisizione. In alcuni casi, sinceramente convertiti, vengono torturati dai loro stessi nuovi correligionari; ma quasi sempre vivono, tra l'incubo del Sant'Uffizio e l'ostracismo della maggioranza, da veri artisti del compromesso, nel segreto delle famiglie, la tradizione, la cultura e la fede dei padri.
Il contenuto del volume presenta il cammino interiore percorso da C. Vigée; una meditazione, insieme poetica e saggistica, fondata sulla sua interpretazione della Rivelazione biblica, in modo particolare nel gioco mistico ebraico che è la Qabbalah.Ogni capitolo è un "prezioso" di cultura, di sapienza e di attualità. Il volume è suddiviso in due parti. Nella seconda parte l'autore valorizza scritti datati che documentano le sue riflessioni e la convinzione che non si può più restare arroccati su posizioni contrapposte, occorre che ebrei e cristiani lavorino insieme per non protrarre questa situazione che offende il comandamento di Dio "Non uccidere".