Ogni anno, dall'Italia, migliaia di visitatori raggiungono il lager di Auschwitz; per lo più gruppi di studenti e di insegnanti, ma anche famiglie e singole persone. Dal 1959 il loro numero cresce continuamente, nonostante sia trascorso ormai più di mezzo secolo dalla sua liberazione. Chi si reca a Oswiecim (Polonia), visita il lager di Auschwitz, che ha sede nel campo base, e poi raggiunge Birkenau, il campo poco distante, spesso non riesce a capire come funzionava questo immenso centro di sterminio e di afflizione. Intorno a questo luogo memoriale immerso in un grande e profondo silenzio che lascia esterrefatti, la vita scorre e la città come i suoi abitanti cercano di mostrarsi per quello che sono oggi, senza riuscire a risolvere (ma si potrà mai?) il conflitto tra il presente e un passato che non passa. Per capire occorre arrivare a Oswiecim preparati e informati, ma poi, sul luogo che tra il 1940 e il 1945 vide morire più di un milione di ebrei e fu il lager del martirio di un'Europa soggiogata dalla scure nazista, gli occhi guardano ciò che rimane senza troppo comprendere. Auschwitz è una guida ricca di informazioni, fotografie e mappe, di suggerimenti puntuali per aiutare il visitatore a entrare in ciò che resta oggi di questo terribile passato, un utile strumento per cominciare a ricostruire la storia del complesso concentrazionario e a rivivere con l'immaginazione i frammenti di vita quotidiana di molti dei deportati ebrei e non che vissero in questo luogo.
Chi furono i combattenti più silenziosi e dimenticati della Prima guerra mondiale? A questa domanda chiunque risponderebbe - i soldati dell'Intesa e degli Imperi centrali costretti a stanziare mesi e mesi nelle trincee, in un logorante conflitto di posizione morti a migliaia per conquistare alla Patria' qualche metro di terra. Tale risposta, per quanto corretta, non tiene però conto di una vera e propria armata "silenziosa" (e perciò dimenticata) che pure ebbe una parte fondamentale nel conflitto: gli animali. Perché l'uomo non ha combattuto da solo nella Grande guerra: ancora limitato tecnologicamente e nei mezzi di trasporto e di comunicazione, si è servito di migliaia di cani, muli, piccioni, ma anche buoi, maiali, gatti, canarini. Folco Quilici per la prima volta rende merito a tutti questi fondamentali compagni, in pagine insieme sorprendenti e intense, che mescolano la ricerca storica con i ricordi tramandati da quanti combatterono sui vari fronti, a partire da quelli di suo padre, Nello Quilici, capitano d'artiglieria, e di tanti suoi amici e conoscenti che presero parte al drammatico conflitto. Riemergono così dalla memoria le avventure di cavalli e di muli ("gli amici degli Alpini"), che trasportarono i cannoni e le provviste per i soldati inerpicandosi fino alle più alte quote, in paesaggi impervi che solo loro erano in grado di ripercorrere più e più volte, spesso anche al buio; dei tanti cani impegnati nella ricerca dei feriti...
Il più importante trattato di falconeria di tutti i tempi, una straordinaria opera naturalistica maturata nell'ambito della grande tradizione scientifica che fiorì alla corte normanna di Palermo, crocevia di culture diverse. Federico II osserva, classifica, descrive "le meravigliose operazioni che la provvida natura" ha compiuto nel dar forma agli animali aprendo, anche e soprattutto al lettore moderno, una finestra inedita sull'ambiente naturale e sull'avifauna del nostro Mezzogiorno, in particolare della Puglia, luogo privilegiato delle sue avventure di caccia e delle sue osservazioni.
Immigrazione, guerre, terrorismo e crisi dell'Europa sembrano oggi problemi insormontabili. Di fronte a queste sfide, gli italiani appaiono incerti tra ripresa di un forte progetto comune e rassegnazione al declino. Dopo la Seconda guerra mondiale, sulle rovine lasciate dal fascismo, dal disastro bellico, dal crollo politico-istituzionale, la Repubblica italiana nasceva sulla spinta di un fortissimo slancio ricostruttivo, cui contribuì anche un inedito coinvolgimento della Chiesa. Nonostante lo scontro fortissimo tra comunismo e anticomunismo, la democrazia consensuale della Prima repubblica, ha poi unito gli italiani di fronte alla sfida di un cambiamento economico-sociale rapidissimo. Il tramonto della 'Repubblica dei partiti' con Craxi e Andreotti - e il bipolarismo iperconflittuale della Seconda hanno rispecchiato invece divisioni e impotenza davanti a problemi come debito pubblico e rallentamento dell'economia. Al nuovo ordine economico post-bellico imperniato sugli Stati Uniti è poi subentrata, a partire dagli anni settanta, una globalizzazione che ha cambiato le società occidentali, travolto il blocco sovietico e imposto un 'nuovo disordine mondiale'. In queste ultime trasformazioni si radicano anche la crisi della democrazia rappresentativa, la fine dei partiti di massa e il tramonto di classi dirigenti in grado di rappresentare i popoli e governare gli Stati. Alle origini del nostro presente, insomma, c'è la trama profonda della storia repubblicana.
Watteau e Manet con due loro famosi quadri, "L'insegna di Gersaint" e "Il balcone", ci mettono sotto gli occhi il mutamento fondamentale che ha luogo tra XVIII e XIX secolo nella cultura europea. Nel Settecento le nobildonne godono di molte libertà, sessuali, intellettuali e politiche. Una parte influente della più qualificata cultura d'opposizione (con Jean-Jacques Rousseau in testa) scatena un durissimo attacco contro queste libertà, direttamente collegato all'attacco politico contro i nobili e i sovrani. Il nuovo mondo che esce dall'esperienza della Rivoluzione fa tesoro di questa elaborazione, e di conseguenza mette le donne 'al loro posto': 'angeli del focolare', chiuse nella loro prigione domestica, questo sono le nipoti ottocentesche delle gentildonne di ancién régime, di cui non hanno più né le libertà sessuali, né quelle intellettuali, né quelle politiche. Per questo si può dire che la nuova società, nata dalla Rivoluzione, non viene costruita tanto senza le donne, ma piuttosto contro le donne. E così, nell'Ottocento borghese, il potere maschile trionfa. È un potere moralisticamente severo. E tuttavia è anche un potere pronto ad abbandonarsi a fantasie di dominio sessuale: è ciò che ci viene documentato dalla pittura di nudo, molto di moda per tutto l'Ottocento, e tutta concentrata sulle nudità di donne giovani e attraenti.
Oggi quasi tutti gli Stati, i partiti, i movimenti politici si dichiarano democratici. Abraham Lincoln definì la democrazia "il governo del popolo, dal popolo, per il popolo". Nelle democrazie del nostro tempo le cose stanno proprio così? Sembra ormai che il popolo faccia da comparsa in una democrazia recitativa: entra in scena solo al momento del voto. Poi, nella realtà, prevalgono le oligarchie di governo e di partito, la corruzione nella classe politica, la demagogia dei capi, l'apatia dei cittadini, la manipolazione dell'opinione pubblica, la degradazione della cultura politica ad annunci pubblicitari. E se nelle democrazie attuali questi fossero tratti non contingenti ma congeniti?
Questo libro è una storia dell'Italia repubblicana in cui si ricostruiscono sincronicamente gli aspetti istituzionali, politici ed economici del processo che ha portato all'attuale situazione del paese. Al volgere di un ciclo storico, Piero Craveri ripercorre, partendo dalla Costituente, il cammino di rapida ascesa economica dell'Italia per cogliere i fattori del suo mancato consolidamento e del suo lento e inesorabile declino. Le responsabilità di una classe dirigente rimasta troppo arretrata per guidare un paese industriale, il sovrapporsi dei partiti all'attività dell'esecutivo e del Parlamento, un malinteso primato della politica sull'economia di mercato, sono solo alcune delle cause che emergono dall'analisi delle vicende repubblicane. Dalla sconfitta di De Gasperi alla difficile congiuntura del 1963-64, dalla crisi degli anni settanta alle occasioni mancate del decennio successivo, con Craxi, al superamento della seconda Repubblica, Craveri fa notare come, ben lungi dall'essere solo una questione economica, la posta in gioco di questa mancata "evoluzione" è la stabilità della democrazia. I principi che furono messi a fondamento dello Stato unitario sembrano venir meno e, al di là delle celebrazioni ufficiali, la Repubblica non ha saputo rinnovarli. Anche l'idea di Europa, che nel secondo dopoguerra ne è stata idealmente una prosecuzione, sembra dileguarsi. In questo scenario, dove sono le stesse istituzioni democratiche a essere messe in discussione in Occidente.
"Nel momento del suo maggiore successo il partito nazista aveva conquistato il 44% dell'elettorato. Era una percentuale importante, ma dove era il 56% che non aveva votato per Hitler? Perché non si alzava in piedi e non gridava il suo 'no' a quella brutale esibizione di forza e di arbitrio? ... Come potevano tollerare che agli ebrei venisse vietato di esercitare le professioni liberali e che a ogni tedesco venisse imposto di boicottare il suo medico ebreo, il suo avvocato ebreo? Come era possibile che un grande popolo civile accettasse di rinunciare alla propria autonomia intellettuale quando veniva costretto a gridare 'Heil Hitler!' di fronte a una croce uncinata o di balzare in piedi se la radio trasmetteva un discorso di Hitler? Sono domande che l'autore rivolge anche a se stesso." (dalla prefazione di Sergio Romano)
Un volume di tre direzioni: metodo storico, problematiche centrali del Medioevo maggiore e realtà locali s'intrecciano all'azione di grandi protagonisti della politica e della cultura dell'Età di Mezzo. L'autore, attento da molti anni a sintesi interpretative riguardanti il 'grande' e il 'piccolo' Medioevo, si serve d'un nuovo corredo di testi, fonti e studi per descrivere un mondo mutevole e pulsante dove la storia religiosa è costantemente misurata sui comportamenti dei laici, sulle instabilità delle terre di confine, sulle tendenze centripete, centrifughe o marginali di una società in perenne ricerca di nuove certezze. La tradizione mitica della romanità si misura con le aree mitteleuropee e slave in questo libro epocale, impostato sull'immenso e inquietante 'viaggio' medievale intrapreso dentro un tempo imperfetto non così lontano dal nostro.
"Sono Odisseo, figlio di Laerte, noto agli uomini per tutte le astuzie, la mia fama va fino al cielo": la figura che ha letteralmente afferrato l'immaginario occidentale sino a plasmarne le fondamenta culturali è inafferrabile. Ulisse, l'eroe dal multiforme ingegno, continua ad affascinarci proprio per questo. Nel suo lungo errare durante il viaggio di ritorno a Itaca va incontro ad avventure strabilianti, in parte subite in parte ricercate, ponendosi come il campione dell'intelligenza, della conoscenza, dell'esperienza, della virtù etica e della sopravvivenza. Ma la vera attrazione magnetica che ancora oggi il personaggio mitico continua a esercitare su di noi è quella delle sue metamorfosi nel tempo (una su tutte: il folle volo dantesco), delle sue "ombre" che si allungano nel cinema, nella poesia, nel romanzo, nell'arte, così come nella scienza e nella filosofia. Ulisse è ovunque, il suo vero viaggio è senza fine.
Questo libro è un nuovo e definitivo studio della cospirazione clandestina antinazista in Germania e dei numerosi tentativi che questa rete di resistenza organizzò nel tempo per assassinare Adolf Hitler. Hitler divenne Cancelliere tedesco nel 1933. Un anno dopo tutti i partiti politici erano stati messi fuori legge, ad eccezione del Partito Nazionalsocialista, la libertà di stampa non era che un lontano ricordo e il potere di Hitler sembrava inattaccabile. Eppure, negli anni successivi, emerse un improbabile gruppo, stranamente assortito, di cospiratori - tra i quali vi erano soldati, insegnanti, politici, diplomatici, teologi, e persino un falegname - che a più riprese tentò con ogni mezzo di mettere fine alla sanguinosa dittatura del Führer. Questo libro racconta la storia drammatica di questi eventi, così nobili, così ingenui, talvolta al limite dell'assurdo e condannati al fallimento. È una storia che a tratti toglie il fiato, mentre l'autore ci fa assistere in diretta a segrete riunioni notturne, profonde crisi di coscienza e duri scontri tra vecchi amici su come e quando abbattere il nazismo, su come progettare ed eseguire un piano omicida nei confronti del dittatore e su cosa fare dopo, in caso di successo. Lo sguardo innovativo di Danny Orbach getta nuova luce su una storia già nota perché si avvale delle sue conoscenze linguistiche, di archivi ancora poco esplorati e di una particolare attenzione rivolta ai metodi dei cospiratori, le loro motivazioni, le paure, le speranze.
Un antico pregiudizio incombe sulla vita culturale di Roma nel Trecento. Abbandonata dai papi, in questo periodo stabili ad Avignone, la città è considerata dai più come un luogo decadente, privo di fermento; a volte come una sorta di centro minore rimasto ai margini delle più rinomate Firenze e Padova, culle dell'Umanesimo, altre volte persino come un deserto, rinverdito dai due soli nomi di Francesco Petrarca e Cola di Rienzo. Ripartendo dalle fonti coeve e dialogando con la storiografia più recente, questo libro si propone di restituire all'Urbe la vivacità culturale che le apparteneva, portando alla luce gli eventi, i gruppi, gli individui, i libri, le letture e le scritture che andavano a comporre un panorama complesso, variegato e in fondo non così distante da quello dei più noti centri di cultura dell'Italia comunale e signorile.