L'autore attraversa cento anni di storia italiana, dall'assassinio di re Umberto I alle inchieste giudiziarie di Tangentopoli, riproponendoli "in diretta", come un testimone che vi abbia assistito o facendo parlare le pagine dei più famosi scrittori e inviati speciali del tempo. Seguendo il filo della memoria collettiva, Collura propone il romanzo di un paese che non finisce di stupire e che nei vizi, come nelle virtù, non si smentisce mai.
Il libro, in cui non mancano notizie inedite che alcuni leggeranno come rivelazioni sensazionali, è basato sull'analisi dei fondi versati all'Archivio centrale dello Stato dal Ministero dell'interno, opportunamente verificati con quante più fonti possibili. Circostanze avverse, cedimento dinanzi ai ricatti, esaurimento delle spinte ideali, convinzione dell'irrimediabile sconfitta dell'antifascismo, profferte d'impunità: le storie personali danno corpo a una complessa umanità insieme strumento e vittima di un governo poliziesco.
Una interpretazione nuova della Rivoluzione riesce a vederla finalmente al di fuori dell'ottica degli stessi protagonisti, e ne coglie tanto gli aspetti di radicale novità, quanto quelli di continuità con il passato. Un risultato critico di importanza decisiva, un classico punto di riferimento per il rinnovamento storiografico anche in altri periodi storici.
Questa introduzione alla storia contemporanea, in tutti i suoi vari aspetti, ne coglie la radicale diversità rispetto alla storia moderna, e fornisce tutte le principali chiavi di lettura per comprenderla. Geoffrey Barraclough, nato nel 1908, ha insegnato all'Università di Liverpool, alla London School of Economics, a Oxford e a Brandeis (Massachusetts).
A cura di uno dei suoi più grandi studiosi, una nuova immagine del mondo greco che qui cessa di essere un inimitabile modello di perfezione, per diventare una realtà complessa, agitata da problemi e ansie in gran parte simili ai nostri. Jean-Pierre Vernant (Provins, 1914) è professore onorano al Collège de France.
Si dice che le paste alimentari siano nate in Cina e che Marco Polo le abbia portate a Venezia, da dove presero piede in tutta l'Italia e poi nei diversi paesi d'Europa; che il melone sia stato diffuso in Francia per opera di Carlo VIII, al ritorno dalla spedizione di Napoli, nel 1495; che i fondamenti della cucina francese si debbano ai cuochi italiani; che il paté di fegato grasso sia stato inventato nel 1788, a Strasburgo. In realtà, le paste italiane non sono venute dalla Cina, né sono arrivate da Venezia, ma si sono diffuse dal Mezzogiorno, dove erano conosciute molto prima del viaggio in Oriente di Marco Polo; i meloni erano già coltivati negli orti avignonesi dalla fine del XIV secolo; la cucina francese dell'età classica è più lontana dalla cucina italiana di quanto non lo sia quella del Medioevo; nel 1739 si trovano già, in "Les Dons de Comus", dei "piccoli patés di fegato grasso". Sfatando leggende e luoghi comuni, questo libro racconta la storia delle tradizioni alimentari, delle tecniche produttive, degli scambi commerciali, delle forme conviviali e degli usi quotidiani in Europa e non solo.
L'abilità dell'artigiano, il colpo d'occhio del navigante, l'intuito diagnostico del medico, la preveggenza del politico: questa la "metis", l'intelligenza pratica, non-speculativa, che per i greci informava tutti gli aspetti della vita concreta. Relegata nel limbo della non-scienza dalla rivoluzione culturale platonica, la "metis" riacquista in quest'opera ormai classica il giusto posto che le spetta nella storia della civiltà e della mentalità elleniche.