Nel dodicesimo secolo la cultura, fino ad allora chiusa nei monasteri, riprende vigore e si diffonde con nuovi interessi in tutto il mondo occidentale. Haskins descrive questo processo con un'attenzione concreta alla geografia del fenomeno, ai suoi risvolti istituzionali (le biblioteche, le scuole, la nascita delle università), al suo contesto economico e sociale, ai vettori del mutamento come la scoperta della cultura araba e, tramite essa, di quella greca, e la riscoperta dei classici latini. Poi segue la rinascita nei diversi ambiti: la poesia, il diritto, la storiografia, la scienza, la filosofia.
Una interpretazione ormai classica della figura di Hitler che evita di demonizzarlo e gli restituisce la reale complessità di motivazioni che ispirarono la sua azione politica. Rainer Zitelmann (1957), laureato in Storia e scienze politiche nell'Università di Darmstadt, dal 1987 è collaboratore del Zentralinstitut für sozialwissenschaftliche Forschung della Freie Universität di Berlino.
Progettato sin dal 1878 come monumento funebre al re Vittorio Emanuele II, dopo travagliate vicende costruttive, l'altare della pace fu inaugurato nel 1911, nel cinquantesimo anniversario dell'Italia unita. Da mausoleo dinastico si è trasformato nel simbolo dell'intera nazione. Nel 1921, con l'inumazione della salma del Milite ignoto al centro dell'Altare, il monumento è come riconsacrato. Poi il fascismo sequestra per sé il sentimento di venerazione popolare nei confronti dei sacrifici patiti e per il Vittoriano inizia un'altra stagione: l'immensa mole marmorea diventa tribuna per un perenne ossequio patriottico e quinta di regime. In epoca repubblicana si assiste allo svilimento del simbolo in attesa dell'ultima rinascita.
Il libro ricostruisce analiticamente la creazione del mito di Hitler dal 1920 al 1940. Nella seconda parte del libro ricostruisce il crollo del mito dopo il culmine della popolarità raggiunto nel 1940-41, crollo comprensibilmente legato alle vicende della guerra fino alla sconfitta e al disastro finale.