Solo un nuovo Concilio, al quale per la prima volta nella storia partecipino uomini e donne, potrà dirimere il contrasto sorto nella Chiesa romana dopo che Francesco, con la sua esortazione Amoris laetitia, ha fatto balenare la possibilità che persone divorziate e risposate civilmente ricevano l’Eucaristia. Infatti, seguendo il papa gaucho, la maggioranza dei cardinali e dei vescovi ritiene che per ragioni pastorali, dopo discernimento e caso per caso, sia possibile quella scelta; ma una minoranza di prelati la considera “eretica”. A occhi profani, una disputa incomprensibile; ma non è così per una Chiesa che nel mondo ha 1,3 miliardi di fedeli. E nella quale tutto, ora, può accadere.
Queste pagine sono nate dalla duplice esigenza di prestare ascolto alla sofferenza di alcuni fratelli e di dare voce al loro bisogno di riconciliazione. Fratelli che, con un'espressione sintetica, vengono definiti "divorziati risposati o che vivono in nuova unione". Questa definizione rischia di mettere dentro un'unica categoria situazioni esistenziali, storie di dolore e di rinascita, percorsi di fede, che in realtà sono molto diversi tra loro, o meglio, sono unici e irripetibili, come uniche e irripetibili sono le persone. L'autrice focalizza la sua attenzione su alcuni di questi fratelli, dolorosamente consapevoli di non potersi accostare ai sacramenti e di non essere pienamente partecipi della vita ecclesiale a causa della loro condizione esistenziale, i quali tuttavia continuano il loro percorso di fede, trasmettono ai propri figli il messaggio liberante del vangelo e partecipano con loro alla messa domenicale. Ma senza potersi nutrire alla mensa eucaristica e senza poter ricevere il perdono che desiderano.
"Ciò che Dio ha unito, l'uomo non deve separare". Questo insegnamento di Gesù sul matrimonio è stato vissuto nella chiesa dei primi secoli, che non si stancava di predicare la monogamia. Come interpretare tuttavia altre parole di Gesù ("Colui che ripudia il proprio coniuge e ne prende un altro, è adultero". "La persona divorziata che si risposa, è adultera". "Colui che sposa una persona divorziata, è adultero")?. La chiesa cattolica latina a partire dal medioevo ha creduto di dover rispondere a questo problema con il sistema dei tribunali ecclesiastici che verificano se la prima unione era davvero "ciò che Dio ha unito". La chiesa dei primi secoli invece considerava l'adulterio, nel senso in cui il termine è usato nell'evangelo, come uno dei tre peccati più gravi, ma rivendicava il potere di assolvere tutti i peccati, compreso questo. È ciò che emerge dalle testimonianze relative alla controversia novaziana, e soprattutto dal canone 8 del concilio di Nicea. Ragioni pastorali e ragioni ecumeniche sembrano rendere opportuno che la chiesa cattolica ritorni oggi alla prassi penitenziale della chiesa dei primi secoli, conservata in oriente e riscoperta da diverse chiese d'occidente.