Tutto comincia con un testamento. Al momento di spartire l'eredità fra i quattro figli, una coppia di anziani decide di lasciare le due case al mare alle due figlie minori, mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. Se Bård vive questo gesto come un'ultima ingiustizia, Bergljot aveva già messo una croce sull'idea di una possibile eredità, avendo troncato i rapporti con la famiglia ventitré anni prima. Cosa spinge una donna a una scelta così crudele? Bård e Bergljot non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. Bård e Bergljot condividono il più doloroso dei segreti. Il confronto attorno alla divisione dell'eredità sarà l'occasione per rompere il silenzio, per raccontare la storia che i familiari per anni hanno rifiutato di sentire. Per dividere con loro l'eredità - o il fardello - che hanno ricevuto dalla famiglia. Per dire l'indicibile.
Ci sono incontri casuali in grado di segnare un'intera esistenza. E ci sono storie che restano segrete per una vita intera ma poi, una volta raccontate, fanno il giro del mondo. Quando ad Ankara, negli anni Trenta, un giovane conosce sul posto di lavoro Raif Effendi, viso onesto e sguardo assente, è subito colpito dalla sua mediocrità. Man mano che i due entrano in confidenza, questa prima impressione non fa altro che ricevere conferme: schernito ed evitato da tutti sul lavoro, Raif viene maltrattato persino dai suoi familiari. Quale può essere la ragione di vita di una persona simile? Quale, se c'è, il segreto dietro una vita apparentemente inutile? Il taccuino di Effendi, consegnato in punto di morte al collega, contiene le risposte, raccontando una storia tutta nuova: dieci anni prima, un giovane e timido Raif Effendi lascia la provincia turca per imparare un mestiere a Berlino. Visitando un museo, rimane folgorato dal dipinto di una donna che indossa un cappotto di pelliccia, e ne è così affascinato che per diversi giorni torna a contemplare il quadro. Finché una notte incrocia una donna per strada: la stessa donna del dipinto. Maria. Un incontro che gli sconvolgerà la vita.
Non esiste, nella lingua italiana, un termine che possa rendere la parola ouatann, restituircene il carico di significato. Perché ouatann, per le popolazioni che abitano la terra tra il Mediterraneo e il Sahara, non è solo la patria, ma è un'intera tradizione condivisa, è una lingua, un sistema di valori, di abitudini e di gesti, un certo modo di intendere la vita. Tunisia, 2008. Malavita e politica hanno suggellato il loro patto, il malaffare regna incontrastato. Un villaggio vicino a Biserta si spegne lentamente, in silenzio, mentre i giovani si imbarcano per l'Italia. La felicità danza, inafferrabile, al confine tra cielo e mare. In una villa isolata sulla spiaggia si incrociano i percorsi di cinque sconosciuti: Rached, giocatore incallito e funzionario frustrato; Naceur, ingegnere ex galeotto che da un giorno all'altro ha visto la propria vita crollare; Michkat, inquieta avvocatessa affezionata al passato; Faiza, giovane sfuggente e focosa; Mansour, uomo violento dedito a una serie di traffici illeciti. Tutti uniti dallo stesso desiderio: quello di un futuro che si fa attendere, in un paese in cui la miseria di alcuni, il lusso sfrontato di altri e la paralisi dei valori comunitari hanno privato le persone di una dimensione essenziale: il senso di appartenenza alla propria patria. Ma per chi ci vive, in questa patria, anzi in questa ouatann, l'unico destino possibile è partire? Che ne sarà allora della memoria collettiva di un popolo?
In "Nebbia" si respira un'aria di "tetra buffoneria": forse proprio perché al centro del libro sta l'Amore. Ed è noto a tutti come i dolori procurati da questa passione siano al contempo i più tremendi e i più fatui; i più violenti e i più ridicoli. Ma l'Amore, allo stesso tempo, svolge qui anche un'altra importantissima funzione: la sua natura intrinsecamente equivoca e fantasmatica è infatti la migliore controprova della "nebbia" in cui è immersa l'esistenza di ogni uomo, l'Amore, insomma, è la quintessenza di quel sogno incompiuto e ininterrotto in cui navighiamo dipanando la matassa del nostro destino diretti verso un nulla che mai raggiungeremo, perché non è mai stato; un sogno dove sognati e sognatori mutano continuamente posizione e ruolo, tanto da rendere inafferrabili i contorni del sogno stesso. E dunque ontologicamente incerta la personalità di chi ha sognato: sia esso il protagonista del romanzo, o addirittura il narratore che l'ha creato.
"Gelido catasto dei giorni deserti e dell'assurdità delle cose", come lo ha definito Claudio Magris, "Per i sentieri dove cresce l'erba" è il diario dell'internamento in ospedali psichiatrici e sanatori a cui lo scrittore viene condannato per il suo collaborazionismo con i nazisti. Ultima opera di Hamsun, premio Nobel per la Letteratura (1920), fu scritta nel 1948, quando lo scrittore era ormai in età avanzata. Come giudicare uno Stato che si accanisce contro uno scrittore di novant'anni, lo relega per mesi in un ospedale psichiatrico per indagare sulle sue capacità mentali, provocandogli ulteriori malesseri psicofisici che lo ridurranno in fin di vita? E come giudicare Knut Hamsun che aderisce con entusiasmo al pangermanesimo nazista, appoggia l'occupazione tedesca e dopo il suicidio di Hitler nel bunker di Berlino lo definisce "figura di riformatore del più alto rango"?
Un elicottero vola sopra il mar Baltico trasportando il detective Fredrik Borman, ferito gravemente alla testa e con scarse possibilità di sopravvivere. La causa dell'incidente è da ricercarsi nella trama della sua ultima inchiesta. Tre settimane prima due cadaveri sono stati rinvenuti in una fattoria vicino Levide: una donna, uccisa con un colpo alla testa, e un uomo fatto a pezzi, il cui corpo non è più riconoscibile. Al momento del ritrovamento sul pavimento in parquet del soggiorno, i due erano già morti da due giorni. Il proprietario della casa, Arvid Traneus, era appena rientrato dal Giappone dopo anni di lavoro laggiù come consulente di una grande impresa. Sulle prime la polizia pensa che sia lui l'uomo assassinato, dato che la donna viene riconosciuta come la moglie. Ma le indagini condurranno a identificare il corpo dell'uomo come quello del cognato di Arvid e il caso cambierà direzione, mentre chi è sospettato sembra essere svanito nel nulla.
Sono uomini e donne deportati in Siberia i protagonisti del romanzo, e le storie di questi trotzkisti - che si incontrano in uno sperduto villaggio ai confini del mondo, si legano di amicizia, si confrontano, si amano - ci raccontano gli anni strazianti in cui tanti, come Serge, furono imprigionati a causa della loro aperta opposizione al regime staliniano. Sono uno spaccato, a forti tinte autobiografiche, del mondo di brutalità dove Stalin ha già rinnegato gli ideali di una rivoluzione che si è appena messa in moto e l'onesto credo in un mondo migliore dei bolscevichi della prima ora è totalmente tradito dal cinismo e dalla crudeltà degli uomini che tengono le redini del potere. Pubblicato per la prima volta nel 1940, "Se è mezzanotte nel secolo" precede di anni le opere di Koestler e Solgenitsyn e offre un ritratto della Russia staliniana come di una macchina atta ad annientare uomini, corpi e anime. In un paese dove gli avversari del regime muoiono nell'anonimato svanendo come se non fossero mai nati, Serge, uno dei primi a far sentire la propria voce, svela con fermezza e coraggio l'uso della tortura fisica e psicologica, restituendo loro un nome e un volto e salvandoli dall'oblio del silenzio. Introduzione di Goffredo Fofi.
Germania, autostrada A4 tra Bad Hersfeld ed Eisenbach: una tempesta di neve sconvolge il traffico e le automobili si ritrovano bloccate per due ore. Un uomo esce dalla propria vettura e, coperto dalla bufera e da una notte senza luna, penetra in ventisei macchine uccidendo altrettante persone. Dopo la strage, l'uomo torna alla sua vita di sempre, al doppio ruolo di padre e di ex marito; ma alcuni anni dopo il viaggiatore riprende a uccidere in angoli diversi della Germania, raggiungendo ovunque le sue vittime - sempre numerose - per poi, di nuovo, scomparire. A Berlino cinque amiche, ragazze adolescenti, hanno stretto un patto e sui polsi hanno tatuato la parola "finita". È la loro scommessa per la vita, da cui chiedono molto di più di quello che hanno e sono smaliziate e incoscienti quanto basta per andare dritte incontro a un grosso guaio. A casa di Taja, una di loro, e in circostanze piuttosto inquietanti, viene ritrovata un'ingente quantità di eroina, di fronte alla quale le ragazze non si tirano indietro, vedono solo il guadagno che può venirne e il rischio che lo accompagna non le spaventa. Ma se la via di fuga è rappresentata da un'autostrada che taglia la Germania fino alla sua estremità nord, e il punto d'arrivo è una vecchia casa sulla costa norvegese, allora è lungo quella direttrice che si consumerà un inseguimento mozzafiato, dove le parti in gioco sono più di due e dove malviventi e assassini daranno vita a un'escalation di tensione e terrore.
Sullo sfondo di un Marocco in grande fermento e sempre più diviso fra tradizione e modernità, la vita di Youssef Al Firsioui, giornalista e scrittore, viene sconvolta il giorno in cui riceve una lettera che annuncia la morte misteriosa del figlio Yassine, in seguito a un attentato terroristico in Afghanistan di cui si è reso protagonista. Il lutto profondo che ne segue si manifesta con la perdita dell'olfatto e, progressivamente, di qualsiasi gusto per la vita: i cibi, anche i più prelibati, non hanno sapore, così come i rapporti con le donne diventano piatti e senza passione. Eppure l'elaborazione del dolore subisce molte trasformazioni e Youssef, senza quasi accorgersene, inizia un viaggio personale dove, passo passo, riemergono i legami avuti con i protagonisti della sua esistenza; la madre, giovane donna tedesca morta suicida in una terra amata eppure ostile; il padre, uomo che incarna lo spirito stesso del Marocco, ormai anziano e cieco eppure instancabile guida archeologica delle antiche rovine romane della città di Volubilis. Nel frattempo il rapporto con la moglie è rovinato sotto il peso della perdita del figlio e saranno altre donne ad accompagnare Youssef in questo turbinio emotivo dove sentimenti ingovernabili fioriscono uno dopo l'altro, in cui la dimensione della conversazione privata è lo strumento con il quale si torna alla vita.
Il detective Fredrik Borman, alle prese con una crisi di mezz'età, un matrimonio svigorito e una donna che spariglia le carte della sua esistenza, lavora presso il dipartimento di polizia di Visby, l'incantevole borgo medievale dell'isola di Gotland. Mancano pochi giorni alla festa di inizio estate quando una mattina Borman viene svegliato da una telefonata. Sul portico di una casa sul mare del Nord sono state rinvenute due vittime, un ragazzo e una ragazza, di cui è impossibile stabilire l'identità: i corpi sono stati brutalmente martoriati da numerosi colpi d'una misteriosa arma da fuoco. Quale odio può giustificare un simile bagno di sangue su questa terra di pace? Non appena si viene a sapere che le due vittime sono di origine egiziana, il movente terroristico-razziale s'impone prepotentemente. Ma è davvero pitto tanto semplice? O forse la verità, assieme all'arma del duplice omicidio, va ricercata tra la gente del luogo, celata nelle abitazioni dei miti cittadini dell'isola? Solo scavando nel profondo delle loro coscienze Borman riuscirà a mettere insieme tutti gli indizi per avvicinarsi all'agghiacciante segreto che la piccola comunità custodisce.
Radko Suban, alter ego dell'autore, torna a Trieste dopo la drammatica esperienza del lager e la degenza nel sanatorio dove l'amore per l'infermiera francese Arlette gli ha fatto riscoprire il gusto per la vita. La città natale, con i suoi caffè che un tempo echeggiavano delle conversazioni di una intellighenzia tra le più brillanti d'Europa, è la stessa di ieri ma Radko fatica a riconoscerla, mentre le grandi potenze ne tengono ancora in sospeso il destino. La comunità slovena è più straziata che mai dopo la costituzione della Jugoslavia che un tempo sembrava incarnare l'anima della resistenza a tutti i fascismi e che già versa, appena nata, nella peggiore caricatura totalitaria. Arlette, che prometteva di aiutarlo con la sua presenza, gli scrive ma si guarda bene dal raggiungerlo. Presto Radko comprende che i rapporti che riesce a intessere sono falsati dalle ideologie, dal calcolo. Ormai dovrà avanzare su un terreno minato, eredità trasmessa dalla guerra alla pace ritrovata, ricavarsi la strada in un labirinto ostile. Imparare di nuovo a orientarsi nella notte: questo è il compito che si trova davanti. Impossibile, forse, il solo però che valga la pena di affrontare se si è uomini.
Roma, fine anni Sessanta: tra i caffè di piazza Navona scossi da aspirazioni rivoluzionarie, la storia di un precipitoso matrimonio e delle sue amare conseguenze tra un giovane rappresentante dell'aristocrazia industriale alla ricerca del senso della propria vita e una bellissima ereditiera, altrettanto smarrita e vittima di un inconfessabile trauma familiare. Narrata con tono partecipe e insieme disincantato da un testimone a trent'anni di distanza, una fiammeggiante parabola di desiderio e perdita di due "belli e dannati", implacabile nel rivelarci i privati abissi che albergano in ogni uomo, sotto la superficie di ogni amore.