Come può un vescovo dei nostri giorni realizzare la cura pastorale del suo gregge sul modello ignaziano-patristico quando è posto alla guida di diocesi che annoverano migliaia di fedeli? Una sfida ulteriore è la collaborazione con un presbiterio costituito da decine, a volte centinaia di membri, e non più da sette, come ai tempi di Agostino. Ci si chiede se non sia il caso di ripensare i modi di esercizio del governo e, di conseguenza, se anche la teologia del ministero episcopale necessiti di una serie di messe a punto. Un'analisi storica della figura del vescovo - da Basilio al vescovo-principe del Medioevo, all'episcopo post-tridentino - fa emergere un quadro molto variegato, che muove dalle testimonianze giudaiche e neotestamentarie per giungere alla modernità, misurandosi con gli snodi chiave della distinzione tra vescovo e presbitero e con le tensioni sorte con le altre componenti ecclesiali, come quelle monastiche. Si rilevano diversi stili di esercizio dell'autorità, interpretazioni cangianti del ministero e provocazioni per guardare al futuro, in una creatività che, senza mai intaccare il dato rivelato, lo inveri nella situazione attuale, nello sviluppo della collegialità con il presbiterio e in collaborazione con le altre componenti del popolo di Dio. Presentazione di Guido Bendinelli.
Il più autorevole e infaticabile tra i fautori cattolici del Ravvicinamento tra la Chiesa e il popolo ebraico, del superamento definitivo di incomprensioni, diffidenze, ostilità, fondate su credute ragioni religiose che hanno contribuito nel corso dei secoli al nascere dell'infausto fenomeno dell'antisemitismo, offre in questo libro la trama teologica della sua lunga opera e insieme il commento alla Dichiarazione conciliare sulla relazione della Chiesa con le religioni non cristiane; principalmente alla parte che si riferisce agli Ebrei (28 ottobre 1965). È un passo decisivo e irreversibile che la Chiesa ha compiuto, nell'approfondita fedeltà alla verità biblica, riconoscendo e proclamando che non si può parlare di una colpa collettiva del popolo ebraico, nella passione e morte di Cristo: non per tutti gli Ebrei palestinesi o della diaspora allora viventi, e tanto meno per quelli dei secoli successivi fino ai nostri giorni. È la vittoria della fede, nella sua formulazione esatta, purificata, sopra certe rappresentazioni e convinzioni volgari secondo cui il popolo ebraico è oggetto di una riprovazione o ripudio assoluto di Dio, e perciò soggiace a un destino di dannazione, e di persecuzione anche terrena, a giusto motivo. È l'assenso cordiale alla parola paolina secondo cui le "promesse di Dio sono irrevocabili" e perciò il Signore ha sempre cari gli Ebrei e si riserva, entro la fine dei tempi, di integrarli al suo popolo nuovo, che attende la gloria nella sua Parusia.
«A partire dal lavoro del 1861 di J.J. Bachofen sul matriarcato, non si contano i tentativi di ricostruire sulle sue orme il volto di una Grande Madre preistorica o protostorica, archetipo e, nel contempo, fonte delle innumerevoli Grandi Madri che popolano le religioni dell'antichità, divinità primordiale capace di contrastare, quasi icona di un monoteismo primordiale al femminile, lo strapotere patriarcale del monoteismo maschile, la posta in gioco non era di poco conto: la Vergine Maria ? una figura materna che aveva finito per recitare una parte fondamentale nella tradizione cristiana ? assurgendo a quel ruolo che una volta era stato delle antiche Grandi Madri, non era forse la loro vera e definitiva erede? Questo affascinante percorso della storia intellettuale europea conosce, grazie al lavoro di Philippe Borgeaud, una nuova e significativa tappa, quella di un'analisi storico-religiosa, per un verso, sottratta alle alee di comparatismo pericolosamente privo di confini, per un altro, tesa a ricostruire, attraverso una attenta contestualizzazione e una adeguata messa in luce di interscambi e interferenze, le "avventure della differenza" conosciute dalle pratiche e dalle idee che accompagnano le vicende millenarie della Grande Madre nel mondo greco-romano, da quando essa compare nel corso del V sec. a.e.v. sull'Agorà di Atene fino al momento in cui si impone, dopo il concilio di Calcedonia del 451, la devozione della Vergine Maria come theotokos». (Dalla prefazione di Giovanni Filoramo).
Frutto di un progetto unitario, il Manuale di storia della Chiesa diretto da Umberto Dell'Orto e Saverio Xeres, in quattro volumi, si propone come strumento di consultazione e di sintesi per conoscere lo sviluppo della Chiesa nel corso della storia. Le pagine iniziali di ogni volume presentano il relativo periodo storico: l'Antichità cristiana, dalle origini della Chiesa alla divaricazione tra Oriente e Occidente (secoli l-V); il Medioevo, dalla presenza dei barbari (secoli IV/V) in Occidente al Papato avignonese (1309-1377); l'epoca moderna, dallo Scisma d'Occidente (1378-1417) alla vigilia della Rivoluzione francese (1780-1790); l'epoca contemporanea, dalla Rivoluzione francese al Vaticano II e alla sua recezione (1789-2005). Nell'opera vengono evidenziati i collegamenti tra le varie epoche e tematiche, mentre alcuni inserti approfondiscono vicende o concetti particolari. Ogni capitolo è arricchito da una bibliografia selezionata che indica tanto i testi utilizzati per elaborare l'esposizione quanto quelli che permettono di meglio conoscere e comprendere gli argomenti trattati.
«Il pensiero di Francesco, letto dalla ricerca di Monda, trova la "messa a fuoco", il discernimento e il chiarimento proprio nella tensione aperta e drammatica, e dunque nella trama della Storia, e delle storie e racconti che vi sono compresi. Il racconto scelto in questo libro è quello del popolo, un mito antico e forse dimenticato: la trama di quella storia si è sfibrata, soprattutto in Occidente. Nel volume però non si propone una toppa, un "rammendo", come direbbe il Papa, ma si intravede e si racconta una nuova tessitura, una nuova trama: si prosegue il racconto, si abita la Storia». Antonio Spadaro «L'Autore focalizza un aspetto di cui si è parlato spesso non in modo approfondito, ma su cui è importante invece soffermarsi. Aggiunge così un capitolo non solo alla conoscenza delle idee di Bergoglio, ma anche alla riflessione generale sul mondo contemporaneo, sull'idea di nazione e di comunità dei popoli. Questo libro è un contributo originale, che fa pensare e che arricchisce il dibattito, ponendo papa Bergoglio come un interlocutore per tutti, cioè per chi voglia pensare il futuro in modo aperto e per chi senta che stiamo andando verso il domani un po' come ciechi che hanno l'illusione di vedere o come persone (governi, popoli, decisori) troppo trascinate da processi incontrollati». Andrea Riccardi
Albino Luciani è stato un uomo del Novecento, ne ha attraversato i passaggi più drammatici: dal fascismo alla secondo conflitto mondiale, dalla guerra fredda al "disgelo", fino al manifestarsi delle esigenze di rinnovamento nella società e a nuove, anche violente, contrapposizioni ideologiche. Questa biografia ricostruisce la sua parabola umana e spirituale, dagli anni del seminario al sacerdozio: vescovo a Vittorio Veneto, padre conciliare, patriarca a Venezia, cardinale e pontefice, per poco più di un mese. Documenti, interviste e testimonianze ci restituiscono le sue intenzioni, le preoccupazioni, le linee programmatiche: la conservazione della disciplina nella Chiesa, l'attenzione alla catechesi, il contrasto alla secolarizzazione, la fermezza con i dissidenti, l'impegno pastorale a fianco della sua comunità, la fedeltà nei confronti dell'eredità del Concilio Vaticano II, che per lui rappresentò un'autentica «conversione». Ne emerge una figura complessa - che non coincide con quella stereotipata riportata dalla vulgata corrente né con le categorie storiografiche più usate (conservatore/progressista...) - e capace, con realismo e misericordia, di intuizioni modernissime: lo testimoniano le sue posizioni sulla contraccezione e sulle unioni di fatto e, soprattutto, l'attenzione alla comunicazione, come ha dimostrato nel breve pontificato con il suo linguaggio semplice e diretto. Una lezione di umanità che sarebbe stata ripresa dai suoi successori.
Queste pagine - scrive Chiara Montini, che ha distillato la scelta delle lettere di Giovanni Battista Montini dal Carteggio completo - «raccolgono una selezione di pensieri, riflessioni personali, spunti che si amplificano quasi in preghiere ed invocazioni, sollecitazioni a seguire un determinato cammino, analisi di comportamenti, illuminazioni chiarificatrici del carattere, introspezioni, considerazioni lucide su eventi del tempo, dichiarazioni di affetti e di legami d'amicizia». Una sintesi, intima e affettuosa, che è anche un invito alla conoscenza di questa figura straordinaria e, attraverso essa, stimolo alla spiritualità e alla devozione.
Il celebre storico della Chiesa slesiano, con la sua Storia del Concilio di Trento e con numerosi studi sulle vicende della Chiesa, soprattutto nell'epoca delle Riforme cattolica e protestante e della cosiddetta Controriforma, ha dato insostituibili contributi alla conoscenza di quel periodo, e si è collocato nell'orientamento più decisamente innovatore della storiografia ecclesiastica. In questo volume Jedin espone con chiarezza e concisione l'oggetto e il metodo, la suddivisione o periodizzazione, e il valore d'attualità della storia della Chiesa, accanto a quella profana e in rapporto con le discipline teologiche. In un secondo capitolo sono passate in rassegna le scienze ausiliarie della storia della Chiesa (cronologia, paleografia, biblioteconomia, diplomatica, archivistica, araldica, geografia e cartografia, statistica). Il terzo capitolo, che delinea una storia della storiografia ecclesiastica densa di notizie, è forse quello di maggior interesse, principalmente valido per l'intelaiatura dei giudizi critici e per la vasta bibliografia. Introduce il libro un ampio saggio di Giuseppe Alberigo, che affronta con coraggio e con impostazioni originali i problemi metodologici e mostra le prospettive, anche problematiche, aperte oggi alla storia della Chiesa.
In questo breve, denso volume Hubert Jedin ripercorre, con la consueta chiarezza e la rigorosa documentazione delle sue opere maggiori, la storia dei Concili, dagli otto Concili della Chiesa unita sino al Vaticano II. Attraverso queste importanti occasioni d'incontro e di verifica, il lettore può ripercorrere l'intera storia della Chiesa, dai primi secoli sino ai giorni nostri, con i suoi personaggi maggiori e minori, i suoi momenti più importanti, i successi e le sconfitte. Un libro fondamentale, utile per comprendere meglio la Chiesa di oggi.
In questo libro Bolgiani chiarisce che cosa si debba intendere con "Storia del Cristianesimo" e "Storia della Chiesa": due oggetti di studio storico - la storia degli uomini e delle istituzioni - del tutto distinti dall'insegnamento teologico. Di qui una serie di domande, cui si cerca di rispondere nei cinque capitoli: quali sono i contenuti di una "Storia del Cristianesimo"? Che cosa si intende storicamente per "religione cristiana"? Perché la Storia del Cristianesimo e della Chiesa non sono storie "filosofiche" né "ideologiche"? Qual è la differenza tra "Storia del Cristianesimo" e "Storia delle Religioni"? Interrogativi che ripercorrono plurisecolari tradizioni di studi mostrando l'attualità della lezione di metodo di Bolgiani: egli si è posto la necessità di assumere il metodo storico-critico nello studio del "fatto" della religione cristiana e delle religioni, attraverso lo scavo dei documenti e la continua attenzione alla complessità del reale. In Appendice, uno sguardo retrospettivo alla Storia della Chiesa e del Cristianesimo, che si può considerare l'autobiografia intellettuale dell'autore.
L'irregolarità del processo intentato a Galileo è un fatto. Nonostante l'Inquisizione si attenesse a una procedura codificata, sulle inesattezze formali del processo la storiografia moderna tedesca ha versato fiumi d'inchiostro. Ma lo sguardo dello storico passa qui dalle inesattezze formali, dalla falsificazione di documenti e dalle lacune del procedimento giudiziario, all'analisi delle stesse basi canoniche di cui si sarebbe avvalsa la sentenza di condanna. Non sono in gioco solo la violazione del diritto e la falsificazione di documenti, ma gli stessi argomenti teologici. Non è mai esistito, in realtà, un decreto di condanna dell'astronomia copernicana come dottrina eretica né un decreto di censura teologica dell'eliocentrismo - per il quale Galileo di fatto fu condannato. Così, si annoda ancora di più l'intreccio di quel processo, ove - commenta l'autore "il falsario è rimasto vittima del falso da lui stesso prodotto". A sfumare sono i contorni fra un'autorità ecclesiastica regista del processo ingannevole contro uno dei fondatori della scienza moderna, e una istituzione vittima dell'aver prestato fede per secoli a questa grande menzogna fondata su presupposti inesistenti. Il seguito della storia è ancora da scrivere, perché nell'imponderabile oscillano conseguenze e giudizi ideologici. I documenti conducono fin qui, ma la ricostruzione di questo grande equivoco spalanca nuove piste di ricerca.