Vi sono parole che, anche se pronunciate in una situazione particolare e per un preciso destinatario, restano, per quell’ispirazione che le ha generate e per quella sapienza che vi ha preso dimora, come pietre durature di un edificio cosmico di cui ogni essere umano, e non solo il credente, si sente abitatore. I Detti dei padri del deserto fanno parte di queste “parole”. Per quella particolare situazione in cui hanno visto la luce, essi non sono definizioni, né formule, né ricette... Sono parole dette a partire dalla vita di qualcuno che, essendo ancora in ricerca ha inteso esprimere un qualcosa, che semplicemente permettesse a questa ricerca, propria e di altri, di andare avanti, di scendere più in profondità. Parole in dialogo tra loro, e sovente in tensione, che quasi su ogni argomento, ancora oggi, sono lì a dialogare, a interrogarsi reciprocamente. Limite di ogni parola è un’altra parola: a ogni frammento di comprensione ne corrisponde un altro che gli sta di fronte e lo interroga. Solo l’umiltà e l’amore non sono soggetti a questa limitazione, e la loro “parola” resta come un limpido riflesso di Dio e di ciò cui tende la sua creatura.
Luogo d’origine della maggior parte dei Detti è l’Egitto, terra che, a partire da Antonio e da altri solitari suoi contemporanei, vide la prima fioritura del monachesimo cristiano. È lì che queste parole furono pronunciate e custodite dalle prime generazioni. Ma quando le incursioni barbariche degli inizi del v secolo, e forse anche una certa decadenza, spinsero molti monaci ad abbandonare quelle regioni, il timore che l’eredità andasse perduta convinse i solitari rifugiatisi in Palestina a mettere per iscritto quella preziosa eredità. Ne nacquero le prime collezioni in greco, e successivamente queste furono tradotte in copto, siriaco e arabo, etiopico, armeno e latino, arricchendosi di nuovi testi, propri di quelle tradizioni e delle rispettive esperienze monastiche. La scelta che segue attinge a tutte queste collezioni.
I "Padri del mondo" sono tutti i maestri protagonisti della Mishnà, espressamente menzionati nel trattato che si intitola appunto Avot, i "Padri". Si presenta qui la prima traduzione in italiano della versione tradizionale della raccolta dei detti attribuita a Rabbi Natan, maestro babilonese del II-II secolo, che amplifica detti dei Padri e si può considerare come un loro commento. Questo trattato extratalmudico offre al lettore un vero e proprio compendio. della sapienza rabbinica e della sua trasmissione di generazioni in generazione.
Un testo impregnato dell'amore per la Torà, scritta e orale, che è in grado di orientare ancora oggi la nostra vita, perché " su tre cose il mondo sta: sulla Torà, sul culto e sulle opere di misericordia".
La Comunità monastica di Bose, in collaborazione con le chiese ortodosse, ha organizzato il XXVIII Convegno ecumenico di spiritualità ortodossa. Questo volume ne presenta gli Atti in tutta la loro ricchezza di contenuti, mettendo in luce i molteplici aspetti dell'insegnamento spirituale di Isacco di Ninive, padre della chiesa siriaca, che continua a toccare il cuore di tanti credenti e a essere ancor oggi una fonte inesauribile di ispirazione per la vita cristiana.
Per incarnare e concretizzare il vangelo nella storia, nella realtà nella quale il Signore ci ha chiamato a vivere, dobbiamo darci delle regole, regole per poter vivere la comunione, per coordinare le membra del corpo che è la comunità cristiana; ma regole, ordinamenti, statuti, per quanto necessari, sono sempre tutti subordinati alla grande regola del vangelo: per Basilio, infatti, l'unica regola del cristiano sono le Scritture. Viene qui presentata una nuova edizione italiana dei testi che sono all'origine del monachesimo cenobitico: la tradizione ha dato loro il titolo di "Regole", ma in realtà sono solo le risposte a domande poste dai monaci a Basilio in occasione delle sue visite alle comunità da lui fondate.
Si è sempre ripetuto che nell'antichità la donna era senza parola. Si denuncia l'oppressione a cui era sottoposta, e lo scarso peso che sempre ha avuto e che ancora la caratterizza nella chiesa oggi. Immergendosi però in un ascolto più attento, in una ricerca più approfondita, si possono scoprire tracce femminili nella chiesa nel corso della storia. Ecco l'intento di questa raccolta, nella quale abbiamo lasciato parlare proprio le donne: monache vissute tra il IV e il VI secolo in diverse regioni di occidente e di oriente. Si tratta a volte di brevi frasi, racconti di semplici gesti, letti collocandoli all'interno del loro contesto e liberandoli dai pregiudizi di cui sono stati caricati: essi sono preziosi frammenti di una sapienza femminile da riscoprire.
I padri della chiesa, profondamente radicati nella Scrittura, ci hanno lasciato in eredità un ricco tesoro non solo di testi ma anche di modi, forme, gesti di preghiera . Oggi, soprattutto il cristianesimo occidentale, ha bisogno di riscoprire l'intima unione che deve esistere - nella preghiera come in ogni aspetto della vita cristiana - tra teoria e prassi, tra contemplazione e esercizio pratico. A pregare si impara pregando, e tutto il nostro essere è chiamato a partecipare a quest'opera: la mente, il cuore, ma anche il corpo, lo sguardo, i sensi. L'autore - eremita di grande discernimento spirituale, profondo conoscitore di Evagrio e dei padri del deserto, ma soprattutto uomo di intensa preghiera - ripercorre con sapiente coerenza questa compenetrazione tra ciò che si crede e ciò che si esprime nella pratica della preghiera: una riscoperta affascinante del tesoro prezioso contenuto nei vasi di argilla dei nostri corpi.
Per gustare pienamente l'esperienza liturgica, l'opera offre una presentazione globale e sintetica del modo in cui i padri greci e bizantini hanno compreso il sacramento dell'eucaristia. "Una traduzuine fedele e comprensibilissima dei testi della grande Tradizione per favorire un sapiente ritorno alle fonti." (Enzo Bianchi)
Isacco il Siro (VII secolo), uno dei massimi autori spirituali di tutti i tempi, è stato amato e letto ben oltre i confini della sua chiesa di appartenenza, autentico caso di santo ecumenico. Monaco originario del Qatar, quindi vescovo di Ninive presso l'attuale Mosul, e poi ancora monaco, è autore di alcune collezioni di Discorsi, tre delle quali sono giunte sino a noi. La Prima collezione, qui tradotta, ha conosciuto una fama eccezionale fin dall'antichità, come attestano le antiche versioni in tutte le lingue parlate da cristiani, d'Oriente e d'Occidente. Il suo insegnamento semplice e profondo ha affascinato i lettori di ogni tempo e di ogni condizione, semplici monaci e laici o intellettuali della levatura di Dostoevskij.
Gesù non solo si manifesta a coloro che si dedicano alla contemplazione, ma anche a quanti camminano con giustizia sulle vie dell’azione. Lo sanno alcuni di voi, poiché spesso Gesù, che hanno cercato nella preghiera senza trovarlo, inatteso è andato loro incontro sulla via del lavoro.
Per Guerrico d’Igny parlano i suoi sermoni: poco sappiamo infatti della sua vita, ma quanto ci ha lasciato nelle omelie tenute ai suoi monaci è di profondo insegnamento per le nostre vite ancora oggi. La sapienza spirituale di questo abate del xii secolo – che, assieme a Bernardo, Guglielmo e Aelredo, è stato giustamente definito “uno dei quattro evangelisti di Cîteaux” – emerge con salda pacatezza dalle pagine qui presentate nella prima traduzione italiana integrale . Frutto dell’assiduità con la Parola nella lectio divina, queste meditazioni bibliche per le diverse festività e i vari tempi dell’anno liturgico costituiscono anche un prezioso strumento per la lettura patristica nella liturgia delle ore quotidiana.
Dal IV secolo fino a tempi a noi vicini, uomini e donne cristiani tanto in oriente quanto in occidente si sono sentiti chiamati ad abbracciare la follia per Cristo, vocazione singolare, eccezionale. Numerosi racconti ci narrano le bizzarrie e le stranezze di questi cristiani che nascondevano, dietro la simulazione della follia, la loro santità. I folli per Cristo saranno sempre amati dal popolo, dalla gente semplice che percepiva in queste strane figure una sapienza ben più profonda di quella dei saggi del mondo, una fede semplice ma solida che, sotto la maschera della finzione, denunciava un'altra maschera, quella dell'ipocrisia, del perbenismo, del fariseismo.
La carità è figlia dell’impassibilità;
l’impassibilità è il fiore della praktiké;
la praktiké, a sua volta,
poggia sull’osservanza dei comandamenti;
di questi è custode il timore di Dio,
che è un prodotto della retta fede.
La via della praktiké, la via delle virtù, è ciò che Evagrio vuole delineare in quest’opera indirizzata agli anacoreti, agli asceti che vivono soli nel deserto, ma nella quale ogni uomo riconoscerà descritte le proprie paure, le proprie ossessioni, le proprie sconfitte, ma anche le proprie aspirazioni più nobili. Attraverso un attento esame di ciò che ostacola il cammino di sequela, l’autore suggerisce un metodo per sostenere la lotta contro le potenze avversarie, le passioni, i vizi, attingendo dall’insegnamento dei padri e della Scrittura. Solo chi attraversa questa lotta quotidiana può giungere alla purificazione e raggiungere il fine a cui essa tende: la conoscenza di Dio. Di Evagrio – monaco nel deserto egiziano nel iv secolo – le nostre edizioni hanno già pubblicato Contro i pensieri malvagi. La presente opera, uno dei classici della spiritualità cristiana, è arricchita da un ampio commento di Gabriel Bunge, uno dei maggiori esperti di Evagrio, noto per i suoi saggi Akedia: il male oscuro, Vino dei draghi e pane degli angeli e Vasi di argilla.
Selezionati per la loro bellezza e ricchezza spirituale, questi testi di Ruperto di Deutz, prolifico autore del XII secolo, possono essere una finestra per scorgere la riserva di profonda sapienza per la vita spirituale di ogni credente in Cristo cui possiamo attingere accostandoci a questo autore. Attraverso il cammino delineato da alcuni dei temi più ricorrenti nella sua riflessione che parte dai testi biblici, e che mai può essere disgiunta dall'aspetto teologico, tale percorso giunge fino a presentare il rapporto del credente nella partecipazione più intima alla vita di Dio stesso, per trovare infine il suo compimento nel frutto della carità e dell'edificazione della comunità cristiana, e della chiesa tutta.