Il volume presenta i dati di una ricerca affidata nell'anno scolastico 2010-2011 al Centro di Ateneo per la Qualità dell'Insegnamento e dell'Apprendimento (CQIA) dell'Università degli Studi di Bergamo. La ricerca ha indagato le conoscenze acquisite dagli studenti al termine di cinque, otto e tredici anni di Insegnamento della Religione Cattolica e ha coinvolto un campione di 7656 studenti di sei diocesi lombarde. Il volume, a partire dall'analisi dei dati, si propone di mostrare come la scuola e in essa l'Insegnamento della RC e di ogni altra disciplina, "sul piano pedagogico", debbano avere sempre lo scopo di permettere "a ciascuno di trasformare le nozioni/informazioni in vere conoscenze, le quali, a loro volta, rigenerate come nuove nella propria coscienza" divengano "mezzi privilegiati a disposizione per diventare una persona migliore" (dall'Introduzione di G. Bertagna)
«Mi pare che ancora oggi la mentalità da correggere, e di cui la purezza dell'annuncio evangelico deve temere, è la mentalità dominante nel nostro "mondo cattolico", informato ad una ideologia di tipo individualista e che determina le nostre scelte di ogni giorno, i nostri giudizi, le nostre reazioni. [...] A me sembra che sia avviata la strada per uscire da quel genericismo che favorisce la pigrizia di chi si appella di continuo ai principi: la via della "chiesa locale", la responsabilità cioè della chiesa locale verso i "suoi" poveri, conosciuti ed amati». È questa tensione che caratterizza i diciotto scritti che Camillo Pezzuoli ha via via pubblicato sul quindicinale della Fuci «Ricerca» nei sette anni in cui è stato assistente centrale. Non solo specchio e riflesso di una stagione ricca e complessa come quella del primo decennio postconciliare, segnata dai profondi mutamenti di costume manifestati dal '68, ma anche efficace proposta di discernimento, di educazione a "vedere oltre", sotto la forma di riflessioni e meditazioni all'apparenza lontane dall'effervescenza non solo della cronaca, ma dell'epoca. Riletti a quasi mezzo secolo di distanza, questi scritti conservano, anzi rivelano una singolare trasparenza e quella genuina limpidezza che solo la sapienza del cuore sa emanare. La chiave per intenderli è stata suggerita qualche anno più tardi dall'autore stesso che - all'inizio di una serie di meditazioni tenute per la rubrica «Parole di vita» di Raidue - citava san Paolo: «Non voglio dominare la vostra fede [...] ma soltanto lavorare con voi per la vostra gioia» (2 Cor 1, 24), ed evocava così quella gioia che può e deve contraddistinguere il cristiano e alla quale egli con le parole, gli scritti e le azioni ha incessantemente "lavorato" nel suo servizio sacerdotale fra le giovani generazioni.