"Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei", recita un celebre aforisma divenuto onnipresente, dai numerosi blog di cucina che popolano la rete ai moderni trattati sul gusto. Oltre alla dimensione fisiologica, legata al sostentamento del corpo, l'alimentazione rappresenta in effetti un vero e proprio sistema di comunicazione ed espressione dell'identità socioculturale. Un tema fondamentale e sempre più frequentemente al centro di dibattiti pubblici, esposizioni universali e comunicazioni multimediali; eppure non ancora adeguatamente approfondito a livello accademico, in particolar modo nell'ambito delle scienze umane e sociali. Nel tentativo di rispondere a tale esigenza, questo numero di Lexia propone una riflessione a più voci sui legami tra i segni, i testi, i discorsi e le pratiche inerenti all'universo alimentare, da un lato, e i processi di costruzione e le forme di espressione dell'identità culturale - o, più specificamente, delle identità culturali -, dall'altro.
Papa Francesco ha più volte ribadito che per la comunità ecclesiale l'attenzione per i poveri è prioritaria. In tale prospettiva la centralità della trasparenza nell'amministrazione dei beni della Chiesa, testimoniata nelle relazioni e nel governo dei processi economici e gestionali, è essenziale e imprescindibile. La trasparenza non è soltanto un obbligo per chi amministra i beni della Chiesa, ma oltre a essere una formidabile opportunità pastorale, può trasformarsi in una risorsa. Una gestione chiara, comprensibile, spiegata e verificabile, costituisce una testimonianza cristiana autentica e efficace, in grado di suscitare ulteriore generosità, per le esigenze della comunità. La strumentalità dei beni e di tutte le risorse della Chiesa, che ha nella salus animarum la finalità ultima dell'evangelizzazione e della missione, fa sì che tale sensibilità cresca e si sviluppi sempre più anche nelle comunità ecclesiali.
"Viviamo nella società delle immagini" è ormai una frase senza senso. Se tutto è immagine, come distinguere tra visione e visione, a ognuna attribuendo una certa fattura, significazione, presa sul reale? Da tempo la semiotica si è data il compito di capire la sintassi delle immagini, il modo in cui forme, colori, posizioni e testure disegnano ciò che vediamo. Si è poi anche data l'obbiettivo, più arduo, di sviluppare un discorso razionale, intersoggettivamente controllabile, scientifico, sul senso delle immagini, su ciò che accade al soggetto e alla cultura quando un'icona si forma, circola, colpisce l'occhio e la mente. Questo numero di Lexia accoglie una sfida ulteriore: non basta conoscere la fabbrica formale delle immagini, né fissarne il senso nel triangolo fra mente, società, e cultura. È necessario anche spingere lo studio semiotico oltre, verso una pragmatica del visivo, per comprendere il modo in cui le immagini esercitano un'agentività nel mondo. Immagini efficaci, immagini inefficaci. Immagini che fanno fare, pensare, sentire, ovvero che falliscono nelle loro ingiunzioni.
I bulgari sono una delle piccole, grandi nazioni balcaniche. Piccola numericamente, ma grande per la sua storia. Una storia molto varia, caratterizzata nei secoli da rapporti tutt'altro che superficiali e marginali con l'Italia. La Bulgaria può essere considerato un significativo case study per misurare i successi e i limiti della transizione dal socialismo alla democrazia e il beneficio che l'integrazione europea può aver prodotto nelle società dell'ex-blocco sovietico.
Il volume raccoglie le lezioni magistrali del Quinto Corso di Alta Formazione sui valori giuridici fondamentali promosso a Roma dall'Unione Giuristi Cattolici Italiani nel mese di settembre 2014, sul tema Biogiuridica cattolica.
Non è solo teologicamente che si pone la trascendenza, ma anche, e forse soprattutto, nella comunicazione: è attraverso la parola, financo quella interiore, come pure attraverso i gesti, le posture, le espressioni del volto, che gli esseri umani proiettano nello spazio e nel tempo il simulacro di un essere superiore, o perlomeno di una superiore dimensione dell'esistenza, cui accedere solo in occasioni extra-ordinarie, e secondo percorsi accuratamente codificati. È poi sempre nella comunicazione, largamente intesa, che questi simulacri dell'"ontologicamente altro" sono condivisi e potenziati nell'afflato di un gruppo, di una comunità, di una fede. Il numero 11-12 di "Lexia" getta uno sguardo partecipe ma rigoroso sulle forme semiolinguistiche di questa interazione, caratteristica dell'umano attraverso i secoli e le culture. Contemporaneamente si interessa al destino di tali forme nell'epoca delle società secolarizzate, o di quelle in cui le vie tradizionali del sacro convivono e competono con nuovi modi di porre la trascendenza.
L'opera, dedicata ad Agnese Cini per i suoi ottanta anni, raccoglie alcuni scritti intorno a tre idee di fondo: che, come canta il Salmo 119, la Torà è una delizia per chi la conosce, la studia e la ama; che, come attestato in molti modi, alla forza della Bibbia nessuna roccia può resistere; che in tanti all'opera delle "mani" di Agnese devono riconoscenza.
Il libro non vuole essere semplicemente una traduzione, ma un'operazione culturale. Qualcuno dirà che è una riprova della sudditanza di alcune teologhe italiane a quelle d'Oltreoceano. Basta aprirlo per capire che non è vero. Consente infatti a teologhe e teologi di mestiere, ma anche a tutti coloro che semplicemente riflettono sulle grandi questioni della fede, di sbirciare in quell'immenso cantiere a cielo aperto che è oggi la teologia femminista nei diversi continenti.