Da tempo la società civile si sta interrogando sulla questione criminale, su quale sia la risposta "giusta" alla violazione delle leggi penali compiuta dai suoi membri. Ciò ha innescato un'ampia riflessione riguardo alla riforma del modello basato sulla "sanzione penale" e alla necessità di nuove strategie razionali e rispettose della persona umana. Questo non può lasciare indifferente la cultura teologica, dal momento che nel corso della storia si sono determinati complessi rapporti tra asserzioni teologiche e giustificazione delle modalità punitive statuali, specie con riferimento all'idea della pena come "retribuzione" della colpa. L'intento di questo libro è verificare quale sia l'apporto della teologia alla soluzione di tale problema. Esso non si propone di ricercare la migliore giustificazione teorica della pena, così come questa si è tradizionalmente configurata, né di fondare una teoria cristiana della pena, ma di chiarire quali esigenze il messaggio cristiano ponga in evidenza per la progettazione di un intervento giuridico-sociale che sia eticamente valido e socialmente efficace.
Il papa Giovanni Paolo II nell'enciclica Ut unum sint ha posto a tema della riflessione ecumenica la questione del ministero papale nella Chiesa. Si tratta, scrive il papa, di "curare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio d'amore riconosciuto dagli uni e dagli altri" (Ut unum sint, n. 95). Per questo il papa propone che si indaghi circa "una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova" (ibi). Il papa invita, cioè, a progettare un'immagine storica del primato, che consenta la formazione di un consenso universale. Per le chiese che accettano l'invito, significa entrare in una fase di ripensamento della propria tradizione teologico-canonica, in vista di un cambiamento della propria prassi, che sia rispettoso delle loro convinzioni di fede, ma tenda anche ad annullare o, perlomeno, a diminuire la distanza che oggi le separa. È un impegno che naturalmente vale per tutti i cristiani, ma forse spetta in primo luogo ai cattolici. Questo libro intende, perciò, offrire un contributo di risposta alla domanda: quali sono, nell'ambito della tradizione cattolica e in dialogo con le altre tradizioni cristiane, gli sviluppi auspicabili nella forma di esercizio del primato, perché esso possa meglio corrispondere alla sua funzione in seno ad una cristianità che tende all'unità?