Il Te Deum è un inno particolarmente usato nella liturgia ed è grande la sua ricchezza semantica. Partendo dalla prospettiva teologica, liturgica e musicale, l'Autore tratta l'inno come la forma in cui la liturgia condensa da un lato la comprensione della gloria di Dio, e dall'altra la celebra con elementi metaculturali che si trasmettono di generazione in generazione.
Esiste una simbolica dello spazio del presbiterio nel rito romano? A questa domanda cerca di rispondere il presente volume che, facendo riferimento principalmente al metodo e alle fonti di studio della teologia liturgica, vuole essere uno stimolo e un aiuto destinato a studiosi e addetti ai lavori per riflettere su problematiche teologiche, implicanze architettoniche e aspetti pratici concernenti il presbiterio e in modo più ampio l’edificio cultuale cristiano, immagine speculare della Chiesa mistero. Il percorso proposto mette anche a disposizione di pastori, progettisti e artisti impegnati nella costruzione di nuove chiese e adattamento dell’esistente un panorama storico sintetico sulla parabola esistenziale del presbiterio e un insieme di testi della Liturgia e del Magistero ai quali è possibile fare riferimento per meglio definire l’iconologia e la ratio aedificandi del luogo in cui l’assemblea santa, riunita intorno all’altare e situata tra presbiterio e navata, celebra il memoriale della Pasqua e si nutre al banchetto della parola e del corpo di Cristo.
"Vincenzo de Paoli parlava spesso: lo faceva perché doveva, perché richiesto dalla predicazione delle Missioni al popolo, dagli esercizi agli ordinandi, dalla direzione dei Preti della Missione e delle Figlie della Carità, dagli incontri di vario genere a tutti i livelli. Parlava alla buona, diremmo a braccia. Ma il suo non era un parlare vuoto, perché veniva da un cuore ricco di Dio, pieno della sapienza spirituale dei santi. È vero che non si può attribuire a lui un determinato sistema di pensiero. Non si può parlare ad esempio, in senso proprio, di una sua cristologia o di una sua mariologia. Vincenzo non ha scritto trattati. Ciò non toglie che, leggendo attentamente i suoi scritti e ripercorrendo le vicende della sua vita, non si possano cogliere delle idee-guida, delle costanti, delle massime, dei principi a cui si ispira." (Dal Prologo).