Nell'atmosfera immateriale del "Paradiso" si stemperano, tra visioni ineffabili ed estatici rapimenti, i gorghi tumultuosi della natura umana. E la cantica di Beatrice, ormai beatificata, guida amorosa e teneramente sollecita dei misteri di Dio. Ma è anche la cantica del riscatto del poeta: la sorte personale di Dante raggiunge finalmente la catarsi. A lui, vittima dell'ingiustizia e dei disordini degli uomini, spetta il compito di rivelare le verità divine e il futuro avvento di un mondo giusto. Le invettive, le polemiche, le dure condanne di uno spirito forte si placano nell'ardore profetico, nella consapevolezza di una pace meritata, di una missione compiuta, di una pienezza raggiunta.
Il nome di Dante è nel pensiero di molti indissolubilmente legato al titolo della sua opera maggiore: la "Divina Commedia". È facile dimenticare che il grande poema fu solo il punto d'arrivo di un percorso iniziato nella prima giovinezza. Leggere le "Rime", dai sonetti giovanili alla vitalistica esuberanza di "Sonar bracchetti" e alle atmosfere oniriche di "Guido, i' vorrei" fino alle liriche poi raccolte nella "Vita Nuova", come "Donne ch'avete" e "Tanto gentile", significa accompagnare Dante nel lungo viaggio alla ricerca di una propria voce poetica che avrà come meta finale la "Commedia". Teodolinda Barolini analizza da punti di vista innovativi e spesso inediti le singole rime, facendo luce sull'evoluzione artistica e ideologica del poeta e sui rapporti che intercorrono tra le "Rime" e il capolavoro della maturità.