Il volume, con testo originale in latino e traduzione a fronte, e ricco di note esplicative che rendono l'opera quasi una edizione critica del De Viduis, con una veste grafica rinnovata. Il de viduis" di sant'ambrog io e`un'opera di grande attua lita soprattutto per alcuni argomenti trattati. Nella nostra societa come in quella in cui e`stato scritto questo saggio, l'eros ha una grande import anza e viene presentato ossessivamente come una realta suprema e quasi non regolamentabile. Questa concezione della sfera sessuale porta ad un disfacimento della famiglia e a una diffusa immoralita. L'amore co niugale e la sua piu`grande espressione, il matrimonio, sono cosi`portati nella sfera dell'insignificanza e della relat ivita rispetto all'eros. Il p ensiero di ambrogio in tal senso risulta molto utile e provvidenziale. Ambrogio, attraverso un'analisi della vedovanza subordina la sfera sessuale al matrimonio e la esalta come una delle maggiori espressioni dell'amore coniugale. A il volume accoglie un a corposa introduzione di 27 pagine di sua eminenza il cardinale giacome biffi, arcivescovo di bologna. "
La raccolta di scritti, edita fin dal 1898, che porta il titolo Storia di un'anima, (scritti autobiografici A, B, C) è all'origine della grande notorietà di Teresa di Lisieux (1873-1897), notorietà che è andata sempre più crescendo per le molteplici edizioni successive e le traduzioni in tutte le lingue. La presente edizione vanta una delle migliori traduzioni italiane mai pubblicate ed è corredata dalle note originali della prima edizione. È la storia di un'anima temprata, spogliata di se stessa, che giunge alla comprensione della perfetta carità; essenzialmente evangelica, la dottrina di Teresa costituisce una delle sintesi più convincenti della verità cristiana. Leggendo attentamente le sue pagine, si scopri l'esattezza del giudizio di Pio X, che la definì "la più grande santa dei tempi moderni".
Il celebre itinerario dell'anima nella sue 7 dimore interiori, alla ricerca dell'unione perfetta con Dio, che abita nel profondo di noi stessi. Santa Teresa D'Avila scrive per le sue consorelle e le istruisce, come una buona e paziente maestra, sulla preghiera e sulle sue difficoltà e consolazioni. L'opera spicca per la sua attualità e si propone ancora oggi ai credenti come guida sicura per una spiritualità solida e profonda. Pubblicazione adatta a tutti coloro che sono interessati ad accedere alle fonti della spiritualità cristiana e ad entrare "in dialogo" con una grande maestra.
Importante opera uscita in occasione del XVI centenario della morte di sant'Ambrogio, vescovo di Milano e Dottore della Chiesa.
Introduzione, traduzione, note e indici di Gabriele Banterle.
La critica finora ha prestato poca attenzione al De paradiso (= par.) e al De Cain et Abel (= Cain et Ab.) di Ambrogio. Chi voglia averne qualche notizia deve ricorrere per lo più alle storie generali della letteratura cristiana antica, alle patrologie o alle biografie ambrosiane; e troverà, come è naturale attendersi da opere di tal genere, qualche breve informazione concernente la cronologia, il contenuto, il carattere o le fonti dei due scritti.
A prescindere da quanto è detto, in una prospettiva prevalentemente filologica, nell'introduzione alla prima (e fino ad oggi unica) edizione critica, quella di Karl Schenkl, solo l'ultima delle questioni di cui si è detto, la questione delle fonti, ha attratto l'interesse degli studiosi. Citate in lavori che riguardano il pensiero di Ambrogio in riferimento a singoli passi, le due opere, innsé e per sé, si può ben dire siano state trascurate.
Cenni generali
Nel De Abraham Ambrogio offre di sé un'immagine forse più completa che in qualsiasi altra singola opera. Trattandosi di un medesimo soggetto, egli mostra la sua ben nota inclinazione alla predicazione morale e dà prova delle sue doti di grande esegeta della Sacra Scrittura.
Sull'autenticità non esiste alcun dubbio. I due libri del De Abraham certamente sono compresi da Cassiodoro fra i sette conosciuti con il titolo De patriarchis e degli stessi si fa esplicita menzione nel De Ioseph.
Come per la maggior parte delle altre opere ambrosiane, il problema della datazione rimane insoluto e fra gli studiosi sembra essersi diffusa in proposito una certa rassegnazione. In effetti la ricerca di punti di riferimento esterni è stata finora infruttuosa e il tentativo di utilizzare gli elementi offerti dalla lettura dell'opera non ha dato risultati precisi, anche perché si è scontrato con l'incertezza che circonda quasi tutta la produzione del Vescovo milanese. In Abr. II 1, 1 si rinvia a De paradiso 2, 11, la cui composizione risale al periodo immediatamente successivo all'elezione episcopale e perciò è situata nel 375 o, al più tardi, nel 377.
Il riferimento di Abr. I 5, 33 4 a De excessu fratris II 96 potrebbe meglio precisare il termine post quem se fossimo certi che l'orazione funebre è stata pronunciata, o piuttosto redatta, nel febbraio del 378, ma nemmeno questa data è sicura.
Quanto all'argomento, il secondo libro appare a prima vista come un duplicato del primo, ma per quanto riguarda il metodo esegetico, il contenuto dottrinale, i destinatari e probabilmente anche la fonte, i due libri sono profondamente diversi.