Il testo originale del "Peri phyton" è perduto, e il trattato che leggiamo in greco, edito per la prima volta nei "Geoponica" (1539), e incluso in tutte le edizioni del "Corpus Aristotelicum", a partire dalla seconda edizione di Basilea (1539), è la retroversione greca (anonima) condotta sulla traduzione latina, condotta a sua volta su una traduzione araba di una traduzione siriaca. Il Medioevo latino attribuisce quasi unanimemente il trattato ad Aristotele. Il trattato ha un carattere peculiare nell'ambito della botanica antica, in quanto affronta temi discussi principalmente in ambito biologico e filosofico: se la pianta sia un essere vivente, quale tipo di "anima" abbia, se sia capace di percepire, se i sessi siano in essa distinti, e in genere quali caratteristiche tipiche della fisiologia animale sia possibile riconoscere anche nella pianta. Esso ha costituito nel Medioevo e nel Rinascimento una delle fonti antiche più lette, come dimostrano, tra gli altri, il "De vegetabilibus" di Alberto Magno, e il commento della retroversione greca da parte di Giulio Cesare Scaligero. Il testo greco stampato a fronte della traduzione è (tranne in alcuni punti, segnalati e discussi nelle note) quello dell'edizione del 1989, curata da H. J. Drossaart Lulofs (editore delle versioni orientali) e E. L. J. Poortman (editore della versione latina e greca).
Le opere fondamentali del pensiero filosofico di tutti i tempi. In edizione economica, con testo a fronte e nuovi apparati didattici, le traduzioni che hanno definito il linguaggio filosofico italiano del Novecento.
Insieme alla "Repubblica" di Platone e in opposizione a essa, la "Politica" di Aristotele è il testo a fondamento di tutta la tradizione politica occidentale. Se nello Stato platonico nessuno ha diritto a una forma di esistenza disinteressata e immune dalle preoccupazioni della vita comune, per Aristotele invece "la città ideale è quella nella quale ogni cittadino può disporre di se stesso per attività di cui non deve rendere conto alla città, e in vista delle quali egli esercita anche le virtù etiche e dà il proprio contributo alla vita pubblica della città".
La "Rhetorica ad Alexandrum" è l'unico testo conservato integralmente all'interno di una vasta produzione di 'technai rhetorikai', cui fanno più volte accenno sia Platone sia Aristotele, e il primo di una serie di trattati sistematici, di manuali pratici, in Grecia e a Roma. La sua lettura apre uno spiraglio di osservazione sulla vita sociale e politica, sul diritto greco, sulla retorica e sull'eloquenza nello stadio intermedio fra i primi retori e Aristotele. Nel trattato si dà rilievo alle potenzialità dell'argomentazione, volta ad assicurare la vittoria all'oratore: oltre che come mezzo di persuasione, la retorica si configura essenzialmente come teoria della comunicazione linguistica nello spazio costituito e controllato della polis, in cui si assegna istituzionalmente un ruolo preminente alla parola 'pubblica', che traduce in dibattito i possibili conflitti, sia privati sia pubblici. L'opera fa parte del "Corpus Aristotelicum" ed è collocabile nel IV secolo a.C, escluse alcune sezioni. La paternità aristotelica è stata messa in dubbio in epoca moderna: alcuni commentatori ed editori hanno attribuito il trattato ad Anassimene di Lampsaco, storico e retore del TV secolo a.C. Alla sua conoscenza e alla sua diffusione, a partire dal Quattrocento, ha contribuito la traduzione latina di Francesco Filelfo.