Sostenuta da importanti storici e sociologi, da Ariès a Elias, a Bauman, è diffusa la tesi che la società contemporanea nasconda la morte: che un tempo si moriva in casa circondati dagli affetti famigliari e ora si muore soli all’ospedale. Con un’indagine magistrale, a un tempo ricostruzione storica e analisi sociologica, Barbagli mette in luce una realtà molto più complessa, mostrando per l’Italia e gli altri paesi occidentali non solo l’evoluzione dell’atteggiamento rispetto all’ospedalizzazione ma anche il mutare del rapporto del medico con il morente nell’alternativa fra dirgli o nascondergli la verità sul suo stato, e i nuovi percorsi di accompagnamento alla morte portati dal progresso medico, dall’accanimento terapeutico alle terapie del dolore, al ritrovato conforto del morire in casa. Su quest’ultimo aspetto in particolare Barbagli indica che l’Italia, fra gli altri paesi, ha la più bassa quota di decessi in ospedale e che la tendenza ha preso ad accentuarsi negli ultimi anni.
Il 16 giugno 1743 sulla strada per Siena un giovane servitore in fuga d'amore con la sua bella viene raggiunto dagli inseguitori; ferito da un'archibugiata, morirà pochi giorni dopo. Componendone le spoglie, all'ospedale fanno una scoperta stupefacente: quel garzone già in fama di donnaiolo impenitente è in realtà una donna. Un medico famoso si appassiona al fatto e ne ricostruisce la storia. Caterina Vizzani, questo il suo nome, per otto anni si era finta uomo per poter seguire, al riparo di un'identità maschile, la sua allora illecita inclinazione per le donne. Prendendo le mosse dal circostanziato racconto di questo caso il libro traccia la storia dell'amore fra donne durante gli ultimi tre secoli: di come è stato vissuto ma anche di come è stato interpretato e giudicato dalla religione, dalla scienza, dal diritto.
"Il più importante libro sulla sociologia del suicidio che sia stato scritto da un secolo a questa parte" (Randall Collins)
Il peggiore di tutti i peccati o la massima espressione di libertà, una vendetta privata nei confronti di chi ci ha fatto torto o un'arma potente contro i nemici del proprio popolo, la difesa dell'onore di un eroe sconfitto o l'atto di fedeltà di una sposa virtuosa verso il marito defunto. In un grande affresco storico comparato il volume fa luce sul suicidio come fenomeno socio-culturale illustrando le motivazioni che ne stanno alla base e i significati che ha assunto nelle diverse culture.
Marzio Barbagli insegna Sociologia nell'Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni con il Mulino: "Sotto lo stesso tetto" (II ed. 2002), "Omosessuali moderni" (con A. Colombo, II ed. 2007), "Immigrazione e sicurezza in Italia" (2008) e "La sessualità degli italiani" (con G. Dalla Zuanna e F. Garelli, 2010).
Il peggiore di tutti i peccati o la massima espressione di libertà, una vendetta privata nei confronti di chi ci ha fatto torto o un'arma potente contro i nemici del proprio popolo, la difesa dell'onore di un eroe sconfitto o l'atto di fedeltà di una sposa virtuosa verso il marito defunto: sono alcuni esempi di motivazione al suicidio e dei significati attribuiti a questo gesto nel corso dei secoli da parte di uomini e donne appartenenti a culture diverse. Nel volume Barbagli ricostruisce l'andamento dei tassi di suicidio in Europa, India, Cina e Medio Oriente, componendo un grande affresco storico comparato che privilegia gli aspetti culturali e fa emergere le differenze tra Oriente e Occidente. Nel mondo occidentale il cristianesimo introduce un fortissimo vincolo etico all'"omicidio di se stessi", finché a partire dal '600 comincia a farsi strada una nuova concezione dell'individuo che via via scardina tale freno. In Asia si registra invece una pluralità di forme di suicidio che vanno dagli elaborati riti del "sati" indiano al suicidio "per far male agli altri" di cui è ricca la storia cinese. Il diffondersi in epoca moderna di forme di autoimmolazione aggressiva - dal monaco buddhista che si diede fuoco a Saigon nel 1963 alle missioni suicide di Hezbollah - segnala infine un'inedita combinazione tra elementi culturali tradizionali e nuove forme di lotta politica.
Marzio Barbagli è stato il primo in Italia, dieci anni fa, ad affrontare in maniera esplicita il tema, politicamente scorretto, dei reati commessi dagli immigrati (soprattutto irregolari, ma anche regolari), destando inizialmente imbarazzi e critiche, ma imponendosi poi, grazie al suo inoppugnabile lavoro di ricerca e documentazione, come la voce più autorevole e imparziale in materia. In questo periodo di crescente preoccupazione sociale, mentre sono appena stati varati nuovi provvedimenti in materia di sicurezza, Barbagli affronta nel suo nuovo libro in particolare tre questioni che dividono i cittadini e le parti politiche: gli effetti della Bossi Fini (è stata un fallimento o ha contribuito a contenere il flusso dei clandestini?); le conseguenze, sul piano delle attività illecite, dell'allargamento a Est dell'Europa, soprattutto dopo il 1° gennaio 2007 (è davvero giustificato l'allarme nei confronti di rumeni e rom?); come funziona, o non funziona, il meccanismo delle espulsioni e perché. Tutto questo e molte altre cose ancora, sulla base di dati aggiornatissimi e inediti.
Come si è riusciti a scoraggiare gli autori dei graffiti sui vagoni della metropolitana di New York? E perché sono diminuiti furti e aggressioni in uno dei quartieri più malfamati di Londra? Prevenire gli atti di vandalismo e abbassare il numero dei reati è possibile? Gli autori descrivono le diverse forme di prevenzione sperimentate nei paesi occidentali mostrando come tutte le strade finora percorse si fondino su precise scelte: dalla prevenzione precoce, che interviene sui bambini, sugli adolescenti e sulle loro famiglie, a quella sociale che mira a correggere le caratteristiche negative dell'ambiente, a quella "situazionale" in cui si punta ad accrescere i rischi e a ridurre i benefici per gli autori dei delitti.
In questo volume, risultato delle ricerche condotte nell'ambito dell'Osservatorio nazionale sulle famiglie e le politiche locali di sostegno alle responsabilità familiari, gli autori offrono una descrizione ed una spiegazione assai diverse dei mutamenti del sistema di formazione delle nuove famiglie avvenuti nel nostro paese. La ritardata uscita di casa, i comportamenti sessuali prudenti, la rarefazione dei matrimoni, la difficile diffusione delle convivenze giovanili, le scelte dei rituali matrimoniali, le decisioni sulla residenza dopo le nozze e la bassa fecondità sono ricondotti a quello che, da molti secoli, è un tratto specifico della società italiana: un forte legame fra genitori e figli.
Due sono i principali obiettivi del volume. Il primo è illustrare le maggiori teorie sulla devianza, da quelle classiche ai filoni più recenti e di frontiera. Il secondo è fornire un quadro empiricamente fondato dei principali temi della ricerca, come la prostituzione, i reati violenti, i reati contro la proprietà, il suicidio, il consumo di sostanze legali e illegali, i tipi di sanzione e il funzionamento dei sistemi di sanzione, primo fra tutti quello penale. Punti di forza del testo, pensato soprattutto per gli studenti universitari, sono l'adozione di una prospettiva storica e la scelta di privilegiare il contesto europeo.
Lentamente, l'opinione pubblica italiana nei confronti degli omosessuali sta cambiando, ma, soprattutto stanno cambiando i comportamenti dei gay e delle lesbiche. Gli autori raccontano come gay e lesbiche vivono la loro condizione, ricostruiscono il processo che ha portato alla nascita degli omosessuali moderni, offrono uno sguardo comparato su altri paesi.