A differenza della tradizionale interpretazione "risorgimentista", che sottolinea la discontinuità tra la tirannide e la libertà sabauda, i saggi di questo volume intendono dimostrare come l'eccezionale crescita economica e sociale di Catania trova le sue profonde radici proprio nell'Ottocento borbonico, quando l'elevazione a Capovalle e la formazione di una robusta borghesia delle professioni e del commercio proiettano la città a terzo polo urbano della Sicilia. Si spiegano così processi in apparenza contraddittori, come la prudenza politica dell'élite locale (sospesa fino all'ultimo tra lealismo al cadente regime ed adesione al nuovo Stato unitario), la vitalità "patriottica" del mondo giovanile universitario e l'ampiezza della rete cospirativa provinciale, autentico "motore" dell'unificazione nazionale. La ricerca apre scenari ancora inesplorati come la risposta di "genere" al crollo dello Stato, le sfide amministrative dei primi Sindaci "italiani" e la reazione dei "vinti" che tra clandestinità ed esilio maltese tentano un impossibile ritorno al passato.
Il volume è il risultato degli studi compiuti sull'archivio personale di Giulio Andreotti. Il libro è diviso idealmente in due parti. Nella prima si affrontano diversi aspetti del carattere del senatore e della sua filosofia di vita: dalla Gioventù democristiana ai rapporti con la sinistra, alle posizioni sulla questione monarchica, del petrolio e del nucleare. Nella seconda parte ampio spazio è dedicato alla politica estera e ai rapporti con la Russia, l'Est e il mondo arabo, ai governi Andreotti e alla difficile Democrazia degli anni Settanta, ai suoi rapporti con il mondo cattolico e il Vaticano.