Charles Baudelaire, tra i poeti oggi più amati e letti, ha rinnovato con grande originalità i canoni tradizionali della poesia e della prosa gettando le basi della letteratura moderna. I suoi versi – come disse Valéry – sono un mélange di solennità, di calore e di amarezza, di eternità e di intimità, una combinazione di carne e spirito, un’alleanza rarissima della volontà e dell’armonia.Minato fin dall’infanzia dalle contraddizioni più laceranti – l’orrore e l’estasi della vita, il sentimento di un destino d’irrimediabile solitudine e l’amore vivissimo del piacere –, Baudelaire s’inebria e si disgusta nella onnipresente alternativa tra il Bene e il Male, tra voluttà animalesca e disincarnazione. Su tale dilemma, su tale tremenda ambiguità costruisce la sua straordinaria scrittura, passando continuamente dal quotidiano all’universale, dalla pienezza della gioia alla miseria, al nulla. In questo volume sono state raccolte tutte le sue opere “creative”, con testo francese a fronte: I Fiori del Male e tutte le poesie, i poemetti in prosa de Lo Spleen di Parigi, la novella La Fanfarlo, i Paradisi artificiali e gli Scritti intimi.
Nel 1857, al tempo della pubblicazione dei Fiori del male, Baudelaire dichiara che gli artifici dello stile poetico sono un ostacolo allo sviluppo di un pensiero che abbia come oggetto la verità. È l'atto di nascita dello Spleen di Parigi, la serie di poemi in prosa che, a partire dalle città immense e dai mille destini che vi si intrecciano, cercano di trovare un linguaggio che li sappia esprimere, ma che sappia esprimere anche i soprassalti di una vigile coscienza in cui essi si riflettono come una esperienza incancellabile. Questo linguaggio deve afferrare l'inafferrabile, deve trasformare la dissonanza che domina il Moderno, come la sua cifra più autentica e tragica, in un canto di bellezza che si elevi sopra le nebbie delle strade, sopra la cupa foresta di pietra dei tetti e delle mansarde che abbuiano la città.
Una nuova tappa del dialogo di Raboni con una delle opere che sembra incarnare l'essenza stessa della modernità. Da oltre un quarto di secolo Raboni, uno dei nostri maggiori poeti e critici, si cimenta con Baudelaire attraverso una serie di revisioni e ripensamenti e anche questa quinta versione a stampa non è da lui considerata definitiva. A guidare questo continuo confronto è stato l'intento di rendere meno vistosa una delle caratteristiche dell'opera di Baudelaire, la divaricazione tra alto e basso, sublime e comico, poesia e prosa.
"Sarebbe un miracolo se un critico diventasse un poeta, mentre è impossibile che un poeta non contenga in sé il germe di un critico. Non si meravigli il lettore che io consideri il poeta come il migliore di tutti i critici." Forte di questa affermazione, Baudelaire, poeta, si fa critico musicale in difesa di Wagner, il cui "Tannhäuser" aveva provocato una spaccatura nella cultura parigina e la nascita di una discussione che impegnò personaggi di grande rilievo come Gautier, Berlioz, Liszt, e che divise l'intero mondo culturale europeo in wagneriani e anti-wagneriani.