In questo libro l'autore documenta e dimostra come la lingua degli umanisti, un latino neo-classico e neo-ciceroniano, influì in maniera determinante sul loro modo di parlare e pensare riguardo alle opere d'arte. Attraverso gli scritti di Petrarca, Boccaccio, Villani, Vittorino da Feltre, Guarino da Verona, Crisolora, Facio, Filelfo, Biondo, Valla e Leon Battista Alberti assistiamo al formarsi di una specifica critica d'arte umanistica che si misura con gli artisti del proprio tempo, da Giotto e i giotteschi ai fiamminghi Jan van Eyck e Rogier van der Weyden, da Pisanello a Gentile da Fabriano (più noti e apprezzati di Masaccio) da Donatello a Ghiberti.